Sono almeno 34 gli agenti gravemente feriti nelle proteste che stanno attraversando Panama da oltre un mese e mezzo. Alle radici della protesta vi è l’approvazione del disegno di legge di sicurezza sociale 462, la quale introduce modifiche al fondo di previdenza sociale che potrebbero portare a una riduzione delle pensioni. Gli scioperi e le proteste dei lavoratori hanno spinto la multinazionale Chiquita a licenziare circa 7 mila dipendenti delle piantagioni, dopo aver dichiarato che le proteste hanno causato un danno all’azienda di almeno 75 milioni di dollari. Nel frattempo, le comunità indigene hanno dato il via a una protesta contro l’intenzione del governo di riaprire la miniera a cielo aperto più grande del Centroamerica, situata nel territorio di Ngäbe-Buglé. A ciò si aggiunge il malcontento per il memorandum siglato con gli Stati Uniti, che autorizza una maggior presenza di militari statunitensi nell’isola. Le profonde spaccature tra il governo e la società civile stanno causando, da oltre un mese e mezzo, alcune delle proteste più intense che abbiano attraversato il piccolo Stato da molti decenni a questa parte.
Le rivolte più intense si sono registrate nella provincia di Bocas del Toro e nella Comunità Arimae, nella Regione di Darién. Qui, il Difensore Civico ha denunciato ieri, martedì 10 giugno, l’uso eccessivo di gas lacrimogeni contro la comunità, la stessa dove un membro del Servizio Nazionale della Frontiera è stato ferito gravemente. Qui, come a Bocas del Toro, la comunità aveva sbarrato le vie d’accesso al centro cittadino per impedire il passaggio degli agenti, ma queste sono state mano a mano rimosse, tanto che il Difensore ha invitato la polizia ad astenersi dal fare irruzione nella comunità, oltre ad invitare la popolazione a diffidare delle informazioni dei media in quanto potrebbero riportare informazioni errate su morti e feriti – scatenando così nuove proteste.
Nell’arco dell’ultimo mese, i manifestanti hanno messo in atto blocchi stradali, disertato il lavoro nei campi e dato il via a lunghe marce di protesta, con danni significativi ai trasporti e all’approvvigionamento di beni, contro la legge che riforma il funzionamento della Cassa di Previdenza Sociale (CSS) panamense. Secondo alcuni imprenditori, l’impatto economico e sociale delle proteste sta portando la provincia di Bocas “sull’orlo del collasso”, con un forte impatto economico e sociale sulla popolazione locale. L’economia del luogo dipende infatti in larga parte dall’industria bananiera e dal turismo, entrambe messi sotto grave minaccia dalle rivolte. La Camera del Commercio ha annunciato il rischio di “collasso” dell’intera attività economica di Bocas.
Eppure, le proteste non si fermano. Ad essere contestata è, in particolare, la legge 462, che riforma il sistema pensionistico “garantendo la pensione a tutti”. Secondo il governo, infatti, misure urgenti erano necessarie dal momento che la CSS si trova sull’orlo del “collasso finanziario”, necessitando quindi iniziative contro l’evasione fiscale e per una gestione “efficiente e trasparente” che, assicura il governo, non altererà alcuna pensione e “non privatizzerà” la Cassa. Nell’annunciare l’approvazione della misura, lo scorso 18 marzo, Mulino ha dichiarato un piano di riattivazione di opere a livello nazionale e di nuovi investimenti, che avrebbero dovuto generare 10 mila posti di lavoro rafforzando la base contributiva alla CSS (secondo quanto riferisce il governo, infatti, circa la metà della popolazione panamense in età adulta non pagherebbe i contributi). La legge, che intende mantenere l’età pensionabile a 62 anni per gli uomini e 57 per le donne, garantisce anche che i fondi per l’istruzione non verranno privatizzati (il 90% sarà gestito dalla Banca Nazionale, il restante 10% da altre banche).
Eppure, secondo i critici della riforma, ci sono alte probabilità che questa vada a impattare negativamente sulle pensioni, col rischio di aumentare l’età pensionabile dei lavoratori. A ribellarsi, in particolar modo, sono stati i dipendenti della multinazionale Chiquita, la quale ha annunciato il licenziamento di migliaia di lavoratori delle piantagioni (7 mila, secondo i media) a seguito di un danno di almeno 75 milioni di dollari causato dalle proteste. Ieri, 10 giugno, è iniziato il primo round di colloqui con il Sindacato dei Lavoratori dell’Industria Bananiera (Sitraibana) all’interno dell’Assemblea Nazionale.
In questo contesto di forte tensione sociale, Panama e gli Stati Uniti hanno siglato un memorandum che autorizza Washington a inviare contingenti di forze di sicurezza, che saranno libere di realizzare “attività umanitarie” o di altro tipo, secondo la necessità. Un accordo che sembra giungere giusto in tempo per assicurare la tutela degli interessi del governo e delle multinazionali, a fronte del profondo scontento sociale che smuove lo Stato. Proprio nelle scorse settimane, infatti, la possibile riapertura della miniera di proprietà della canadese First Quantum Minerals ha messo in allarme la comunità di Ngäbe-Buglé, dove si concentra la maggior parte della popolazione indigena dell’isola.
El pueblo unido, y mas serà vencido🏆