giovedì 31 Luglio 2025

Nel silenzio generale Israele concretizza i piani per la “Riviera di Gaza”

Nel silenzio generale dei media internazionali, la scorsa settimana si è tenuta una conferenza nel Parlamento israeliano concernente i piani per trasformare la Striscia di Gaza in una città turistica, una volta liberata dalla presenza di chi nell’enclave ci abita da sempre: i palestinesi. Alla conferenza, dal titolo “La riviera di Gaza: dalla visione alla realtà”, hanno partecipato diversi politici israeliani – tra cui alcuni ministri del governo Netanyahu – e i coloni israeliani, da sempre propensi a rimpossessarsi della Striscia, abbandonata da Israele nel 2005. La conferenza si è tenuta proprio in occasione del ventesimo anniversario del ritiro israeliano dall’enclave palestinese. La rappresentante del movimento dei coloni Nachala, Daniella Weiss, ha dichiarato che «Il capitolo arabo di Gaza è chiuso» e che «A Gaza non ci sarà mai un governo arabo, internazionale o americano». Da parte sua, il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich ha affermato che Israele ha ricevuto «il via libera dal presidente degli Stati Uniti per trasformare Gaza in una striscia prospera, una località turistica con posti di lavoro», aggiungendo che «Occuperemo Gaza e la renderemo una parte inseparabile di Israele». Per ora non ci sono stati commenti da parte degli Stati Uniti su queste dichiarazioni.

Il piano discusso nella conferenza alla Knesset riecheggia la proposta di Trump di evacuare la striscia dai suoi abitanti per costruire un grande resort turistico di lusso, una Dubai affacciata sul Mediterraneo orientale. Non controllata però dagli Stati Uniti, bensì da Israele: secondo Smotrich si tratta di una «grande opportunità» che alcuni chiamano «annessione per motivi di sicurezza». Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, minacciare l’annessione di Gaza sarebbe un modo per fare pressione sul movimento palestinese Hamas facendolo così tornare ai negoziati. Tuttavia, durante la conferenza, non solo i discorsi che incitavano alla presa di Gaza sono stati accolti con applausi e ovazioni, ma è stato anche presentato un piano dettagliato per l’insediamento ebraico nell’enclave palestinese. «Siamo qui per presentare una visione chiara di come Gaza diventerà un luogo fiorente», ha affermato Lital Slonim, membro di Nachala insieme a Daniella Weiss. Nachala è uno dei movimenti di coloni più noti in Israele e costruisce da decenni insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. All’inizio di quest’anno la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, iniziata nel 1967, è illegale e deve cessare il prima possibile. Nonostante ciò, il movimento e lo stesso Stato di Israele non sembrano intenzionati a rispettare il diritto internazionale, ma al contrario, hanno esteso le loro mire anche su Gaza.

Nel dettaglio, il piano redatto da Nachala prevede – come riporta il media Middle East Eye – la costruzione di circa 300.000 unità abitative, la maggior parte delle quali dovrebbe trovarsi nelle due principali aree residenziali nella parte settentrionale e meridionale della striscia. Il territorio potrebbe ospitare circa un milione e 200 mila ebrei e dovrebbe essere dotato di spazi verdi, trasporti, zone industriali, hotel, un’università e persino un porto. Secondo il piano «Il diritto del popolo israeliano alla Striscia di Gaza è lo stesso di quello a Gerusalemme, Hebron e Tel Aviv». Nel capitolo intitolato «Migrazione civile come conseguenza delle guerre – Attuazione nella regione di Gaza», si afferma che «alla popolazione di Gaza è stata revocata la legittimità di continuare a vivere in quest’area». Di conseguenza, «l’allontanamento della popolazione civile, per scelta e/o nell’ambito di un accordo, è una fase necessaria per l’evacuazione del campo di battaglia e la sua trasformazione in uno spazio di vita ebraica, agricoltura, industria, turismo e insediamento».

Non è la prima volta che in Israele si tengono riunioni di questo tipo né è la prima volta che il governo e la società civile israeliana mostrano apertamente la loro volontà di occupare Gaza: già nel gennaio 2024 si era svolta una conferenza organizzata dai coloni e dalla destra israeliana con il medesimo scopo di ricostruire gli insediamenti ebraici nella striscia e espellere i palestinesi dai loro territori. Riguardo al destino dei palestinesi, inoltre, era stato pubblicato già nel novembre del 2023 un “piano finale” dettagliato e pensato nei minimi particolari per risolvere definitivamente il problema della presenza palestinese a Gaza, attraverso una vera e propria pulizia etnica. Il rapporto, ora non più accessibile al pubblico, era stato redatto da uno dei più influenti think tank israeliani con un titolo inequivocabile: “Un piano per il reinsediamento e la riabilitazione definitiva in Egitto dell’intera popolazione di Gaza”.

La conferenza svoltasi la scorsa settimana alla Knesset, dunque, conferma le ambizioni di Israele e dei coloni. Ambizioni di cui il silenzio internazionale della stampa e della politica si rende complice: pochi media, infatti, hanno messo in risalto l’evento, così come pochi capi politici l’hanno condannato. Tra i governi che hanno criticato il piano ci sono Spagna, Francia e Cina, mentre molti non si sono espressi a riguardo. Intanto, continua la mattanza a Gaza, dove la fame sta diventando quasi più letale delle bombe e il cibo viene lanciato con i paracadute a causa delle condizioni disperate della popolazione e della difficoltà a fare entrare gli aiuti e i beni di prima necessità. Dall’ottobre 2023, Israele ha ucciso più di 59.100 palestinesi, la maggior parte dei quali donne e bambini, e la maggior parte degli edifici, delle infrastrutture e degli ospedali è ridotto in macerie. È su questa desolazione che dovrebbe sorgere la “Riviera di Gaza”.

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Giorgia Audiello

Laureata in Economia e gestione dei beni culturali presso l'Università Cattolica di Milano. Si occupa principalmente di geopolitica ed economia con particolare attenzione alle dinamiche internazionali e alle relazioni di potere globali.

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