giovedì 17 Luglio 2025

La disinformazione parte dai titoli: La Stampa e Repubblica riscrivono fatti e geografia

Nel cuore della notte tra il 15 e il 16 luglio 2025, decine di droni ucraini hanno colpito il territorio della Federazione Russa, con particolare intensità sulla città di Voronezh, situata a circa 200 chilometri dal confine ucraino. Secondo il governatore regionale Alexander Gusev, l’attacco ha causato 16 feriti, tra cui un adolescente. Le immagini circolate – come quelle ripresa da una dashcam – mostrano un’esplosione provocata da un drone ucraino che si abbatte su un edificio civile, causando danni a case, negozi, veicoli e persino un asilo, fortunatamente vuoto. 

Il Ministero della Difesa russo ha riferito che ben 55 droni ucraini sarebbero stati abbattuti durante la notte su cinque regioni della Russia, tra cui appunto Voronezh, e sul Mar Nero. L’obiettivo? Infrastrutture strategiche e militari. Ma come spesso accade in guerra, a pagare è anche la popolazione civile. Voronezh, infatti, non è una località di confine dimenticata: è un centro nevralgico, sede di strutture militari e di produzione industriale. Ma soprattutto è, senza ombra di dubbio, una città russa. Peccato che alcuni importanti quotidiani italiani sembrino ignorarlo.

Nella corsa spasmodica alla pubblicazione, La Repubblica e La Stampa sono incappate in uno scivolone giornalistico imbarazzante, ma emblematico dei tempi che corrono: titoli fuorvianti che hanno attribuito l’attacco a “droni russi” e collocato la città di Voronezh, in Ucraina. Ad esempio, il titolo de La Stampa recitava: «Ucraina: nuovo attacco di droni russi a Voronezh, colpito un asilo», mentre quello de La Repubblica: «Ucraina: attacco di droni russi sulla regione di Voronezh, colpito anche un asilo». Un’affermazione, doppio errore: i droni erano ucraini, non russi, e Voronezh non è in Ucraina. Eppure, bastava leggere qualche riga più sotto, all’interno dell’articolo, per scoprire che l’attacco era stato in realtà lanciato da Kiev contro una città in territorio russo. Una svista? Forse. Ma l’errore non è di poco conto, soprattutto quando si gioca con la percezione della realtà nel mezzo di un conflitto armato. 

Titoli così redatti non sono semplici sviste, bensì strumenti narrativi. Perché nel mondo dell’informazione – dove molti lettori si fermano al titolo – la prima impressione è quella che plasma l’opinione pubblica. E un titolo che dipinge la Russia come aggressore, anche quando subisce un attacco, ha un potenziale propagandistico devastante.

La narrazione distorta ha scatenato reazioni indignate sui social, soprattutto su X, dove molti utenti hanno evidenziato l’errore grossolano. Fonti russe, come Pravda Italia, hanno amplificato l’errore, accusando i media italiani di «riscrivere la realtà da zero», insinuando che non si tratti più di incompetenza ma di sistematica manipolazione. E il sospetto non è peregrino. 

Già in passato, La Stampa è stata criticata non solo per aver cancellato gli articoli in cui raccontava la nazificazione dell’Ucraina, ma anche per diverse fake news, tra cui la pubblicazione di una foto del 2022 che mostrava i danni provocati da un missile Tochka-U ucraino su Donetsk, ma presentata come prova di un attacco russo. Il quotidiano piemontese aveva messo in prima pagina una foto che mostrava un uomo anziano disperato che si copriva il volto con le mani. Intorno a lui una distesa di cadaveri straziati: braccia mutilate, arti smembrati, urla di dolore. Lo scatto faceva pensare subito alle conseguenze di un attacco russo contro l’Ucraina, perché nelle colonne che affiancavano la copertina si parlava di Leopoli e Kiev. Il titolo a corredo della fotografia era La carneficina. Attorno a quella foto venivano richiamati articoli sui «traumi dei bambini in fuga da Leopoli», su come Kiev si preparasse all’«assalto finale» dei russi, sulla strategia di Biden, sulle reazioni dell’Occidente o le gesta della giornalista anti-Putin a Mosca. Facile, dunque, dedurre dalla pagina come i cadaveri nell’immagine fossero persone di nazionalità ucraine, vittime dei bombardamenti russi. Eppure, non era così. Quell’immagine drammatica era stata immortalata a Donetsk e quei corpi maciullati a terra erano i cadaveri di 23 civili russofoni, caduti sotto le schegge di un missile Tochka-U abbattutosi nelle strade centrali della città. 

L’incidente di Voronezh non è dunque un caso isolato, ma l’ennesimo episodio di una tendenza a raccontare la guerra attraverso lenti ideologiche, sacrificando il rigore giornalistico sull’altare del sensazionalismo e della sciatteria (o peggio, della propaganda). La strategia ucraina è chiara: colpire con droni a lungo raggio basi militari e infrastrutture strategiche all’interno del territorio russo. Lo aveva già dimostrato l’operazione “Pavutyna” (la “ragnatela”) del 1° giugno 2025, che ha danneggiato fino a 41 bombardieri strategici russi.

Ma se i fatti sul campo parlano chiaro, la rappresentazione mediatica continua a offuscarli. Il risultato è una stampa che, consapevolmente o meno, contribuisce a una distorsione sistematica della percezione pubblica, facendo apparire la Russia come l’unico aggressore in ogni contesto, anche quando viene attaccata sul proprio territorio. L’errore su Voronezh non è un dettaglio. È un colpo inferto alla credibilità di due tra i principali quotidiani italiani, che in un momento così delicato non possono permettersi leggerezze, superficialità o, peggio, narrazioni precostituite. Il giornalismo dovrebbe essere una barriera contro la propaganda, non un suo megafono.

E invece, nel caos informativo della guerra ibrida, dove ogni notizia è un’arma, basta un titolo sbagliato per riscrivere la geografia, manipolare la percezione e, in definitiva, scegliere da che parte stare. Anche (e soprattutto) senza dirlo esplicitamente.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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