venerdì 3 Maggio 2024

La norma europea sull’intelligenza artificiale inizia a essere in dubbio

L’Artificial Intelligence Act (AI Act) approvato dal Parlamento questa estate ha messo a disposizione della classe politica un’impalcatura legislativa d’avanguardia. In un contesto in cui lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è perlopiù avvolto da una deregolamentazione selvaggia, il pacchetto normativa proponeva di imporre un necessario giro di vite alle aziende prima che finissero con l’imporre alle istituzioni un modello economico e digitale potenzialmente tossico per i cittadini e per i diritti umani. Stando a come sta evolvendo il dibattito, le istituzioni potrebbero essere arrivate troppo tardi.

Nonostante il Consiglio europeo abbia impiegato circa un anno per stendere una proposta normativa che fosse solida, capillare e condivisa, il viaggio dell’AI Act non è affatto terminato con la sua approvazione. Negli ultimi mesi, il codice è stato assoggettato al trilogo, ovvero è divenuto il protagonista di un vivace confronto tra Consiglio, Parlamento e Commissione europea. In sostanza, la proposta di legge è stata strappata dal mondo platonico delle idee per essere immersa in una realpolitik fatta di interessi e ossessioni contrastanti, dando vita a un confronto capriccioso e che potrebbe svilire tutti gli sforzi fatti fino a oggi.

A porre in bilico la solidità del piano è la definizione delle leggi che dovranno condizionare i foundation models, quei modelli di apprendimento di base che vengono adoperati per alimentare i prodotti digitali quali ChatGPT o DeepMind. Nessuno sembra essere infatti d’accordo sul come questi debbano essere catalogati. In occasione dell’ultimo incontro tecnico – tenutosi il 10 novembre 2023 – diversi politici hanno esplicitato che l’iniziale proposta dell’AI Act sia tutt’altro che raccomandabile, poiché la catalogazione normativa prevista per i “modelli di base di grandi dimensioni” potrebbe finire con il compromettere l’innovazione e la competitività nei confronti delle potenze straniere.

La Spagna, la quale presiede attualmente i colloqui tra Stati membri, ha cercato di introdurre un compromesso avanzando l’idea di un approccio più “soft” che non fosse incentrato sulle limitazioni, ma sulla vigilanza e sulla verifica. Quella proposta era una soluzione graduale e multi-livello, elastica e che a ben vedere andava a gambizzare l’offerta USA in favore del Mercato locale, tuttavia simili concessioni non sono bastate a far felici tutti. Diverse nazioni del gruppo tecnico delle Telecomunicazioni e società dell’informazione hanno fatto pressioni perché i modelli generativi siano del tutto esentati dalle derive più castranti dell’AI Act. Tra i rappresentanti contrari si sono fatti notare per peso diplomatico i referenti di Francia, Germania e Italia.

Le osservazioni mosse dai politici riecheggiano immancabilmente le contestazioni promosse dalle lobby imprenditoriali, le quali si stanno impegnando a far sì che lo sviluppo tecnico delle IA sia esentato da regole e che l’attenzione sia piuttosto depistata sull’uso finale dei modelli fondazionali. Diversamente, sostengono coralmente imprese e alcuni diplomatici, verrà meno lo stimolo a sperimentare, con il risultato che non sarà possibile tenere testa ai progressi tecnici di Cina e Stati Uniti. Un’osservazione valida, ma che si scontra con una dose non indifferente di conflitto d’interessi. Risulta infatti difficile non notare che tra le aziende europee più ambiziose all’interno del panorama delle intelligenze artificiali figurino Mistral, startup capitanata dall’ex Segretario di Stato francese Cédric O, e Aleph Alpha, azienda che ha l’esplicito endorsement del Governo tedesco.

L’esecutivo europeo è agli sgoccioli, pertanto resta poco tempo per finalizzare l’AI Act. La data prevista per l’ultimo trilogo è il 6 dicembre, se per allora non si sarà trovata una quadra non resterà che attendere che i Ministri prossimi venturi si insedino, quindi che ridiscutano nuovamente la questione, una prospettiva che potrebbe ritardare di mesi, se non di anni, l’integrazione delle leggi all’interno del tessuto normativo vigente. Il mese di novembre rappresenta pertanto una corsa contro il tempo, con alcuni osservatori che temono che, pur di trovare un compromesso, i politici decidano di formalizzare un pacchetto legislativo tanto smussato da essere inefficiente e inutile.

[di Walter Ferri]

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