sabato 17 Maggio 2025

Una sentenza ha riconosciuto il collegamento tra PFAS e il decesso di un operaio

Con una sentenza storica, per la prima volta un tribunale italiano ha riconosciuto un collegamento diretto tra la morte di un lavoratore e l’esposizione prolungata ai PFAS, sostanze chimiche classificate come pericolose per la salute umana e per l’ambiente. A emettere il verdetto è stato il Tribunale di Vicenza in relazione al caso di Pasqualino Zenere, ex dipendente della Miteni di Trissino, che per oltre un decennio è stato impiegato nel trattamento delle acque reflue ed è poi deceduto nel 2014 per un tumore alla pelvi renale. Gli eredi di Zenere avevano fatto causa all’Inail e, dopo una lunga battaglia nelle aule giudiziarie, il Tribunale ha dato loro ragione. Questa pronuncia potrebbe costituire un precedente significativo, mentre volge al termine il processo che vede imputati i dirigenti della Miteni per disastro ambientale.

Nello specifico, il Tribunale ha confermato che Zenere sarebbe deceduto a causa dell’esposizione ai PFOA e PFOS, che l’uomo ha inalato e ingerito e che sarebbero entrati a contatto con la sua pelle durante l’orario lavorativo. «La documentazione riguarda sia le mansioni di lavoro svolte sia il nesso tra queste e la malattia che ha portato al decesso – ha spiegato l’avvocato Adriano Caretta, legale dei familiari di Zenere –. Questa sentenza non agisce sulle responsabilità, ma sulla correlazione tra lavoro e malattia: la materia è di natura previdenziale e attiene appunto a quelli che sono i diritti previsti dalla tutela Inail». Questo storico verdetto, che per la prima volta in assoluto certifica in modo chiaro e documentato il legame tra i PFAS e un caso specifico di decesso per tumore, arriva mentre, sempre a Vicenza, è agli sgoccioli il processo ai 15 ex dirigenti della Miteni, imputati per disastro ambientale a causa della contaminazione della falda acquifera nelle province di Vicenza, Padova e Verona, che ha coinvolto almeno 350mila persone. La Procura alla Corte d’Assise di Vicenza, al termine di una lunga e dettagliata requisitoria, lo scorso febbraio ha chiesto 121 anni e 6 mesi di carcere complessivi per nove dei quindici imputati. Se la sentenza confermasse l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri, potrebbe diventare una pietra miliare nella giurisprudenza ambientale, segnando un precedente per la responsabilità delle multinazionali nell’inquinamento di interi territori.

Studi scientifici dimostrano che i PFAS – sostanze di sintesi utilizzate in molti processi industriali e prodotti di consumo – possono provocare danni al sistema endocrino, al fegato, alla tiroide, al sistema immunitario e alla fertilità. Alcuni PFAS, come il PFOA e il PFOS, sono stati classificati come cancerogeni o possibili cancerogeni. Lo scorso 13 marzo, il governo ha dato il via libera a un Decreto Legge urgente, attualmente al vaglio del Parlamento, volto ad abbassare i livelli permessi di PFAS nelle acque potabili e a inserire limiti per il TFA (acido trifluoroacetico), molecola della classe dei PFAS fino a oggi non soggetta a restrizioni. Il decreto è stato approvato in seguito alla diffusione dei risultati dell’indagine indipendente “Acque senza veleni”, condotta dall’organizzazione ambientalista Greenpeace tra settembre e ottobre 2024, che ha portato alla creazione della prima mappa nazionale della contaminazione da PFAS. Nello specifico, la ricerca ha attestato che, nel nostro Paese, il 79% dell’acqua potabile è contaminato da PFAS: dei 260 campioni raccolti in 235 città di tutte le regioni e province autonome, infatti, ben 206 contengono queste sostanze tossiche.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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