martedì 23 Dicembre 2025

Partono più migranti se ci sono le ONG in mare? Uno studio smonta la teoria del ‘pull factor’

La presenza di navi da salvataggio delle ONG nel Mar Mediterraneo Centrale è da tempo definita un fattore di attrazione (pull factor) per i migranti provenienti dall’Africa. Quest’idea, basata più su un sentimento di senso comune che su evidenze pratiche, ha contribuito alla crescente criminalizzazione delle navi private che effettuano salvataggi su questa rotta, che continua ad essere la più mortale al mondo. Uno studio, basato sulla comparazione tra i numeri delle partenza e l’attività contemporanea delle navi ONG,  condotto da un gruppo esperti di migrazioni e di sicurezza internazionale e pubblicato sulla rivista Nature, smonta questa tesi. Secondo i ricercatori, infatti, mentre è provato che le politiche di respingimento influenzino i flussi migratori, deviandone di volta in volta le rotte, le operazioni di ricerca e salvataggio “non hanno prodotto una differenza discernibile tra il numero di tentativi di attraversamento osservato e quello controfattuale previsto”.

Non la causa ma l’effetto

Il numero di migranti portato in salvo dalle navi delle ONG nel Mediterraneo Centrale è residuale rispetto a quello dei migranti salvati dalle navi della Guardia Costiera e degli organi preposti alle operazioni di ricerca e salvataggio (SAR). Nonostante ciò, queste vengono spesso additate come principale fattore di attrazione per coloro che attraversano questa rotta per giungere in Europa – suggerendo, in qualche caso, anche l’esistenza di rapporti diretti con i trafficanti di esseri umani. Il tema delle migrazioni che attraversano il Mediterraneo è centrale per la politica (che fa uso dei numeri per fomentare un cosiddetto “allarme invasione”) ed estremamente controverso, dal momento che i migranti costituiscono una preziosa merce di scambio negli accordi bilaterali internazionali. La criminalizzazione delle ONG, in particolare, è stata centrale nella retorica di numerosi dei governi recenti, dalle politiche migratorie di Matteo Salvini a quelle dell’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Lo studio condotto da un gruppo di esperti in materia di migrazione e sicurezza internazionale, apparso recentemente su Nature sembra ora contraddire definitivamente questa teoria. Per realizzarlo, i ricercatori hanno preso in considerazione il periodo di tempo che va dal 2011 al 2020, durante il quale si sono verificati cambiamenti chiave per le operazioni di SAR. In particolare, il primo periodo risale all’inizio dell’operazione Mare Nostrum, la più grande operazione SAR guidata da uno Stato (l’Italia) nella storia europea, svoltasi tra il 18 ottobre 2013 e il 31 ottobre 2014. Alla sua chiusura è seguita l’operazione Triton, tuttavia le dimensioni e il livello di sistematicità delle operazioni era qui notevolmente ridotto. In questo periodo, il secondo preso in considerazione dalla ricerca, si è registrato un aumento dell’attività di salvataggio delle navi ONG. Il terzo periodo, iniziato il 1° gennaio 2017, è segnato dall’estensione dell’area marittima di ricerca e salvataggio libica e dal crescente ruolo della Guardia costiera libica nei respingimenti. Questo è il periodo in cui l’approccio securitario diventa dominante, con lo slittare dell’attenzione dal salvataggio dei migranti in mare all’osservanza delle leggi in materia di deterrenza della migrazione irregolare, con l’inclusione di politiche di esternalizzazione e controllo delle frontiere. In questo contesto ha inizio l’esplicita criminalizzazione delle ONG, accusate di essere fattore di attrazione per le migrazioni e di facilitare le attività dei trafficanti: per coloro che sostengono questa tesi, è questo il motivo per il quale, tra il 2013 e il 2016, si registra un’impennata nel numero degli sbarchi. Secondo lo studio, si tratta di conclusioni derivanti dalla teoria dei pull factor delle migrazioni, ovvero caratteristiche strutturali e sociali che incentivano i soggetti a migrare in una determinata regione (mentre siccità, guerre, povertà e così via sono stati identificati come push factors).

