lunedì 1 Settembre 2025

SCO 2025: attorno a Cina e Russia si riunisce il nuovo mondo multipolare

Il 25° vertice della Shanghai Cooperation Organisation (SCO), che si è aperto il 31 agosto a Tianjin, si presenta come un crogiuolo geopolitico in cui relazioni, simboli e investimenti convergono per disegnare i contorni di quel “nuovo ordine mondiale” che da anni affiora oltre le rigide linee del consueto equilibrio Occidente‑Oriente. Mai prima d’ora l’organizzazione eurasiatica aveva convocato così tanti leader – compresi Xi Jinping, Vladimir Putin e Narendra Modi – in una sorta di piano inclinato verso la multipolarità e il superamento dell’egemonia occidentale. Il presidente cinese si è fatto autore di una performance calibrata: un discorso che osteggia la “mentalità da guerra fredda”, il “bullismo geopolitico” e il dominio unilaterale, offrendo al contempo ai suoi interlocutori – da Russia e India alle nuove leve del Sud Globale – una solida iniezione di prestiti, aiuti e la promessa di una banca di sviluppo SCO, con l’impegno a erogare prestiti per un totale di 1,4 miliardi di dollari nei prossimi tre anni ai Paesi membri. 

«Abbiamo una missione importante: costruire un consenso tra tutte le parti», ha spiegato Xi Jinping domenica, invitando i partner dell’organizzazione a sostenere i sistemi commerciali multilaterali, con un riferimento non troppo velato alla politica dei dazi avviata da Trump. La SCO ambisce a diventare un nuovo snodo di governance multilaterale, uno strumento per la Cina per bilanciare l’ordine mondiale a trazione statunitense: un’ambizione che Putin ha sostenuto apertamente, parlando di «multilateralismo vero»e di un «nuovo sistema di stabilità e sicurezza in Eurasia». Dall’altro, l’atmosfera relazionale intessuta tra Xi, Modi e Putin non è stata solo un’allegoria: la complicità visiva, accompagnata dalla celebre immagine dell’“elefante e del drago” al centro del palco, evocava quella convergenza strategica che, pur sospesa tra obiettivi divergenti, cerca una traiettoria condivisa. Ma è nelle parole di Putin, nell’intervista rilasciata a Xinhua alla vigilia del summit, che si rivela la sua cornice ideale della contesa globale: il presidente russo è tornato a difendere l’Operazione Speciale, definendola una «conseguenza di un colpo di Stato» a Kiev, «provocato e sostenuto dall’Occidente» nel 2014 e ha condannato il costante tentativo «di attirare l’Ucraina nella NATO». Il presidente russo ha anche biasimato la «distorsione della verità storica» sulla Seconda guerra mondiale, la falsificazione dei fatti e la glorificazione dei nazisti. 

Dietro la sagoma proiettata dal triangolo strategico SCO, si nasconde un’altra dinamica: la rottura tra Narendra Modi e Donald Trump, e l’effetto propulsore che questa separazione ha avuto sul riavvicinamento con Pechino, dopo anni contraddistinti da forti tensioni. Le tariffe punitive decise da Washington – prima un 25% “reciproco”, poi un supplemento fino al 50% come punizione per l’import di petrolio russo – hanno rappresentato la mossa decisiva che ha frantumato anni di fiducia diplomatica tra India e Stati Uniti. La risposta cinese non si è fatta attendere: agli occhi di Nuova Delhi, Pechino si è presentata come un interlocutore stabile, capace di offrire rinnovato spazio di manovra e cooperazione economica – anche sulle materie prime strategiche, come i metalli rari. Simbolicamente, il vertice è anche la scena di una potente dimostrazione hard‑power: a Pechino si terrà la grande parata militare del 3 settembre, in occasione dell’80esimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale nel Pacifico, un incontro senza precedenti di cui il governo cinese approfitterà per mostrare i muscoli, insieme a Russia e Corea del Nord. Un’occasione anche per Kim Jong-un per tornare alla ribalta dopo un periodo di isolamento, con il suo ultimo viaggio all’estero in Russia nel settembre 2023. 

Questa architettura simbolica e militare si innesta su fondamenti pratici: la SCO – nata nel 2001 con sei Paesi membri e oggi estesa a dieci (con l’aggiunta di India, Iran, Pakistan e Bielorussia) – è diventata il più esteso blocco regionale al mondo, in termini di territorio, popolazione e crescita economica. Oltre ai membri effettivi, la SCO comprende anche osservatori (tra cui Afghanistan e Mongolia) e diversi partner di dialogo (ad esempio Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Cambogia, ecc.), che ne ampliano la portata geopolitica. In definitiva, Tianjin affronta l’Occidente con una sfida dichiarata: rilanciare la globalizzazione alternativa, cimentandosi in un “gioco multipolare”. 

Il vertice di Tianjin, al netto delle sue contraddizioni, dimostra che la geografia del potere globale non è più cristallizzata come nel passato: le strategie si fanno anche nei pentagrammi ambigui della diplomazia economica, nella commistione di simboli e contratti, nella narrazione concertata che plasma le coscienze oltre le frontiere. La SCO non appare soltanto come un forum di cooperazione regionale, ma come un laboratorio politico ed economico, che si intreccia con la traiettoria già intrapresa dai BRICS. Se a Johannesburg, nel 2023, l’allargamento del gruppo aveva sancito l’ambizione di creare un polo alternativo al G7, oggi a Tianjin quella prospettiva si è arricchita di nuovi strumenti: una banca di sviluppo, pacchetti di aiuti mirati, una piattaforma diplomatica capace di attrarre attori del Sud Globale. Ciò che emerge è l’idea che SCO e BRICS possano divenire architravi complementari di un’architettura multipolare destinata a ridefinire gli standard della cooperazione internazionale, non soltanto sul terreno della sicurezza, ma anche in campo tecnologico, energetico e finanziario. Non più satelliti o semplici antagonisti dell’Occidente, bensì soggetti che rivendicano un posto al tavolo delle decisioni globali. La sfida sarà mantenere la coesione interna, trasformando rivalità storiche in cooperazione pragmatica. Se questo processo riuscirà, la convergenza tra SCO e BRICS potrà costituire la base per un nuovo equilibrio planetario, in cui l’Asia e il Sud Globale non chiedono più il permesso di entrare nella storia, ma la scrivono da protagonisti.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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