Continuano le misure prese dai paesi del Sud Globale che, di fronte a un Occidente complice e fiancheggiatore del massacro israeliano, rompono gli indugi e dicono basta. Ora è la volta del presidente della Colombia, Gustavo Petro, che con dichiarazioni durissime ha annunciato l’intenzione di ritirare il Paese latino americano dal rapporto di partenariato militare con la NATO, in vigore dal 2018. «Come possiamo stare con eserciti che tirano bombe ai bambini? Il carbone colombiano non può diventare bomba in Israele per uccidere bambini: potranno aumentare i dazi o fare quello che vogliono. Ci aiuteranno altri popoli», ha dichiarato Petro. La decisione è stata presa a margine della Conferenza di Bogotà, vertice nel quale, nei giorni scorsi, trenta Paesi si sono coordinati per concordare misure per cercare di fermare il genocidio del popolo palestinese.
Petro ha lanciato anche un messaggio diretto ai Paesi europei, avvisandoli che «se vogliono stare con l’America Latina o con l’Africa devono smettere di aiutare i nazisti». Mentre in Colombia andava avanti il vertice di Bogotà, infatti, l’Unione Europea decideva di non sanzionare il partner israeliano nonostante il genocidio perpetuato in Palestina, preservando così gli accordi commerciali stipulati nel 1995.
La decisione colombiana arriva dopo due anni in cui l’Alleanza Atlantica ha continuato ad affiancare Israele. Nessuna contromisura o sanzione, ma continue vendite di armi e scambi di intelligence. La fine del partenariato con l’Alleanza Atlantica inverte definitivamente la rotta della politica estera colombiana, che nel 2018 aveva portato Bogotà a essere il primo e unico Paese dell’America Latina a diventare partner globale della NATO. Ciò si è tradotto nella collaborazione in diversi settori strategici, come ad esempio la formazione militare e la lotta al terrorismo e al narcotraffico.
A finire nel mirino di Petro, oltre a NATO ed Europa, è stato anche il suo governo, che ha disatteso il decreto presidenziale con cui, nell’agosto del 2024, vietava la vendita di carbone a Israele, di cui la Colombia è il principale fornitore. Così, come rivelato dalla relatrice speciale ONU Francesca Albanese nel suo ultimo rapporto, le multinazionali Drummond e Glencore che estraggono carbone nel nord del Paese hanno continuato a esportarlo verso Tel Aviv per alimentare l’elettricità israeliana. Il decreto presidenziale intendeva fare pressione sullo Stato ebraico affinché cessasse il genocidio nella Striscia di Gaza. L’obiettivo è stato rilanciato durante il vertice di Bogotà, organizzato dal Gruppo dell’AIA, una coalizione di Stati nata all’inizio dell’anno per rendere efficaci le decisioni delle istituzioni internazionali, su tutte la Corte Internazionale di Giustizia, o appunto Corte dell’AIA. Quest’ultima, nel valutare le accuse di genocidio rivolte a Israele, ha ricordato ai Paesi terzi l’obbligo di prevenire ulteriori crimini, astenendosi ad esempio dal trasferire armi e munizioni e chiudendo i porti alle navi dotate di simili carichi destinati a Tel Aviv. A Bogotà dodici Paesi — tra cui la Colombia — hanno approvato queste misure, cui si aggiunge la revisione di tutti i contratti pubblici per impedire alle istituzioni di finanziare la presenza illegale di Israele nei territori palestinesi occupati.
Bravi peccato che in Italia invece c’è il Fascismo.