La class action contro Anthropic, società specializzata in intelligenza artificiale generativa, sembra avviarsi alla conclusione: le parti hanno trovato un accordo che prevede un risarcimento medio di 3.000 dollari per ciascuno dei circa 500.000 libri utilizzati senza autorizzazione per addestrare i suoi modelli. La cifra complessiva ammonta ad almeno 1,5 miliardi di dollari, ma è destinata a crescere in base al numero di richieste presentate. Un apparente successo per il copyright che, tuttavia, a ben vedere, tratteggia Anthropic come reale vincitrice.
La battaglia legale, una delle tante mosse negli ultimi anni contro aziende di IA accusate di sfruttare senza permesso opere protette da diritto d’autore, è stata avviata nell’agosto 2024 dagli scrittori Andrea Bartz, Charles Graeber e Kirk Wallace Johnson, i quali accusano Anthropic di aver “costruito un business multimiliardario rubando centinaia di migliaia di libri sotto copyright”. Il riferimento è a molteplici archivi di libri digitalizzati che Anthropic avrebbe piratato per ottimizzare la raccolta massiva dei dati di addestramento per la sua intelligenza artificiale, Claude.
Oggi, lunedì 8 settembre, il giudice distrettuale di San Francisco William Alsup esaminerà i termini dell’accordo per renderlo effettivo. Nel frattempo, lo studio legale dei ricorrenti si è mobilitato per coinvolgere altri autori e detentori di diritti, così che possano accodarsi al risarcimento. Durante il processo, il giudice ha infatti ritenuto che Anthropic abbia scaricato oltre sette milioni di libri digitalizzati da fonti illecite – circa cinque milioni da LibGen e due milioni da PiLiMi – il che amplia enormemente il bacino di potenziali vittime. L’intesa prevede inoltre che entro 30 giorni l’azienda elimini i file ottenuti illegalmente. “Questo accordo invia un messaggio forte sia alle aziende di intelligenza artificiale che ai creatori, ribadendo che attingere a siti pirata è sbagliato”, hanno dichiarato gli avvocati degli autori, celebrando l’intesa come il più grande risarcimento nella storia del diritto d’autore.
Eppure, l’impatto reale della vittoria appare ridimensionato se visto nel suo complesso. Già lo scorso giugno, in relazione a questa stessa causa, il giudice Alsup aveva stabilito un principio cruciale per l’intero settore: le aziende possono utilizzare libri per addestrare i propri modelli, fa parte del fair use purché questi siano stati acquistati legalmente. In sostanza, basta acquistarli legalmente, al che possono essere integrati all’interno dei processi di addestramento. Di fronte al rischio di vedersi condannata per aver scaricato file illeciti, Anthropic ha scelto di chiudere la partita con un risarcimento consistente.
Se si considera la cifra minima pattuita rispetto al numero stimato di libri piratati, l’azienda finirà con il pagare circa 214 dollari a volume, ben oltre il prezzo di copertina della maggior parte dei titoli in commercio. Oltre a non riconoscere legalmente alcuna malefatta, l’oneroso accordo prevede però un ulteriore vantaggio: l’azienda dovrà eliminare dai propri server gli archivi dei libri recuperati illegalmente, tuttavia non sarà obbligata a rimuovere i dati corrispondenti che sono già stati integrati in Claude, operazione che richiederebbe interventi radicali, se non addirittura l’eliminazione del modello stesso.
In definitiva, questa class action segna un punto importante per gli autori, ma non ostacola la traiettoria del settore tecnologico, il quale viene anzi legittimato a usare testi acquistati salvandosi dalle accuse di potenziale plagio. Non sorprende quindi che, la settimana scorsa, nonostante i guai legali, la valutazione di Anthropic sia cresciuta, raggiungendo i 183 miliardi di dollari.