I ricercatori hanno evidenziato come gli studi effettuati suggeriscano “che le operazioni di ricerca e salvataggio condotte dallo Stato e dai privati non coincidono con l’aumento dei tentativi di attraversamento” ma che, in genere, queste “sono avvenute dopo che è stato osservato un aumento del flusso migratorio, rendendo le operazioni di salvataggio l’effetto e non la causa dell’aumento iniziale, compromettendo così qualsiasi affermazione causale”. Le operazioni SAR, dunque, si intensificano dopo che viene registrato un aumento degli sbarchi – e, di conseguenza, delle morti in mare.

Le politiche SAR europee

Di fatto, considerato l’esito dello studio di Nature, è facile intuire come le navi delle organizzazioni private abbiano più che altro tentato di riempire gli spazi lasciati vuoti dalle istituzioni nazionali e sovranazionali. Nonostante il diritto internazionale imponga l’obbligo di soccorrere le persone o le imbarcazioni che si trovino in pericolo in mare, infatti, a livello europeo non esiste ancora un quadro legislativo unico di coordinamento delle operazioni SAR (fatta eccezione per le operazioni congiunte condotte da Frontex). Nonostante numerosi Stati Membri abbiano più volte lamentato la mancanza di una politica unica in merito, la Commissione Ue ha sempre ribadito che le operazioni SAR non sono di competenza dell’Unione. Una tale mancanza di coordinazione, unita alla progressiva criminalizzazione delle navi private che operano per rimediare ai buchi lasciati dalle istituzioni, ha fatto sì che moltissimi migranti rimanessero per giorni alla deriva, in alcuni casi perdendo anche la vita (come recentemente successo con il naufragio al largo delle coste tunisine). Eppure, sono moltissimi gli studiosi concordi nell’affermare che una gestione coerente, a livello europeo, delle operazioni SAR sarebbe funzionale al salvataggio di un maggior numero di persone in mare, oltre a semplificare le eventuali attribuzioni di responsabilità penali in caso di incidenti. Come ricordato in un documento redatto dal Parlamento europeo, tra il 2015 e il luglio 2022 sono state salvate oltre 580 mila persone in mare, ma 24 mila hanno perso la vita, una media di 8 persone al giorno (va notato come tale numero sia potenzialmente enormemente sottostimato, dal momento che non è possibile effettuare il conteggio esatto dei corpi ingoiati dalle acque del Mediterraneo).

L’Italia non è l’unica a mettere in atto una politica di criminalizzazione contro le ONG: il Parlamento Ue ricorda infatti come siano ben 60 i procedimenti contro le imbarcazioni private avviati da Germania, Grecia, Spagna, Malta, Paesi Bassi, insieme al nostro Paese, a partire dal 2016. Tra le motivazioni principali che davano origine alle cause vi sono “il numero eccessivo di passeggeri, parti delle navi che non funzionavano correttamente, la presenza di un numero eccessivo di giubbotti di salvataggio a bordo o l’inadeguatezza dei sistemi fognari al numero di persone potenzialmente soccorribili” e per “creare inquinamento ambientale”. E anche quando le navi sono riuscite a portare a termine con successo i salvataggi, spesso le autorizzazioni ad effettuare lo sbarco in un porto hanno tardato ad arrivare, aggravando il disagio delle persone a bordo. Solamente nel giugno dello scorso anno è stato di 3.716 il numero dei migranti che hanno dovuto attendere per giorni sulle navi prima di poter essere autorizzati a scendere. Di questi, quasi mille erano bambini.

