sabato 2 Agosto 2025

Da inizio legislatura il governo Meloni ha approvato nuovi programmi militari per 42 miliardi

Da quando è salito al potere, il governo Meloni ha approvato nuovi programmi militari per una spesa complessiva di 42 miliardi di euro e impegni finanziari pluriennali per 15 miliardi. A dirlo è l’ultimo rapporto dell’osservatorio Milex, che fornisce una tabella riassuntiva contenente tutti i progetti approvati da inizio legislatura in ordine cronologico. I progetti risultano programmi di acquisizione di nuovi sistemi d’arma terrestri, aerei, marittimi e per le forze speciali. I principali fornitori italiani sono Leonardo, Fincantieri, MBDA Italia, Rwm, Iveco e Tekne; tra quelli stranieri, invece, risultano in crescita quelli israeliani, specialmente, Rafael (con oltre 360 milioni impegnati), Elta Systems (per altre centinaia di milioni), ed Elbit (44 milioni impegnati). In totale, l’impegno finanziario pluriennale assunto dall’Italia nei confronti di Israele è pari ad almeno mezzo miliardo.

I programmi coinvolgono diverse forze armate, tra cui l’Esercito, la Marina, l’Aeronautica, i Carabinieri e le forze interforze. Nello specifico, le acquisizioni riguardano una vasta gamma di sistemi, tra cui carri armati, obici semoventi, blindati, droni-bomba, navi da guerra, sottomarini, missili, aerei da combattimento e per la guerra elettronica, armi per le forze speciali e tecnologie avanzate come radar, satelliti e sistemi di comunicazione. Inoltre, si prevedono investimenti per la costruzione di infrastrutture militari, come caserme, poligoni e basi. I fornitori di questi programmi sono sia nazionali che internazionali. Le principali aziende italiane inserite nella lista – Leonardo, Fincantieri, Iveco e Rwm – si occupano rispettivamente di mezzi aerei, navali, terrestri e munizioni. A livello europeo, l’Eurofighter Typhoon è prodotto da un consorzio che include Leonardo e altre aziende internazionali, mentre Mbda Italia è coinvolta nella produzione di missili e bombe. I fornitori esteri includono anche giganti statunitensi come Lockheed Martin, Boeing e Raytheon, e compagnie tedesche e francesi, tra le altre.

Particolare attenzione è data alle aziende israeliane, con un incremento significativo delle forniture, come i missili anticarro Spike e i droni-bomba Spike Firefly, per un valore complessivo che si stima possa raggiungere tra i 600 e i 700 milioni di euro. Le forniture israeliane si allineano con l’aumento delle autorizzazioni all’importazione di materiale bellico in Italia, che ha visto un notevole incremento nell’ultimo anno. In aggiunta ai programmi di armamenti, il governo italiano ha dato il via a nuove fasi di programmi già in corso, come quello dei satelliti militari Sicral 3. Il programma Sicral, avviato nel 2020, è stato recentemente rivisto, con un aumento dei costi da 590 milioni a 767 milioni di euro, a causa della necessaria revisione dei requisiti di sicurezza e dei costi aggiuntivi per protezione cyber e lancio dei satelliti.

A ogni modo, si tratta solo di una piccola parte di quanto occorrerà al nostro Paese per raggiungere il 5% del PIL in Difesa (3,5% in armamenti) entro il 2035, obiettivo confermato dalla premier Meloni nel suo discorso al Parlamento dello scorso 23 giugno. In tale sede, Meloni ha rivendicato il raggiungimento da parte del suo governo del 2% del PIL in spese per la difesa richiesto dalla NATO nel 2014, assicurando un completo allineamento anche sui nuovi impegni: «Attualmente la proposta presentata prende atto della valutazione aggiornata che la NATO fa delle minacce e dei rischi per l’Europa, dei conseguenti piani di Difesa, della possibile riduzione del contributo in termini di forze e capacità da parte degli Stati Uniti», ha detto Meloni. La premier ha parlato di impegni «necessari», che «finché questo governo sarà in carica l’Italia rispetterà restando un membro di prim’ordine della NATO». Un balzo di spesa per difesa e sicurezza che, ovviamente, non potrà che impattare in maniera enorme sulla spesa sociale.

Nel frattempo, nella notte di martedì 29 luglio, il governo italiano ha avanzato una richiesta per accedere al fondo europeo SAFE per la difesa – una delle iniziative previste dal piano di riarmo lanciato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen – con l’obiettivo di ricevere finanziamenti nel settore bellico. La richiesta contempla l’accesso a 14 miliardi di euro in cinque anni, con rimborsi da spalmare in 45 anni. Il fondo prevede la raccolta di una somma fino a 150 miliardi di euro sui mercati, da erogare sotto forma di prestiti diretti agli Stati che ne fanno richiesta, includendo l’avvio di procedure d’appalto comuni e semplificate. Hanno aderito al fondo altri 17 Paesi dell’UE, 12 dei quali hanno chiesto anche una deroga al Patto di Stabilità per aumentare i propri investimenti nell’industria delle armi al di fuori dei vincoli di debito da esso previsti.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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