lunedì 28 Luglio 2025

Allarme PFAS nella Pedemontana veneta: rischio ambientale imminente

La Pedemontana veneta, una delle arterie viarie più importanti per l’economia del Veneto, è al centro di un grave allarme ambientale. Le agenzie ambientali Ispra e Arpav hanno infatti rilevato la presenza di sostanze perfluoroalchiliche PFAS nelle acque di scolo delle sue gallerie. La contaminazione, attribuibile all’uso di un accelerante di presa contenente PFBA, starebbe dunque minacciando l’ecosistema e le fonti idriche potabili di Vicenza e Padova. Il Ministero dell’Ambiente ha ricevuto una relazione tecnica di oltre 70 pagine, mentre la Regione Veneto ha attivato i controlli e segnalato il caso alla Procura. Il caso risulta ancora più emblematico dal momento che, proprio in Veneto, nel 2013 è stata scoperta la più grande contaminazione di una falda acquifera, che ha coinvolto oltre 350 mila cittadini in diverse province e portato al processo contro i dirigenti della ex Miteni, sfociato in numerose condanne in primo grado per danno ambientale.

Nello specifico, la questione è emersa in seguito a un esposto del Comitato Veneto Pedemontana Alternativa (Covepa), che un anno e mezzo fa ha sollecitato il Ministero dell’Ambiente a indagare sugli scarichi di acque di drenaggio provenienti dalle gallerie della superstrada. Dopo mesi di approfondimenti, il ministero ha chiesto un’indagine tecnico-scientifica. La relazione ha rivelato la presenza di PFBA (acido perfluoro-butanoico), un composto della famiglia dei PFAS, che ha contaminato le acque di falda. Il composto è stato utilizzato in fase di costruzione per accelerare la presa del calcestruzzo nelle gallerie di Malo e Sant’Urbano, e la sua demolizione, interrata nel terreno, avrebbe favorito la diffusione nel sottosuolo. «Le acque di drenaggio in uscita dalle gallerie di Malo e di Sant’Urbano rappresentano delle fonti, tuttora attive, di inquinamento da PFBA delle acque superficiali e sotterranee e, inoltre, il PFBA è individuabile come fattore di potenziale danno ambientale alle acque superficiali, in quanto suscettibile di incidere sullo stato ecologico delle stesse, nonché sullo stato di qualità delle acque sotterranee destinate ad uso potabile», ha scritto Ispra. L’istituto non ha rilevato ad ora un «danno o minaccia imminente di danno ambientale», ma una potenziale «minaccia imminente».

In risposta alla situazione, il gruppo del Pd in Consiglio regionale ha presentato una mozione urgente, con le parole della capogruppo Vanessa Camani che rimarcano i pericoli per la salute dei cittadini: «La Pedemontana rischia di avere anche un impatto sulla salute dei cittadini, in particolare del Vicentino e del Padovano». La Regione Veneto, pur ammettendo la gravità della situazione, ha fatto sapere che gli impianti di trattamento sono costantemente monitorati e che dal 2021 sono stati introdotti filtri a carboni attivi per ridurre la contaminazione. Tuttavia, le preoccupazioni persistono. Andrea Zanoni, consigliere regionale di Europa Verde, ha sollevato il problema già nel gennaio 2024, chiedendo interventi di bonifica e una risposta chiara sul coinvolgimento di Sis, il concessionario della superstrada. Lo stesso ha lamentato la mancanza di una risposta ufficiale. In un’intervista, Claudio Dogliani, amministratore delegato di Sis, ha difeso la sua azienda e negato che la contaminazione fosse causata dai materiali utilizzati per la costruzione della galleria, sostenendo che non ci siano prove che colleghino l’accelerante di presa al PFBA.

L’allarme sollevato è ancora più inquietante se si considera quanto accaduto in Veneto negli ultimi anni in relazione alla questione PFAS. La vicenda giudiziaria legata all’inquinamento da PFAS nella Regione è iniziata nel 2013 con la scoperta della contaminazione di una vasta falda acquifera che ha coinvolto circa 350mila cittadini nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Tra il 2015 e il 2016, rilevazioni a campione spinte da associazioni ambientaliste hanno evidenziato livelli elevati di PFAS nel sangue dei residenti, portando nel 2018 alla dichiarazione dello stato di emergenza e all’istituzione di una zona rossa in 30 comuni, con divieto di utilizzo dell’acqua potabile. Uno studio dell’Università di Padova, pubblicato su Environmental Health, ha rilevato in quest’area un aumento di mortalità per malattie cardiovascolari e neoplastiche tra il 1985 e il 2018. A fine giugno si è chiuso in primo grado il processo contro gli ex dirigenti della Miteni di Trissino (Vicenza) per il disastro provocato dai PFAS, che ha visto la condanna di 11 imputati fino a 17 anni di carcere. Le pene inflitte hanno superato di vent’anni le richieste dell’accusa, arrivando complessivamente a 141 anni di carcere contro i 121 chiesti dalla Procura.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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