Un rapporto del 2021 dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR) ha sottolineato come politiche di questo genere, volte a complicare e criminalizzare l’intervento delle navi delle ONG (e messe in pratica soprattutto da Italia e Malta), hanno avuto “conseguenze mortali per adulti e bambini in cerca di sicurezza”. Scelte di questo genere, riferisce il rapporto, sono conseguenza diretta “di decisioni politiche e pratiche concrete da parte delle autorità libiche, degli Stati Membri e delle istituzioni dell’Ue e di altri attori che si sono uniti per creare un ambiente in cui dignità e diritti umani dei migranti sono ad alto rischio”. Dopo la chiusura dell’operazione Mare Nostrum, avvenuta nel 2014, non sono più state realizzate iniziative simili, per numero di migranti salvati e per organizzazione. Nemmeno con l’operazione Sophia dell’EUNAVFOR MED (European Union Naval Force in the Mediterranean), la quale aveva comunque contribuito a salvare decine di migliaia di vite ed era stata chiusa definitivamente nel 2019.

Tutti questi elementi concorrono nel rendere il Mediterraneo centrale la rotta più mortale al mondo. “Dal 2014, le navi di soccorso civili stanno riempiendo il vuoto che gli Stati europei hanno deliberatamente lasciato con l’interruzione delle proprie operazioni SAR” hanno dichiarato diverse organizzazioni impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo in un appello congiunto contro l’ultimo decreto approvato dal governo Meloni, volto proprio a criminalizzarne ulteriormente l’attività nel Mediterraneo.

Inversione di rotta?

Ironicamente in questi giorni, a fronte dell’impennata di sbarchi registrati (il numero è il più alto dal 2016), sono state proprio le istituzioni italiane a decidere di fare affidamento sulle ONG per portare a termine le operazioni SAR. In un tweet pubblicato lo scorso 12 agosto, infatti, SOS Mediterranée ha riferito di aver fatto sbarcare ben 369 persone a Porto Empedocle, “come richiesto dalle autorità italiane”. Pochi giorni prima, era stato il turno di una nave di Open Arms.

Indubbiamente, un governo che non intende minimamente investire nel sistema di accoglienza non può far fronte ad un aumento della pressione sulle strutture di prima accoglienza. Basti pensare al notevole ridimensionamento che ha subito l’intero sistema a seguito dei cosiddetti “decreti sicurezza” voluti da Salvini, allora ministro dell’Interno, nel 2018. O al fatto che, nonostante la perenne condizione di sovraffollamento, l’hotspot di Lampedusa continui a contare soli 400 posti, rendendo di fatto il “collasso” una condizione strutturale. I salvataggi in mare portati a termine in maniera indipendente dagli operatori privati mal si coniugano con una politica che punta sugli accordi bilaterali per fermare le migrazioni. E a pagare il prezzo più alto in questo Risiko spietato sono, ancora, le persone che muoiono nelle acque del nostro mare.

[di Valeria Casolaro]

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16 Commenti

  1. Ma queste navi private chi le sovvenziona?
    Si perché armare una nave, costi manutenzione, carburante e equipaggio vista diversi soldi, chi sarebbero i filantropi che Armani queste navi o ci sono verità nascoste che non conosciamo ma che possiamo cominciare a supporre?

  2. Buongiorno gentili lettori,
    Non era possibile inserire, nello spazio limitato di un focus, tutti i temi indicati nei commenti, motivo per il quale mi sono limitata ad approfondirne uno in particolare. Segnalo, tuttavia, che vi è un intero Monthly Report dedicato proprio al tema delle migrazioni, che ne approfondisce i vari aspetti da voi citati (e molti altri) in diverse inchieste e interviste. È disponibile a questo link: https://shop.lindipendente.online/product/l-eterna-emergenza

    Valeria Casolaro

  3. Si parla di uno studio ”condotto da un gruppo esperti di migrazioni e di sicurezza internazionale e pubblicato sulla rivista Nature”. La domanda è chi ha finanziato questo studio? Ci sono esperti con conflitti di interesse ? Siamo alle solite: la Scienzah…. Mah… Il tema è chi finanzia le ONG? Perchè i migranti scappano dalle loro terre. Chi sono i paesi che creano situazioni di disordine ed invivibilità nei paesi africani? Chi sono gli scafisti? Chi li finanzia e supporta? Ci sono studi sui periodi in cui le ONG non erano presenti ? Ci sono studi su che vita fanno i migranti una volta usciti dai centri di accoglienza? Personalmente mi aspetto da un giornale indipendente che affronti il tema con maggiore approfondimento ed obiettività, affrontando il tema a 360 gradi, senza cadere nella solita versione che ci propinano quotidianamente i mezzi di comunicazione finanziati da Soros e suoi adepti, Ursula compresa.

