TERZIGNO (NA) — Paura e rabbia prevalgono tra i sentimenti degli abitanti, che per giorni hanno visto bruciare parte del proprio polmone verde, la Pineta del Parco Nazionale del Vesuvio. Siamo ai piedi del Monte Somma, che da queste parti viene semplicemente chiamato “‘a muntagna”, luogo geografico sì ma anche custode di tradizioni e cultura. Qui il ricordo dell’incendio del 2017 — quando bruciarono circa 1600 ettari di territorio, l’equivalente di 1100 campi da calcio — è ancora vivo. Come allora, le fiamme hanno colpito più Comuni. Questa volta l’incendio non ha minacciato i centri abitati, ma si stimano almeno 560 ettari di territorio andati in fumo, con un intero ecosistema compromesso. In attesa di calcolare con esattezza i danni dell’incendio, la Procura di Nola prima e quella di Torre Annunziata poi hanno aperto due inchieste per fare chiarezza sull’accaduto. Le indagini seguono la pista dell’azione dolosa e non escludono il coinvolgimento della criminalità organizzata.
«È stata una cosa devastante», mi dice uno dei residenti parlando dell’incendio appena domato. Il pensiero va poi al «viavai di mezzi e uomini» che si è concentrato negli ultimi giorni alle pendici del Monte Somma, parte integrante del complesso vulcanico Somma-Vesuvio. A una settimana dallo scoppio dell’incendio avvenuto nella Pineta di Terzigno e propagatosi ai Comuni limitrofi, i focolai risultano spenti e i primi interventi di bonifica avviati. Al lavoro di Vigili del Fuoco, Protezione Civile e forze dell’ordine si è aggiunto quello di una pioggia improvvisa, che ha spazzato via la cappa calata sui paesi vesuviani a partire dall’8 agosto. Sul dispiegamento di forze — parliamo di oltre 350 persone, parte dei quali volontari, provenienti da tutta Italia — e mezzi, come canadair ed elicotteri, indagherà la magistratura, valutandone i tempi e le strategie di reazione. Sarà da vedere se le accuse dei cittadini, relative a ritardi e omissioni di fronte ai primi roghi, troveranno conferma o cadranno nel vuoto. Nel mirino dei pubblici ministeri anche la manutenzione di pinete e sentieri, un’azione fondamentale per arginare la propagazione degli incendi.
I magistrati di Nola e di Torre Annunziata avranno poi il compito di accertare la natura dell’incendio. Si insegue la pista dolosa, prendendo in considerazione sia l’azione di piromani sia di chi ha interesse a distruggere il territorio. «I movimenti per la giustizia ambientale in Campania — scrive la sezione napoletana di Ecologia politica — hanno storicamente sostenuto che i roghi siano collegati tra criminalità organizzata, imprenditoria e malapolitica». Una denuncia che poggia le basi sulla trasformazione, negli anni, di diverse aree del Parco Nazionale del Vesuvio in discariche a cielo aperto, dove spiccano tessuti e plastiche, nell’indifferenza delle istituzioni. «Bruciano il bosco per liberare spazi col fine di sversare ulteriori rifiuti. In secondo luogo danno fuoco anche a questi ultimi per disfarsene velocemente». C’è poi il business della riforestazione, che assegna a ditte private centinaia di migliaia di soldi pubblici.
Ad andare in fumo non è stato solo un luogo fisico ma uno spazio di aggregazione, di ritrovo sociale. «La Pineta è uno dei punti di incontro più frequentati, soprattutto in estate», mi racconta una ragazza che abita a Terzigno e che dalla sua casa ha visto bruciare un simbolo del paese: «quando mia mamma ha visto le fiamme è scoppiata in lacrime, perché stava perdendo una parte della sua quotidianità». “‘A muntagna” è custode di tradizioni e cultura, è un polmone verde che permette agli abitanti di passeggiare nella natura, in uno dei tanti sentieri del Parco, o di respirare aria pulita. Ci sono poi decine di aziende agricole che proteggono e tramandano prodotti unici, come il pomodorino del Piennolo o l’albicocca Pellecchiella. Si comprendono facilmente la rabbia e la frustrazione dei cittadini guardando le parti del Monte Somma andate in fumo. Il grigio domina lì dove fino a pochi giorni prima il verde custodiva vita e biodiversità, in ripresa dopo il devastante incendio del 2017. Le fiamme si sono ripresentate con forza, nonostante il ricordo delle promesse e dei “mai più” fosse ancora vivo. Adesso i residenti chiedono innanzitutto la bonifica del territorio, che non può dirsi sufficiente senza controlli seri e attività di tutela. La speranza converge poi verso l’accertamento delle responsabilità, per un esito diverso dalla bolla di sapone con cui si è concluso il filone investigativo dell’incendio del 2017.
Salvatore Toscano
Laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, per L’Indipendente si occupa di politica, diritti e movimenti. Si dedica al giornalismo dopo aver compreso l’importanza della penna come strumento di denuncia sociale. Ha vinto il concorso giovanile Marudo X: i buoni perché della politica.
Se con i soldi per gli armamenti compriamo arei e elicotteri per spegnere incendi, non sarebbe una cosa intelligente?