Condotto dalla voce calma e analitica della giornalista britannica Ramita Navai, Gaza: Doctors Under Attack è un docu-film di 65 minuti di sgradevoli — ma proprio per questo, necessarie — emozioni. Un reportage con interviste a informatori e gole profonde israeliani, immagini inedite da Gaza, Cisgiordania occupata ed Egitto. Un viaggio che si accende con la paura dei 15 operatori di soccorso uccisi nel marzo 2025 durante un’operazione di recupero vittime a Rafah.
8 operatori della Croce Rossa, 6 membri della Protezione Civile e uno del personale UNRWA, brutalmente freddati con armi da fuoco a pochi metri dalle loro ambulanze. Un video nella memoria di un cellulare ritrovato nella fossa con i corpi seppelliti dall’IDF restituisce la verità: i lampeggianti erano accesi. Le ambulanze erano chiaramente identificabili. Nonostante ciò, si sentono partire i colpi di un mitra. Una delle vittime piange il suo destino e manda l’ultimo pensiero alla madre.
La BBC aveva detto sì. Poi ha detto forse. Poi ha detto no. Raccontare dei 1.500 medici, infermieri e operatori sanitari uccisi a casa o a lavoro, della distruzione della maggior parte dei 36 ospedali, delle operazioni senza anestesia e delle ambulanze nel mirino a Gaza, dal 7 ottobre 2023, è troppo scomodo. Dopo aver programmato sei date di uscita ed effettuato settimane di controlli, il documentario — pronto per la messa in onda a febbraio — è stato poi accantonato dal colosso britannico dell’informazione. Ufficialmente: per non generare una “percezione di parzialità”. In realtà, per paura.
Così è toccato a una giovane piattaforma indipendente raccoglierne i frammenti e restituirli al mondo, acquistando i diritti del documentario per la distribuzione. È Zeteo News fondata da Mehdi Hasan, giornalista ex Al Jazeera, The Guardian e The Intercept, nonchè voce scomoda nei talk-show anglosassoni e spesso solitaria nel difendere la causa palestinese.
In questo clima di omissione e censura, il 2 luglio il film ha preso finalmente voce. A volte urla. Spesso respira, osserva, ascolta. E racconta. Racconta di volti stanchi, mani ancora sporche di disinfettante e sangue, occhi che hanno visto troppo e non riescono più a piangere. Sono medici, infermieri, soccorritori. Non eroi né santi. Persone. Persone che curano in silenzio, in mezzo alle grida e alla polvere.
Con l’ausilio di animazioni e grafiche, si mostra con lucidità il piano sistematico dell’esercito sionista per smantellare dal Nord verso il Sud la resistenza di un popolo partendo dai suoi ospedali. Le strutture sanitarie diventano bersagli tattici: una dopo l’altra, vengono colpite, accerchiate, costrette all’evacuazione. Si parte da Al-Shifa, il più grande ospedale a Gaza City. Si prosegue con l’Indonesian Hospital, l’Al-Awda, il Kamala Adwan. Ogni reparto chiuso è una porta in meno verso la sopravvivenza.
Ma i pazienti non possono fuggire. E nemmeno chi li cura. Medici, infermieri, paramedici restano. Come capitani che non abbandonano la nave, anche se sanno che affonderà. Perché lasciare significherebbe firmare la condanna a morte dei pazienti.
«Siamo nel teatro, nella sala operatoria. Buio totale, niente acqua, niente elettricità. Ma abbiamo degli eroi, i chirurghi di Gaza», dice il Dr. Adnan al-Bursh mentre la telecamera documenta un intervento condotto alla luce fioca delle torce. È lo stesso medico che, poco dopo, verrà prelevato dai militari israeliani e di cui non si saprà più nulla. La sua sorte emergerà mesi più tardi: “sottoposto a violenza sessuale” e morto sotto custodia israeliana, denuncerà un rapporto delle Nazioni Unite.
C’è chi invece, taglia la corda. Ma non è un codardo. In una delle sequenze più toccanti, come in un duello dove si sa già chi vince, il direttore dell’ospedale Kamala Adwan cammina verso un carro armato israeliano con ancora il camice bianco addosso. È la stessa calma disperata dell’uomo di Piazza Tiananmen. Una singola scena che riassume questa pellicola senza precedenti. Un’inchiesta arricchita dalle testimonianze dei gazawi e delle interviste esclusive a whistleblowers — informatori che chiedono l’anonimato — israeliani. Basement Film, la casa di produzione britannica, ricostruisce così uno dei fili più intricati nel gomitolo del genocidio palestinese: la sistematica e volontaria distruzione della sanità a Gaza.