venerdì 10 Maggio 2024

A Taiwan vince la continuità del fronte pro-Occidente

Lai Ching-Te, leader del Mínjìndǎng, il Partito Progressista Democratico, ha vinto le elezioni presidenziali di Taiwan ottenendo il 40,05% dei voti (5,586,019), distaccando di sette punti il rivale del Kuomintang Hou Yu-Ih che ha raccolto il 33,49% delle preferenze (4,671,021). Il candidato indipendente Ko Wen-Je, rappresentante del Taiwan’s People Party, si è fermato invece al 26,46% (3,690,466 voti). L’affluenza, in calo rispetto alle scorse tornate elettorali, si è attesta intorno al 70%. I risultati non si sono discostati particolarmente dai sondaggi che durante la campagna elettorale hanno previsto la vittoria del candidato progressista, ma resta da vedere, adesso, l’equilibrio parlamentare in seguito alle elezioni legislative. Difatti, dopo otto anni, il DPP ha perso la maggioranza assoluta in Parlamento. In seguito al conseguimento di 52 seggi da parte del Kuomintang, uno in più rispetto ai democratici, risulterà estremamente rilevante il ruolo del TPP nella formazione del nuovo governo.

Dopo una campagna elettorale segnata dall’influenza indiretta della Repubblica Popolare Cinese, il popolo taiwanese ha confermato l’intenzione di continuare per altri quattro anni sotto la guida del partito progressista. Intorno alle 20 (ora taiwanese), dopo lo spoglio di più del 90% dei voti, il primo a pronunciarsi sul risultato è stato il candidato nazionalista. Ammettendo la sconfitta, Hou Yu-Ih si è scusato con il suo elettorato per la sua “incapacità di fermare il DPP e formare un governo”.  Ha inoltre augurato un buon lavoro al suo rivale, incitandolo ad “ascoltare la voce del popolo”.

Simultaneamente si è pronunciato anche il leader del TPP. Dichiarandosi soddisfatto del lavoro compiuto, Ko Wen-Je, si è soffermato sull’ottimo risultato di un partito sostenuto da piccole donazioni, che ha dimostrato di avere le capacità di tenere testa alle due formazioni principali e rompere il bipartitismo, affermando l’intenzione di continuare con il favore dei suoi elettori. A differenza del nazionalista, il popolare non ha menzionato il vincitore, né ha riconosciuto, di conseguenza, la sconfitta.

Infine, intorno alle 20:30 ha pronunciato il suo discorso Lai Ching-Te, davanti ad una gremita folla di sostenitori. Celebrando la vittoria, il candidato progressista ha sottolineato come il volere del popolo taiwanese abbia espresso un desiderio di democrazia contro l’autoritarismo, che deve essere un forte richiamo verso la «comunità internazionale». Inoltre, annunciando l’inizio di un nuovo capitolo per la democrazia taiwanese, Lai si è soffermato sull’impatto del volere del popolo, anche contro le denunciate intromissioni a queste elezioni attuate dalla Repubblica Popolare Cinese.

Spoglio all’interno di un seggio elettorale a Houlong, Contea di Miaoli. [Foto di Armando Negro]
In questa tornata elettorale, oltre alla presidenza del paese, la popolazione ha espresso le proprie preferenze sullo Yuan Legislativo, il parlamento monocamerale taiwanese composto da 113 membri. I risultati hanno decretato il Kuomintang vincitore con 52 seggi, secondo il Partito Progressista Democratico con 51, in netto calo rispetto alle elezioni del 2020, e terzo, con 8 seggi, il Taiwan’s People Party. Nonostante il risultato dei nazionalisti, nessuno dei tre partiti ha raccolto il numero sufficiente di seggi, 57, necessari per ottenere la maggioranza assoluta, come non succedeva dal 2004.

Di conseguenza, nei prossimi giorni, si prevede la possibilità di un’alleanza tra le due forze conservatrici, finalizzata a contrastare la leadership dei democratici. Questo risultato invita a riflettere sul ruolo che Ko Wen-Je, ha avuto sull’esito delle presidenziali. Dopo aver rinunciato a correre alla presidenza con il KMT, ha di fatto smorzato l’unica possibilità che i nazionalisti avevano di contrastare il partito dell’ex vicepresidente Lai.

La vittoria del Mínjìndǎng, primo partito nella storia democratica del paese ad ottenere tre mandati di fila, ha dimostrato il desiderio dei taiwanesi di dare fiducia ad un partito che ha cercato di inserire l’isola di Formosa nello scenario internazionale, attraverso nuove relazioni commerciali, economiche e politiche. Sicuramente la volontà di mantenere lo status quo e staccarsi gradualmente dall’influenza commerciale e militare cinese è emersa dalle croci apposte sulle schede elettorali. Resta da vedere quanto a lungo il governo avrà la possibilità di agire indisturbato.

[di Armando Negro – corrispondente da Taiwan]

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