mercoledì 11 Dicembre 2024

Cos’è la Matematica e perché due più due non fa sempre quattro

Che cos’è la Matematica? Nonostante i vari tentativi di rispondere questa domanda si susseguano da millenni, spesso si sente definirla nel classico “2+2 fa 4”, mentre qualcun altro potrebbe affermare che la matematica sia solo algebra, analisi o geometria. Tuttavia, la Matematica non si riduce affatto all’affermazione ‘2+2 fa 4’, ma consiste piuttosto nel porsi in un ‘ambiente’ e stabilire delle ‘regole’ con cui operare. Tutti conoscono il detto “la Matematica non è un’opinione” ma ciò, al contrario da quanto fissato ormai da troppo tempo nell’immaginario collettivo, non implica che, in un certo senso, i risultati delle operazioni non siano opinabili: infatti, basta pensare che ogni branca della Matematica si basa su assiomi e concetti primitivi, ed è anche per questo che, filosoficamente, risulta impossibile dare spiegazione di tutto, visto che si procederebbe dimostrando all’infinito e non si avrebbe mai argomentato davvero. Ne consegue che fa parte dei limiti umani, quindi, stabilire un punto di partenza. Che questo poi si evolva nell’affermare che il successivo di un numero naturale sia un numero naturale o nel concetto della parola “mamma” poco importa. C’è sempre un inizio, un’origine inspiegabile e indimostrabile da cui si proviene e da cui si procede. Applicare ciò alla Matematica (e quindi a tutto ciò che deriva da essa), pertanto, significa riconoscere l’unica cosa che sappiamo veramente è che se ci trova in determinate circostanze, se assumiamo come veri alcuni assiomi essenziali, allora si hanno determinate conseguenze, come il fatto che due più due fa quattro. È quindi l’implicazione, il passaggio e la dimostrazione la verità. Questo è ciò che non è opinabile, non la tesi basata su punti di partenza infinitamente discutibili.

Infatti, due più due non fa sempre quattro, visto che se al posto del classico “ambiente” dei numeri naturali ci si sposta in altri campi numerici di fatto non è così. Si consideri per esempio l’insieme additivo (o più precisamente, il gruppo) formato solo dai possibili resti di un qualsiasi numero naturale diviso per quattro. Gli elementi saranno proprio quattro: la classe zero (comprendente tutti i numeri divisibili per quattro), la classe uno (che corrisponde al resto fornito da numeri come 5, 9, 13…), la classe due (il resto fornito da numeri quali 6, 10, 14…) e la classe tre (il resto fornito dai numeri come 7, 11, 15 e così via se divisi per 4). Ponendoci in questo ambiente quindi, ci si trova in un insieme finito composto dalle classi 0,1,2,3 e si nota proprio che alcune operazioni forniscono risultati diversi da ciò che ci si aspetterebbe nei numeri naturali. Classe due più classe due infatti fa zero e non quattro, visto che un numero che diviso per quattro dà resto due sommato ad un suo simile diventa un numero divisibile per quattro, ovvero un numero appartenente alla classe dei “resti zero”. Analogamente, è verificabile che in questo insieme 3 + 2 fa 1, 3 + 3 fa 2 e così via.

