L’Italia è stata retrocessa dal livello 1 al 2 nell’Indice dei diritti globali della Confederazione sindacale internazionale a causa di «violazioni ricorrenti» dei diritti sindacali. Il nuovo report della CSI segnala dunque un deterioramento dei diritti nel nostro Paese, che allo stesso livello vede altri 22 Stati. Tra questi, una serie di economie avanzate come Spagna, Francia, Portogallo, Giappone e Olanda, ma anche Barbados, Malawi e Ghana. Tra le misure più controverse il rapporto indica, come segnalato dalla CGIL, quelle contenute all’interno del Decreto Sicurezza, nonché «l’attacco ai sindacati», con una «criminalizzazione crescente delle mobilitazioni» e una «retorica delegittimante verso le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative».
L’edizione 2025 del Global Rights Index della Confederazione Sindacale Internazionale, che sarà presentata il 10 giugno a Ginevra nel corso della Conferenza internazionale del lavoro dell’OIL, vede dunque scivolare l’Italia nel gruppo dei Paesi con violazioni ricorrenti dei diritti fondamentali dei lavoratori. Tra gli indicatori che hanno portato alla retrocessione dell’Italia vi sono la criminalizzazione delle mobilitazioni sindacali, l’uso sempre più frequente della precettazione contro il diritto di sciopero – in particolare nei settori chiave come trasporti, sanità e scuola – e appunto il Decreto Sicurezza, approvato senza confronto parlamentare, che limita gravemente il diritto a manifestare pacificamente. Tutti elementi che, secondo la Cgil, denotano «un caso emblematico di deriva autoritaria», esito delle «politiche neoliberiste e autoritarie» intraprese dal governo Giorgia Meloni. Il giudizio della Confederazione Sindacale Internazionale arriva in un momento particolarmente delicato. Il governo, accusato da più parti di svuotare la democrazia parlamentare tramite un uso sistematico della decretazione, viene indicato come responsabile di un approccio che riduce la politica alla sola funzione di controllo e ordine pubblico e di una retorica delegittimante nei confronti delle organizzazioni sindacali.
In questo scenario, l’Italia – un tempo modello di democrazia industriale – finisce per essere accomunata a Paesi attraversati da gravi crisi democratiche. Illustrando i risultati del rapporto, la Cgil, impegnata nella campagna referendaria in vista del voto dell’8 e 9 giugno, ha lanciato un appello alla mobilitazione democratica: «Di fronte a uno scenario così preoccupante, proprio oggi, giorno in cui festeggiamo la Repubblica, è fondamentale difendere i valori della nostra Costituzione, a partire dallo stato di diritto. Il miglior modo per farlo – ha messo nero su bianco la Cgil – è partecipare al massimo strumento democratico, ovvero il voto. Per questo invitiamo a votare per il referendum l’8 e il 9 giugno. La difesa della democrazia, in Italia e nel mondo, dipende da noi».
Guardando oltre ai confini del nostro Paese, il rapporto descrive un contesto globale nel suo complesso drammaticamente peggiorato per le libertà sindacali e i diritti dei lavoratori. Il deterioramento coinvolge tre regioni su cinque. L’unico miglioramento parziale si registra nella regione Asia-Pacifico, mentre il Medio Oriente e Nord Africa rimane l’area peggiore con una valutazione media di 4,68 su 5. In oltre l’87% dei Paesi il diritto di sciopero è stato violato; nel 72% dei casi, i lavoratori non hanno accesso o lo hanno fortemente limitato alla giustizia; in 80% dei Paesi, è stato ostacolato il diritto alla contrattazione collettiva. Nei Paesi considerati più autoritati – come Birmania, Bangladesh, Egitto, Tunisia, Nigeria e Turchia – si riscontrano sistematiche repressioni, arresti, violenze fisiche, persino omicidi di sindacalisti. La Confederazione sindacale internazionale denuncia un vero e proprio «colpo di Stato contro la democrazia», orchestrato da governi autoritari e interessi economici concentrati, e invita a una mobilitazione globale in difesa dei diritti dei lavoratori.
Secondo quanto dichiarato da Luc Triangle, segretario generale della CSI, la crisi dei diritti del lavoro in Europa – dove si registra il peggior punteggio dal 2014 – è il prodotto di una scelta politica deliberata, in cui «governi autoritari e interessi economici ultra-concentrati stanno smantellando le conquiste del dopoguerra in materia di giustizia sociale e sindacale».
Un altro grande successo del Governo fascio-Meloni! Gli operai e tutti coloro che hanno un contratto di lavoro dipendente che hanno votato quella debosciata, dovrebbero sputarsi in mano e prendersi a schiaffi!