giovedì 24 Luglio 2025

Israele rilancia in sordina il suo piano di colonizzazione di massa della Cisgiordania

In una mossa passata in sordina sui quotidiani internazionali, le autorità israeliane hanno deciso di rilanciare il piano di insediamento E1, che prevede la costruzione di oltre 3.000 unità abitative tra Gerusalemme Est e Maale Adumim che spaccherebbero a metà la Cisgiordania. La notizia è stata data da Ir Amim e PeaceNow, due ONG israeliane che si oppongono alla colonizzazione delle terre palestinesi, a cui è stata notificata la riapertura del fascicolo. Il piano di insediamento E1 è stato pensato negli anni ’90 ma, vista la sua portata, è stato fermato svariate volte a causa della pressione internazionale. Quest’anno i ministri più estremisti del governo Netanyahu avevano suggerito l’ipotesi di riaprire il piano di costruzione, e l’esecutivo ha approvato la costruzione di una strada di importanza centrale per il progetto. Le discussioni ufficiali dovrebbero iniziare a breve, e il 6 agosto è prevista un’udienza con le associazioni israeliane che si oppongono alla realizzazione del progetto.

A notificare Ir Amim e Peace Now della riapertura del progetto E1 è stato il Consiglio Supremo dell’Amministrazione Civile israeliana, che ha comunicato alle ONG la data della prossima udienza. L’audizione delle obiezioni si svolgerà davanti a una sottocommissione del Consiglio Superiore per la Pianificazione, un corpo dell’amministrazione civile che si occupa della pianificazione e dello sviluppo delle colonie in Cisgiordania. L’udienza, spiega Peace Now, è un passaggio necessario per l’avanzamento del piano, e dopo di essa la sottocommissione esprimerà il proprio giudizio su una eventuale adozione del piano. Alle raccomandazioni della sottocommissione, seguirebbe una discussione del Consiglio Superiore di Pianificazione per l’approvazione e la convalida del progetto. L’annuncio delle due ONG è stato ignorato dalla maggior parte della stampa internazionale, ma è stato ripreso da alcuni ministeri degli Esteri europei, tra cui il ministero francese, quello tedesco e quello britannico, che hanno condannato l’idea; analoga condanna è arrivata da una recente lettera di 25 Paesi del cosiddetto “blocco Occidentale” contro i massacri israeliani. Anche l’ONU ha parlato del piano.

Il piano di insediamento E1 (sigla che sta per East 1) prevede la costruzione di 3.412 abitazioni all’interno di un’area di 12mila dunam (corrispondenti a 12 chilometri quadrati) a nord e a ovest della strada che collega Gerusalemme a Maale Adumim (a 6km da Gerusalemme), una delle colonie più estese e popolate della Cisgiordania. Il progetto prevede l’edificazione di tre quartieri residenziali e aree destinate a commercio, industria e alberghi. L’area designata collegherebbe giuridicamente e urbanisticamente la parte orientale di Gerusalemme a Maale Adumim, isolando i quartieri palestinesi di Gerusalemme Est dalle aree della Cisgiordania non occupate, e separando di fatto Betlemme, la stessa Gerusalemme Est e Ramallah. La zona interessata è abitata da 18 comunità beduine che rischierebbero di venire sfollate. Finora sono stati pianificati due quartieri residenziali, dove Israele costruirebbe le oltre 3.000 abitazioni in programma; il terzo quartiere residenziale, che collegherebbe gli altri insediamenti a Gerusalemme, e la zona commerciale-industriale sono congelati per motivi urbanistici.

Il piano di insediamento E1 fu formalizzato nel 1994 come ampliamento della municipalità di Maale Adumim, amministrativamente riconosciuta come città a partire dal 1991. La pianificazione proseguì a singhiozzi per oltre vent’anni: nonostante la costruzione di qualche infrastruttura minore e la sporadica elaborazione di piani di realizzazione, il progetto rimase sostanzialmente congelato fino al 2012 a causa della forte opposizione internazionale. A dicembre di quell’anno, il governo Netanyahu diede istruzioni per la pubblicazione ufficiale dei due quartieri residenziali per la revisione pubblica, ma le proteste portarono a un nuovo arresto delle procedure. Alla vigilia delle elezioni del 2020, lo stesso Netanyahu riavviò formalmente il processo pubblicando i piani per la fase di consultazione. Nell’ottobre del 2021, sotto il governo Bennett‑Lapid, si tennero due audizioni pubbliche, ma la terza udienza, prevista a gennaio 2022, fu rinviata su pressione statunitense. Nel 2023, il sesto governo Netanyahu (che seguì all’esecutivo Bennett-Lapid) rilanciò nuovamente il piano tentando di convocare la terza audizione. Le udienze furono nuovamente rinviate, ma dopo l’escalation del 7 ottobre il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich rilanciò con forza il progetto.

A partire da quest’anno, sono stati fatti notevoli passi avanti nella agevolazione del piano E1. A fine marzo, il gabinetto di sicurezza ha approvato la costruzione di quella che i giornali israeliani definiscono “Strada della Sovranità”, infrastruttura che dividerebbe verticalmente la stessa area della Cisgiordania interessata dal piano E1; con la Strada della Sovranità, Israele intende istituire un sistema stradale separato per israeliani e palestinesi deviando il traffico palestinese. A maggio, invece, Smotrich, ha chiesto la convocazione del Consiglio di pianificazione della Giudea e Samaria (il nome israeliano per la Cisgiordania) per approvare la costruzione nella zona E1.

Nel frattempo, Israele continua la propria campagna di colonizzazione della Cisgiordania. Solo nella giornata di oggi, le autorità israeliane hanno rilasciato 20 ordini di arresto nei confronti di cittadini palestinesi. A Sur Baher, vicino a Gerusalemme Est, Israele ha portato avanti le operazioni di demolizione delle abitazioni. I bulldozer sono arrivati anche a Beit Ula, a ovest di Hebron, dove i coloni spalleggiati dalle IDF hanno demolito un campo di proprietà dei residenti palestinesi. A Betlemme, l’esercito ha distrutto due edifici. A Qabatiya, città a sud di Jenin un ragazzo è stato ucciso per le ferite riportate da un colpo di arma da fuoco inflittegli dai soldati israeliani; a Nablus, invece, sono stati feriti altri due ragazzi. Le violenze sono continuate anche a Gerico e nella Valle del Giordano, dove i coloni hanno attaccato e costretto alla fuga due famiglie e il loro bestiame e le IDF hanno attaccato gli appartenenti a una comunità beduina. Dal 7 ottobre 2023, in Cisgiordania, Israele ha ucciso circa 1.000 palestinesi, ferendone altri 7.000, mentre oltre 17.000 sono stati arrestati.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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