Ancora una volta in Spagna migliaia di persone scendono in piazza per protestare contro la massificazione turistica. Durante la giornata di ieri, domenica 18 maggio, nelle principali città dell’arcipelago canario, in migliaia hanno manifestato contro un modello turistico neoliberista che sta attanagliando i diritti della popolazione residente. Sotto il lemma «Canarias tiene un límite», la cittadinanza ha sottolineato le conseguenze che le isole stanno vivendo, specialmente da un punto di vista ambientale e sociale.
Come già accaduto in varie occasioni in tutto il territorio spagnolo, questo fenomeno, estremamente aggressivo, sta distruggendo il tessuto sociale dell’arcipelago in varie forme: da un lato il turismo di massa inquina l’ambiente, in molti casi protetto, e alimenta il circolo vizioso dello sfruttamento di territorio per costruire e ampliare le strutture di ricezione turistica. Dall’altro la presenza di expat, persone migranti con alto potere d’acquisto, altera gli equilibri della domanda e offerta, alzando drasticamente il prezzo per accedere a soluzioni abitative per la popolazione residente. Questo paradigma, ormai comune a tutto il paese spagnolo, sta squarciando l’armonia sociale, trasformando i centri urbani e obbligando la popolazione ad abbandonare il luogo che abitavano a causa dell’esplosione dei prezzi; a questo si aggiunge la speculazione sulle case, acquisite in blocco da fondi di investimento e agenzie immobiliari, che, viste le tariffe più alte proposte per gli affitti stagionali e turistici, attuano spesso politiche che prevedono lo sfratto e l’espulsione di quei residenti in canone d’affitto.
Tra le varie richieste, le persone manifestanti hanno chiesto a gran voce di attuare politiche che rispettino i diritti della popolazione residente: imporre una tassa ecologica finalizzata alla conservazione del patrimonio naturalistico; una riconversione del turismo di massa verso un modello più giusto, solidale e sostenibile; la paralizzazione dei grandi progetti turistici; una transizione energetica sovrana e scevra dagli interessi delle multinazionali insieme al fomento dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca. Simultaneamente le migliaia di persone presenti hanno criticato aspramente l’utilizzo delle risorse dell’isola, come l’acqua destinata all’irrigazione dei campi da golf, in un contesto territoriale che a più riprese ha sofferto problemi e rischi di siccità.
Intorno alle 11 del mattino quasi centomila persone hanno presenziato alla manifestazione convocata a Santa Cruz de Tenerife. «Ci hanno detto che viviamo di turismo, ma è già da decenni che il turismo vive di noi. Questo modello sta rubando le nostre vite, sta seppellendo la nostra terra sotto il cemento, deteriorando i nostri spazi naturali di maggior valore, privatizzando i benefici e lasciando a noi le perdite. E adesso sta anche colonizzando i nostri quartieri e ci sta espellendo dai nostri paesi e dalle nostre città». Con queste parole la piattaforma organizzatrice della protesta Canarias tiene un límite ha espresso il proprio dissenso davanti ad una situazione sociale critica. Nel manifesto, letto davanti alle migliaia di persone accorse per la protesta, si criticano aspramente le istituzioni del territorio, responsabili di aver dato il via libera alla costruzione di stabilimenti e alberghi di lusso in tutto l’arcipelago, occupando tanto l’entroterra quanto le poche aree litorali ancora libere dallo sfruttamento di suolo pubblico.
«Siamo in una situazione di emergenza idrica, energetica, abitativa e climatica, che sono la conseguenza dello stesso problema e segnano l’evidenza dell’insostenibilità del modello economico canario, basato sulla crescita infinita in un territorio sensibile e limitato, mettendo a rischio la vita delle generazioni presenti e future» denunciano ancora dalla piattaforma.
Non solo Santa Cruz de Tenerife, anche a Las Palmas de Gran Canaria almeno quarantamila persone si sono radunate per protestare contro un modello predatore e dannoso per il l’arcipelago. A Fuerteventura la manifestazione si è concentrata sulla protezione degli spazi archeologici e naturalistici, oltre che sulla difesa del diritto all’abitare. Segnalano infatti che in alcuni paesi più del 40% del parco abitativo è destinato alla ricezione turistica, fatto che obbliga i residenti a vivere in soluzioni provvisorie, come camper, automobili e container. Anche a La Gomera, Lanzarote, Valverde e La Palma migliaia di persone hanno accolto l’invito a manifestare; nel capoluogo dell’omonima isola di La Palma, la popolazione ha lamentato una situazione di grave crisi abitativa, alla quale si aggiunge il disastro causato dalle eruzioni vulcaniche del 2021.
A poco meno di un anno dalle ultime manifestazioni convocate nell’arcipelago canario contro un modello turistico che colonizza i territori ed espelle i residenti, la popolazione reitera il proprio dissenso davanti a politiche che sembrano voler difendere gli interessi delle multinazionali e dei grandi proprietari. Davanti ai dati che confermano un afflusso turistico sempre maggiore nel territorio spagnolo, i residenti hanno scelto di scendere in strada e protestare, quantomeno prima che sia troppo tardi.