giovedì 28 Agosto 2025

Uno studio attesta i vaccini mRNA come i farmaci più associati a infiammazioni cardiache

Esistono dieci farmaci più frequentemente associati a miocarditi e pericarditi a livello globale, e i vaccini a mRNA contro il Covid-19 occupano il primo posto nella classifica: è quanto emerge da un nuovo studio ritenuto unico nel suo genere, condotto da un team internazionale guidato dai ricercatori della Kyung Hee University, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato su Scientific Reports del gruppo Nature. Utilizzando le informazioni del database globale di farmacovigilanza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e i dati riferiti alle segnalazioni di eventi avversi provenienti da più di 140 paesi, gli autori hanno stabilito che i vaccini a mRNA contro il Covid-19 risultano collegati ad infiammazioni cardiache nel 76,16% dei casi di miocardite e nell’88,15% dei casi di pericardite, seguiti da clozapina e da altri farmaci immunoterapici o antivirali. «Impossibile non notare come in questo momento gran parte della comunità scientifica sembri preferire ignorare quello che è successo e tutti i segnali d’allarme che sono presenti da tantissimo tempo», commenta a L’Indipendente Giovanni Frajese, endocrinologo e professore presso l’Università del Foro Italico di Roma.

La miocardite e la pericardite sono due infiammazioni che colpiscono rispettivamente il muscolo cardiaco e la membrana che avvolge il cuore. Possono insorgere per cause infettive, autoimmuni o tossiche, spiegano i ricercatori, ma anche come reazioni avverse a determinati farmaci o vaccini. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, l’attenzione si è concentrata sui possibili legami con i vaccini a mRNA, soprattutto dopo il loro inserimento all’interno dei bugiardini di tali farmaci. Per questo, continuano, la farmacovigilanza – cioè il sistema di raccolta e analisi delle segnalazioni di effetti collaterali – rappresenterebbe lo strumento principale per individuare segnali di rischio. Per quanto riguarda i metodi, invece, sono stati usati due indicatori statistici utili a valutare se un determinato farmaco ricorra più spesso del previsto nelle segnalazioni di un certo evento avverso, i quali hanno permesso di isolare i dieci farmaci più frequentemente utilizzati e segnalati.

Il grafico a torta comprendente i principali farmaci associati a miocardite (A) e pericardite (B). Credit: Myung Yang e Dong Keon Yon, Scientific Reports

Analizzando oltre 35.000 segnalazioni di miocardite e quasi 25.000 di pericardite, è stata osservata una prevalenza maggiore nei maschi e nei giovani adulti, con tempo medio di insorgenza molto breve – mediana di un giorno dall’assunzione – e una elevata tendenza alla guarigione, visto che come riportano gli autori il tasso di mortalità riscontrato è stato generalmente inferiore del 10%. Tra le segnalazioni con esiti fatali, inoltre, tre anticorpi monoclonali – pembrolizumab, ipilimumab e nivolumab – hanno mostrato quasi il 20% dei decessi nelle segnalazioni di miocardite. Particolare attenzione, invece, è stata dedicata ai vaccini a mRNA contro il Covid-19: sono il farmaco che più spesso è stato associato ad entrambe le infiammazioni cardiache dal 1968 al 2024, e il tutto con un Reporting Odds Ratio (ROR) – l’indicatore statistico che, se maggiore di 1, indica che un evento avverso viene riportato in associazione ad un farmaco più spesso del previsto – di 38,30 per la miocardite e 55,95 per la pericardite, nonostante valori decisamente più alti siano stati registrati per il vaccino contro il vaiolo.

Si tratta di risultati che «sottolineano l’importanza della vigilanza clinica e della valutazione dei fattori individuali di rischio», spiegano gli autori, aggiungendo al contempo che lo studio fornisce correlazione – e non causalità – con qualche limite: «In alcuni casi, gli eventi segnalati potrebbero essere attribuibili ad una infezione concomitante o recente piuttosto che principalmente al farmaco». Inoltre, continuano, il database si basa su segnalazioni spontanee, il che significa che potrebbero esistere incongruenze nelle definizioni dei casi e che quindi il numero di effetti avversi potrebbe essere sovrastimato, anche se d’altra parte è possibile che sia stata anche una sottostima dovuta a tutti quei casi dove il danno c’è stato ma non è stato segnalato. «La farmacovigilanza attiva avrebbe identificato tutti i segnali velocemente. Basta considerare che secondo alcune ricerche persino le segnalazioni su Eudravigilance – il database dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA) – sono significativamente sottostimate», commenta invece Frajese. Chiaramente, vi è anche il limite dovuto ai dati osservazionali che variano di Paese in Paese, così come secondo gli autori sono anche variati «consapevolezza pubblica, attenzione dei media e sospetto clinico», tutt’altro che irrilevanti nella costruzione del dataset. In conclusione, quindi, un altro caso di studio scientifico che rileva dati tutt’altro che indifferenti ma con correlazione e non causalità, un fattore su cui Frajese ha le idee chiare: «Nessuno studia il nesso di causalità perché non ci sono i fondi e si rischiano tagli ai finanziamenti, visto che si tratta di un argomento ancora tabù. Per indagare bisogna avere la capacità e soprattutto la volontà di farlo senza preconcetti».

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Roberto Demaio

Laureato alla facoltà di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Giornalista e Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

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1 commento

  1. “ i vaccini a mRNA contro il Covid-19 risultano collegati ad infiammazioni cardiache nel 76,16% dei casi di miocardite e nell’88,15% dei casi di pericardite”
    Scritto così può sembrare che siano collegati a tre quarti di TUTTE le miocarditi e l’88% di tutte le pericarditi, mentre invece , se ho compreso bene, si tratta dei soli casi correlati a farmaci.

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