Ma qual è allora il senso di studiare la Matematica? Perché si dovrebbe riflettere e ragionare riguardo a tesi dipendenti da vincoli prefissati? È evidente che la risposta la fornisce la Scienza, intesa come studio della realtà attraverso l’utilizzo di metodi empirici. Studiare ciò che (supponiamo) ci circonda attraverso la tecnica creata dall’uomo e scoprire che il reale percepito risponde a leggi ed implicazioni matematiche ha un’importanza fondamentale: che senso avrebbe dedicare un’intera vita allo studio di assiomi che, alla fine, restano opinabili e non incontrovertibili? In questo modo, si potrebbe aver trascorso l’intera esistenza studiando solo una o poche possibilità di come può essere strutturata la realtà a noi percepibile. Potremmo aver appreso per millenni le implicazioni derivate da soltanto una tra le infinite combinazioni (si pensi per esempio ai diversi tipi di geometrie o di logiche) di assiomi accettabili come punto di partenza: potremmo quindi aver esaminato solo un caso sull’infinito dei possibili, e il tutto senza la garanzia di averci azzeccato per davvero. Attraverso la Scienza, invece, scopriamo che la percezione di ciò che ci circonda è prova delle conseguenze di tali assiomi e che questi, quindi, sembrano piuttosto accettabili come principi veri a priori. Come disse Leopold Kronecher: «Dio creò i numeri naturali, tutto il resto è opera dell’uomo», e attraverso il metodo scientifico si scopre che ciò che ci circonda “tende” proprio alla Matematica, la quale è intesa come precisione ma allo stesso tempo fondata su assiomi e concetti primitivi – quindi difficilmente definibili a priori – come numero naturale, insieme, punto, piano e retta. Tutto questo, quindi, trova un senso grazie alla Scienza, la quale costituisce la prova che, probabilmente, siamo nella giusta direzione.

E quindi? Dov’è la Matematica intorno a noi? Se essa non consiste solo nel fare calcoli e dimostrazioni, dove possiamo trovarla nella quotidianità? Ebbene, si potrebbe affermare che anche quando spieghiamo un concetto aiutandoci con similitudini stiamo facendo Matematica. Fare un paragone può essere visto come fare un morfismo visto che nelle similitudini, proprio come nei morfismi matematici, c’è un’idea di trasformazione o collegamento tra due entità che conserva qualcosa di essenziale o significativo. Si potrebbe addirittura iperbolicamente affermare che, per certi versi, i nostri genitori rappresentano il nostro sistema di riferimento, ma si potrebbe ragionare persino su qualcosa di più popolare: che cos’è la Musica? Essa non è forse la purezza della Matematica che si fa concreta? Non è per questo che la amiamo tutti così indistintamente ed istintivamente? Si pensi al fatto che una canzone con la ritmica formata da un battito ogni secondo per un minuto molto probabilmente non sarà la vostra canzone preferita. Per quale motivo? Perché in essa non percepite la creatività.

Fare Musica, quindi, non è forse partizionare il tempo e il suo scorrere, per noi assoluto, in modo creativo e originale? Ascoltare Musica non è forse cogliere, attraverso colpi d’arte eccezionali, il modo in cui sono stati divisi quegli attimi dal compositore e dedicare una parte della propria vita alla percezione di quella creatività? Non si tratta forse della stessa creatività che risolve i problemi apparentemente più complessi, semplicemente addizionando e sottraendo la stessa quantità, scrivendo un “qualcosa” come “e^ln(qualcosa)” o, appunto, partizionando in modo creativo per raggiungere un certo scopo? In effetti, il piacere del matematico che osserva quanto sia facile risolvere problemi apparentemente difficili con la giusta creatività è simile a quello di chi ascolta la sua canzone preferita: non solo non si riesce a smettere di pensare a come l’autore sia riuscito a frammentare lo spazio in quel modo e con quelle note, ma ci si fissa inconsciamente proprio con quel modo di partizionare in modo divertente e originale qualcosa che ci spaventa costantemente, ovvero l’inesorabile scorrere del tempo.

Non è forse solo nella nostra mente il concetto di cerchio? Non è forse vero che possiamo spiegarlo e descriverlo, ma appena proviamo a disegnarlo esso si trasforma in imperfezione ed errore? Non siamo forse abituati a concepire la verità Matematica solo nell’astratto, confinata nella nostra mente? La Musica è il controesempio a tutto ciò: essa è creatività, Matematica e purezza che si fanno strada nel mondo imperfetto del concreto, rappresentando la perfezione nell’imperfezione. Per questo si dovrebbe amare la matematica non meno di quanto si ami già la musica: entrambe ci insegnano che la perfezione non si manifesta nell’assenza di difetti, ma nel tentativo di trascenderli.

[Tratto dal libro “Covid. Diamo i numeri?” di Roberto Demaio, Dottore in Matematica e redattore de L’Indipendente]

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