venerdì 23 Maggio 2025

Ostracismo e mail bloccate: la Corte Penale Internazionale paga l’ordine d’arresto a Netanyahu

Il 21 novembre 2024, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati d’arresto per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant, accusandoli di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi durante il conflitto a Gaza. Le accuse includono l’uso della fame come metodo di guerra e attacchi deliberati contro la popolazione civile. In risposta, il 6 febbraio 2025, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo imponendo sanzioni contro la CPI, le quali stanno compromettendo l’abilità della Corte di operare e suggestionando alcune corporazioni americane perché interrompano l’erogazione dei servizi ai soggetti chiave dell’istituzione.

Le sanzioni definite dall’amministrazione Trump prevedono il congelamento dei beni e delle risorse di funzionari, dipendenti e collaboratori della Corte Penale Internazionale, estendendosi anche ai loro familiari più stretti. A queste persone viene inoltre vietato l’ingresso negli Stati Uniti, una misura che complica significativamente i rapporti diplomatici tra Washington e l’Aia. Il decreto esecutivo ha in tal senso definito i nomi dei destinatari dell’intervento all’interno di un annesso, il quale contiene però una lista estremamente sintetica: viene citato esclusivamente il Procuratore capo della CPI, Karim Khan, primo responsabile del mandato d’arresto nei confronti dei due politici israeliani.

Queste restrizioni hanno ostacolato le indagini della CPI, portando alcune organizzazioni non governative a interrompere la collaborazione con la Corte. Gli effetti sono decisamente capillari: Associated Press (AP) ha rilevato che diverse aziende hanno sospeso del tutto le comunicazioni con i funzionari dell’istituzione, con la statunitense Microsoft che è arrivata addirittura a bloccare l’erogazione dei suoi servizi e-mail a Khan. Quella stessa Microsoft che, vale la pena ricordarlo, fornisce attraverso il servizio Azure degli strumenti di intelligenza artificiale all’esercito israeliano impegnato a Gaza.

Secondo la ricostruzione elaborata da AP, la Corte Penale Internazionale non è più nelle condizioni di lavorare e ha sospeso le indagini riguardanti il Presidente sudanese Omar al-Bashir, accusato di genocidio. Sei ufficiali anziani hanno rassegnato le dimissioni per il timore di incappare a loro volta nelle sanzioni statunitensi. In questo contesto già teso, il 16 maggio 2025, Karim Khan ha annunciato un congedo temporaneo dal suo incarico, in attesa della conclusione di un’indagine delle Nazioni Unite su presunte molestie sessuali. Le accuse, che includono comportamenti coercitivi e abuso di potere, sono state negate da Khan.

Le denunce mosse contro il Procuratore capo sono supportate da testimonianze che meritano un attento esame, tuttavia il suo passo indietro non sembra essere giustificato da un semplice atto etico: il Senatore statunitense Lindsey Graham ha suggerito che i problemi legali di Khan lo abbiano portato a cancellare importanti incontri diplomatici con Israele e a presentare frettolosamente la richiesta di mandato d’arresto per Netanyahu e Gallant. Esercitare pressioni su Khan potrebbe dunque rappresentare una leva attraverso cui screditare le decisioni dell’intera Corte.

Gli attacchi alla credibilità della Corte Penale Internazionale e gli atti di intimidazione non sono però una novità. Nel giugno 2020, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva già firmato un ordine esecutivo che imponeva sanzioni economiche e restrizioni di viaggio ai funzionari della CPI coinvolti nelle indagini su presunti crimini di guerra commessi dalle forze armate e dai servizi segreti statunitensi in Afghanistan. Queste misure includevano il potenziale congelamento dei beni e il divieto di ingresso negli Stati Uniti per i funzionari della Corte e i loro familiari. 

Anche Israele è stato coinvolto in campagne di delegittimazione e tentativi di interferenza nei confronti dei membri della CPI. Secondo un’indagine congiunta del The Guardian, +972 e Local Call, l’intelligence israeliana avrebbe condotto per oltre nove anni delle operazioni di sorveglianza, hacking, diffamazione e intimidazione contro il personale della Corte. Queste attività miravano a compromettere le indagini sui presunti crimini di guerra commessi da Israele nei territori palestinesi occupati. Tra le azioni documentate figurano l’intercettazione di comunicazioni sensibili e pressioni dirette sui procuratori della CPI, inclusi  Karim Khan e l’ex procuratrice Fatou Bensouda .

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.

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1 commento

  1. Gli sta bene, dovrebbero emanare l’ordine d’arresto per Donald Trump visto che palesemente aiuta Israele nel genocidio e il non far parte dei firmatari della CPI, non ha fermato l’ordine d’arresto per Putin.
    Se la legge non è uguale per tutti, diventa solo strumento mafioso, meglio che emanino questo ultimo atto d’orgoglio e poi sciolgano la Corte per impossibilità di lavorare secondo la Legge.

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