Nonostante le gravi violazioni dei diritti umani e i continui attacchi ai civili, i ministri degli Affari esteri, riunitisi ieri a Bruxelles per l’ultimo Consiglio prima della pausa estiva, hanno deciso di non sanzionare lo Stato ebraico, affermando di accogliere con favore i «segnali positivi» che arrivano dalla Striscia di Gaza, tra cui il massiccio ingresso di aiuti umanitari nell’enclave palestinese. «Vediamo entrare più camion e rifornimenti, più varchi aperti e riparazioni alle linee elettriche» ha affermato l’Alta rappresentante dell’UE per gli Affari esteri, Kaja Kallas, aggiungendo che «Non è chiaramente abbastanza, l’Ue continuerà a seguire da vicino l’attuazione di questo accordo comune e fornirà aggiornamenti ogni due settimane». Bruxelles è riuscita così a salvare Tel Aviv e i preziosi accordi economico-commerciali che intrattiene con lo Stato ebraico grazie a un ampio accordo risalente al 1995. Dal canto suo, Agnes Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha asserito che «Il rifiuto dell’UE di sospendere l’accordo con Israele è un tradimento crudele e illegale» e che il voto dei 27 ministri degli Esteri «sarà ricordato come uno dei momenti più vergognosi nella storia dell’UE».
L’ipotesi di sanzionare Israele era emersa lo scorso giugno proprio in seguito alla revisione dell’Accordo di associazione Ue-Israele che aveva certificato le violazioni da parte israeliana: il Servizio europeo di azione esterna (Seae), infatti, aveva constatato che «vi sono indicazioni che Israele violerebbe i propri obblighi in materia di diritti umani ai sensi dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele». Lo Stato ebraico avrebbe trasgredito le norme sui diritti umani innumerevoli volte dall’inizio della campagna militare a Gaza: gli ultimi episodi riguardano la violazione del cessate il fuoco il 18 marzo, il prolungato assedio alla popolazione della Striscia, oltre che gli insediamenti illegali in Cisgiordania. Ma anche l’uccisione dei palestinesi durante la distribuzione del cibo e l’assassinio intenzionale di giornalisti e operatori umanitari. Nonostante ciò, Bruxelles ha deciso di non sanzionare Israele, in cambio di un accordo che prevede che gli aiuti su larga scala siano forniti direttamente alla popolazione – tagliando fuori la controversa Gaza Humanitarian Foundation – e un aumento sostanziale del numero di camion giornalieri per il trasporto di generi alimentari e di prima necessità. Intanto, però, le forze israeliane hanno continuato a uccidere decine di civili palestinesi.
Le sanzioni sono state sostenute soprattutto dai rappresentanti di Spagna, Irlanda e Slovenia, mentre gli altri Paesi dell’Ue hanno voluto rimandare ogni decisione. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, già a giugno aveva sottolineato che quella dell’Italia è una posizione diversa da quella della Spagna: «per noi è fondamentale avere un dialogo con Israele» aveva affermato, aggiungendo che «Avendo un dialogo aperto si possono avere dei risultati» e che «le scelte velleitarie non servono a nulla e sono finalizzate magari alla politica interna dei Paesi». Inequivocabile, dunque, la posizione dell’Italia accanto allo Stato ebraico, nonostante le comprovate violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, accertate da organizzazioni e tribunali internazionali e documentate dai giornalisti locali, sebbene Israele abbia ridotto al minimo l’accesso dei reporter alle zone devastate dalla guerra.
L’esito del voto dei 27 ministri degli Esteri europei appariva scontato allo stesso ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ieri sera a Bruxelles per un vertice dei Paesi del Mediterraneo. Sa’ar è stato in grado di predire che «nessuna delle 10 proposte contenuta nel rapporto sarà applicata dai 27 Stati membri domani» confermando la profonda influenza che lo Stato ebraico esercita sui Paesi dell’Unione. Da parte sua, la Kallas si è limitata vagamente ad assicurare che «tutte le opzioni sono sul tavolo e che se la situazione non migliora potremo usarle». Rispetto a questo approccio che cerca di salvare l’immagine dell’Ue di fronte all’opinione pubblica, la segretaria generale di Amnesty International ha sottolineato che «I leader europei hanno avuto l’opportunità di prendere una posizione di principio contro i crimini di Israele, ma gli hanno invece dato il via libera per continuare il suo genocidio a Gaza, l’occupazione illegale dell’intero Territorio Palestinese Occupato (TPO) e il suo sistema di apartheid contro i palestinesi», definendo tutto questo «più che codardia politica».
L’atteggiamento e i toni verso Israele sono molto diversi rispetto a quelli decisi e perentori che Bruxelles assume nei confronti di altre nazioni come la Russia e l’Iran, confermando così l’adozione di doppi standard di valutazione da parte dei funzionari e dei ministri europei, dettati da interessi politici e commerciali. La prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue sarà solamente ad ottobre, tra più di due mesi. Nel frattempo, Israele potrebbe continuare a violare le più basilari norme del diritto internazionale senza conseguenze e conservando le sue vantaggiose relazioni commerciali e diplomatiche con le nazioni dell’UE.
La Kallas vede entrare più camion e riparare le linee elettriche. Evidentemente si è apostata lì vicino con un potente binocolo……..oppure ha le allucinazioni!
Questa marionetta antirussa della Kallas è davvero insopportabile.
Si stanno chiudendo in un vicolo cieco, il problema è che manderanno avanti noi per uscirne