sabato 12 Luglio 2025

ONU: Israele ha ucciso almeno 800 persone durante la distribuzione degli aiuti umanitari

Dall’apertura dei centri di distribuzione degli aiuti umanitari della Gaza Humanitarian Foundation, Israele ha ucciso almeno 798 persone in cerca di sussidi. A dirlo è Ravina Shamdasani, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), che ha specificato che la maggior parte delle vittime, precisamente 615, si trovava nelle vicinanze dei siti GHF, mentre le altre 183 erano «presumibilmente sulle rotte dei convogli di aiuti». Mentre continua a sparare ai civili in fila per gli aiuti, Israele non intende fermare l’avanzata nella Striscia, e continua a rilasciare ordini di evacuazione per spingere la popolazione in aree sempre più ristrette, allontanandole da campi dotati di ospedali e uffici umanitari. Nel frattempo continuano i bombardamenti. Dall’alba di oggi, Israele ha ucciso almeno 60 persone.

L’OHCHR fonda i suoi dati su fonti quali informazioni provenienti da ospedali di Gaza, cimiteri, famiglie, autorità sanitarie palestinesi, ONG e partner che operano sul campo. La maggior parte dei feriti palestinesi nelle vicinanze dei centri di distribuzione degli aiuti registrati dall’OHCHR dall’apertura dei centri lo scorso 27 maggio, ha affermato Shamdasani, sono stati colpiti da proiettili di arma da fuoco. Gli attacchi alle persone in cerca di aiuto sarebbero continuati anche oggi, tanto che Israele avrebbe ucciso almeno 30 persone intente a ricevere i sussidi. La violenza è continuata in generale in tutta la Striscia. Il ministro della Difesa Israel Katz ha pubblicato sul social X (ex Twitter) una immagine di Beit Hanun, città situata nel Governatorato di Nord Gaza, completamente distrutta, celebrando l’attività delle IDF: «Dopo Rafah, Beit Hanun: non c’è più rifugio per il terrorismo». A Gaza City l’esercito israeliano ha ucciso 8 palestinesi di cui 4 nel quartiere di Tuffah e 4 nel quartiere di Zeitoun; le IDF hanno confermato di avere condotto attacchi a Zeitoun. Poco più a sud, nel Governatorato di Deir al Balah, Israele ha attaccato un campo per sfollati uccidendo tre palestinesi nelle tende; sempre a Deir al Balah, l’esercito israeliano ha bombardato una stazione di servizio, uccidendo altri 4 palestinesi. Bombardato anche il campo profughi di Al Mawasi, nel governatorato di Khan Younis, dove l’esercito ha ucciso almeno 11 persone.

A Rafah, invece, sembra che continuino le operazioni per l’istituzione di un maxi-campo profughi dove spostare la popolazione della Striscia per poi deportarla. Dalle ultime rivelazioni dei giornali israeliani, il campo dovrebbe venire istituito a prescindere dal raggiungimento di un eventuale cessate il fuoco; secondo il piano, una volta costruito il campo, ogni abitante di Gaza sarebbe sottoposto a ispezione per garantire che non porti armi e non sia affiliato ad Hamas. Tutti coloro che dovessero scegliere di rimanere al di fuori della zona sarebbero così identificati come membri di Hamas, e dunque considerati legittimi bersagli; «de facto, un enorme campo di concentramento», ha detto il direttore dell’UNRWA Philippe Lazzarini. Secondo quanto comunica l’emittente qatariota Al Jazeera, Israele avrebbe inoltre presentato un piano per un cessate il fuoco di 60 giorni in cui avrebbe proposto l’istituzione di un’area cuscinetto attorno alla Striscia che comprenderebbe ampie porzioni di Beit Lahia, Om al-Nasr e Beit Hanun nel Governatorato di Nord Gaza, i quartieri di Tuffah, Shujaiya e Zeitoun di Gaza City, aree di Deir al-Balah e la città di Khuza’a nel Governatorato di Khan Younis. Il piano prevedrebbe che Israele occupi il 40% della Striscia per concentrare a Rafah la maggior parte dei palestinesi, che a partire da lì verrebbero deportati in Egitto.

Intanto la situazione umanitaria continua ad aggravarsi. Il numero di bambini uccisi a causa della malnutrizione ha raggiunto finora quota 67, mentre più di 650.000 bambini di età inferiore ai cinque anni rischiano di andare incontro a problemi di grave malnutrizione. Attualmente, il 96% della popolazione della Striscia soffre di gravi livelli di insicurezza alimentare. La situazione degli ospedali non è delle migliori: mercoledì 9 luglio sono entrati i primi rifornimenti di carburante – circa 75.000 litri – in 130 giorni; «Si tratta di uno sviluppo positivo, ma rappresenta solo una piccola frazione di quanto è necessario ogni giorno per far funzionare la vita quotidiana e le operazioni di soccorso essenziali», si legge in un comunicato congiunto di sette uffici umanitari dell’ONU, che chiedono l’entrata di più carburante. Gli ospedali risultano infatti pieni, con livelli di sovraffollamento del 200%, e gli attacchi israeliani sulle strutture non si arrestano; oggi Israele ha rilasciato due distinti ordini di evacuazione da altrettante aree dotate di ospedali da campo di Gaza City.

Dall’escalation del 7 ottobre, Israele ha distrutto o danneggiato il 92% delle case (l’ultimo aggiornamento è di luglio 2025), l’83% delle terre coltivabili (i dati più recenti sono di aprile 2025), l’88,5% delle scuole (dato del 4 aprile 2025) e, in generale, il 70% di tutte le strutture della Striscia (4 aprile 2025). L’86,1% del territorio della Striscia risulta sotto ordine di evacuazione o interdetto ai civili. In totale, l’esercito israeliano ha inoltre ucciso direttamente almeno 57.762 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia.

Avatar photo

Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti