Il Regno Unito, insieme a altre quattro nazioni, ha imposto ieri sanzioni contro due ministri del governo Netanyahu, accusandoli di aver ripetutamente incitato alla violenza contro i palestinesi in Cisgiordania. I ministri in questione sono il ministro della sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir e il ministro delle finanze Bezalel Yoel Smotrich, entrambi coloni della Cisgiordania occupata. Le misure, imposte oltre che dalla Gran Bretagna, anche da Canada, Australia, Nuova Zelanda e Norvegia, includono restrizioni finanziarie mirate, divieti di viaggio nei Paesi che hanno disposto le sanzioni e il congelamento dei beni. Il ministro degli Esteri britannico David Lammy, in una dichiarazione congiunta con i ministri degli Esteri degli altri quattro Paesi, ha dichiarato che Ben-Gvir e Smotrich hanno «incitato alla violenza estremista e a gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi. Queste azioni sono inaccettabili», aggiungendo che per questa ragione «abbiamo preso provvedimenti ora per assicurare alla giustizia i responsabili». È arrivata immediatamente la replica del ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, il quale ha dichiarato che l’azione dei cinque paesi è «scandalosa» e che il governo israeliano terrà una riunione speciale all’inizio della prossima settimana per decidere come reagire.
Nella dichiarazione congiunta rilasciata dei ministri degli esteri che hanno imposto le sanzioni si spiega che l’azione è mirata a limitare la violenza dei coloni israeliani in Cisgiordania e che è rivolta esclusivamente a individui che «minano la sicurezza di Israele». Si sottolinea allo stesso tempo che le misure non potevano essere considerate isolatamente rispetto agli eventi di Gaza, dove Israele è tenuto a rispettare il diritto internazionale umanitario: «Continuiamo a essere sconvolti dall’immensa sofferenza dei civili, compresa la negazione di aiuti essenziali», ha affermato il ministro degli esteri inglese, aggiungendo che «Non deve esserci alcun trasferimento illegale di palestinesi da Gaza o all’interno della Cisgiordania, né alcuna riduzione del territorio della Striscia di Gaza». Nella dichiarazione si legge anche che «Siamo fermamente impegnati nella soluzione dei due Stati e continueremo a collaborare con i nostri partner per la sua attuazione. È l’unico modo per garantire sicurezza e dignità a israeliani e palestinesi e assicurare una stabilità a lungo termine nella regione, ma è messo a repentaglio dalla violenza dei coloni estremisti e dall’espansione degli insediamenti».
Ben-Gvir e Smotrich sono considerati due membri estremisti del governo Netanyahu, sebbene l’anima del Likud – il partito del primo ministro israeliano – sia sostanzialmente in linea con le posizioni dei due ministri. Entrambi hanno chiesto la conquista permanente di Gaza e il ripristino degli insediamenti ebraici abbandonati da Israele nel 2005. Inoltre, ritengono fondamentale espandere gli insediamenti in Cisgiordania per una questione di «sicurezza nazionale». Smotrich, intervenendo all’inaugurazione di un nuovo insediamento ebraico in Cisgiordania sulle colline di Hebron, ha parlato di «disprezzo» per la decisione della Gran Bretagna, affermando che «Siamo determinati, se Dio vuole, a continuare a costruire». Da parte sua Netanyahu ha accusato i ministri degli esteri di voler aiutare Hamas e di «essere dalla parte sbagliata della storia».
Da quasi due anni Gaza è sotto l’attacco dell’esercito israeliano, le condizioni umanitarie nella Striscia sono disperate: Israele ha posto un blocco sull’enclave palestinese, dove gli aiuti umanitari e i beni primari arrivano centellinati, creando così una grave carenza alimentare. Le strutture civili, compresi gli ospedali, sono i target principali dei bombardamenti delle IDF (Forze di difesa israeliane) con il pretesto di colpire i militanti nascosti di Hamas. Nonostante le molteplici condanne da parte dell’ONU e il disappunto di una parte consistente di nazioni, alcuni Paesi occidentali solo recentemente hanno preso parzialmente le distanze dai crimini di guerra commessi dal governo israeliano, probabilmente anche con l’obiettivo di placare il risentimento delle rispettive opinioni pubbliche. Il mese scorso, i capi di Gran Bretagna, Francia e Canada hanno fatto pressione sul governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu affinché ponesse fine al blocco degli aiuti a Gaza e Londra ha anche sospeso i colloqui di libero scambio con lo Stato ebraico per aver perseguito «politiche scandalose» nella Cisgiordania occupata e a Gaza. Proprio in questi giorni, una commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite ha accusato Israele di atti di «sterminio» contro la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. Sebbene si tratti di provvedimenti insufficienti e tardivi, le sanzioni imposte dai Paesi occidentali segnano un cambio di rotta quasi obbligato – dati i gravissimi crimini commessi in Palestina – da parte di quelli che possono essere considerati gli alleati storici e più fedeli di Israele.
Se danno ai Palestinesi lo stesso aiuto che all’Ukraina, Israele si ritira il giorno dopo, fanno solo commedia.
Concordo