lunedì 27 Ottobre 2025

I gruppi americani pro Israele hanno fatto causa a Francesca Albanese

Il Centro Nazionale di Difesa Ebraica (National Jewish Advocacy Centre, NJAC), organizzazione non governativa che si occupa della difesa legale contro l’antisemitismo, ha citato in giudizio Francesca Albanese per diffamazione. Nel mirino del NJAC vi è l’ultimo rapporto della relatrice speciale ONU per la Palestina, il quale colpisce al cuore l’economia USA elencando tutte le aziende (per la maggior parte statunitensi) complici di Israele e del genocidio a Gaza.

Nel rapporto di Albanese, Dall’economia di occupazione all’economia di genocidio, sono finite aziende come Caterpillar e Lockheed Martin, ma anche IBM, HP, Microsoft, Alphabet, Amazon, AirBnb, Palantir e numerose tra le più importanti nel panorama economico statunitense – oltre ad aziende straniere come Leonardo, Maersk, Booking.com e Carrefour, solo per citarne alcune. Tutte sono accusate di giocare un ruolo centrale nel finanziamento dell’occupazione illegale della Palestina e del genocidio in corso a Gaza, entrambi portati a termine da Israele. Di fatto, il rapporto spiega nel dettaglio che il genocidio prosegue per una ragione molto semplice: è redditizio per molti.

Tra le organizzazioni citate vi è anche la Christian Friends of Israeli Communities, accusata di aver inviato milioni di dollari in Israele per progetti a sostegno delle colonie. Insieme a Christian for Israel USA, l’organizzazione ha quindi contattato la NJAC per portare Albanese in tribunale, accusandola di antisemitismo e di «diffamazione commerciale e ingerenza illecita». Albanese è anche accusata di aver rilasciato dichiarazioni nelle quali «accusava e minacciava sanzioni» come «l’inserimento in liste nere, procedimenti giudiziari e altre ritorsioni». Le informazioni contenute nel report di Albanese, che accusano «organizzazioni benefiche di crimini di guerra e altri atti efferati» sarebbero, infatti, «del tutto infondate».

Avendo colpito il sistema al suo cuore pulsante (ovvero quello economico), il rapporto di Francesca Albanese ha avuto grandi ripercussioni dopo la sua pubblicazione, incluso sulla vita della relatrice. Gli Stati Uniti – principale alleato di Israele – hanno infatti immediatamente annunciato sanzioni contro di lei, accusandola di aver «vomitato» supporto al terrorismo con la sua denuncia. Le sanzioni, di natura principalmente economica, hanno avuto un impatto enorme sulla vita della relatrice, che oltre a non potersi recare nel suo ufficio presso la sede ONU di New York nè aprire un conto in banca, con tutte le problematiche che ne conseguono – oltre che per lei, anche per i suoi famigliari.

Le persecuzioni ad personam dirette contro Francesca Albanese hanno incontrato il silenzio del governo italiano. Ad oggi, nessun membro dell’esecutivo si è pronunciato in merito a quanto sta accadendo a una sua cittadina illustre mentre svolgeva l’incarico lavorativo, scegliendo di non interferire con le politiche degli alleati statunitense e israeliano. Il tutto nonostante le voci di solidarietà in favore della relatrice si siano sollevate in tutto il mondo, da ONG come Amnesty e Human Rights Watch ad altri relatori e personalità delle Nazioni Unite.

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.

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