    • Analisi perfetta.
      Comunque penso che qualsiasi pesona con la testa sulle spalle, abbia capito dove vogliono arrivare ( distruggere lo stato sociale del cittadino Italiano ).

    • Ho fatto le stesse domande su chi sovvenzione le ONG. Un mio amico dice che sono d’accordo con gli scafisti, non so come potrebbero ma ci sono verità nascoste

  4. Premetto, a scanso di mal interpretazioni del mio commento, che ogni essere che muore annegato nel tentativo di attraverssare il mare, sia il risultato di gravi errori compiuti altrove, ed è comunque una sconfitta. A differenza del precedente commento “non voglio dubitare degli studi fatti, prendendoli per buoni”. La “specializzazione” degli articoli a mio avviso fa perder di vista l’insieme; per esempio, le cause della fine dei programmi di salvataggio (monetari, politici, programmati, ecc???). Mi auguro che avendo gettato un sasso in questo mare orrendo, la brava Valeria Casolaro dia un seguito andando a cercare per me cittadino ignorante, ma penso di essere in compagnia, anche le motivazioni di questo dramma senza tregua.
    Buon lavoro.

  5. Ancora una volta un articolo a tesi, pieno di buonismo….perche’ non scriviamo di chi paga le imbarcazioni delle ong? Una nave costa parecchio in manutenzione, carburante, personale…E ovviamente chi ci lavora si sente un eroe senza macchia perche’ ha trasbordato delle persone da una costa all’altra…i problemi sociali poi di convivenza tra noi e chi arriva non li riguardano perche’ “tocca allo stato farci fronte”: non tutte le religioni e le culture sono integrabili, e quando con fatica inizi il lungo lavorio dell’integrazione ne arrivano subito altre migliaia che ti riportano al punto di partenza…e cosi’ i dati sono che il 44% degli stupri e’ compiuto da extracomunitari, contro una loro presenza percentuale di solo il 7%; e poi ci sono i reati contro il patrimonio, l’insicurezza sociale, la consapevolezza che il nostro sistema giudiziario ipergarantista viene letto come “in Italia puoi fare quello che vuoi”…
    Sarebbe ora di smetterla con questi articoli, che per ragioni che non comprendo, puntualmente appaiono…

  6. Una cosa è sicura. Di tutti i soldi che i cittadini pagano in tasse, sono ben pochi quelli che il governo spende per i cittadini che le pagano.

  7. Dunque lo studio praticamente è basato soprattutto sul fatto che le azioni delle ONG “non hanno prodotto una differenza discernibile tra il numero di tentativi di attraversamento osservato e quello controfattuale previsto” (e sottolineo previsto), se non erro. Inoltre afferma che le operazioni delle ONG aumentano a seguito dell’aumento dei flussi migratori (cosa perfettamente sensata e probabilmente vera), con l’obiettivo di dimostrare che non è la presenza della ONG di turno che fa aumentare i suddetti flussi, bensì il contrario, con una logica quantomeno fallata a mio parere, che non esclude in alcun modo che tali ONG rappresentino un fattore che può fare apparire la traversata più affrontabile e meno pericolosa di quello che è in realtà.
    Tutto ciò (insieme al fatto che ormai sappiamo purtroppo che valore hanno alcuni studi, l’abbiamo ben visto durante la “pandemia”) mi fa dubitare parecchio e pensare che lo studio in esame faccia acqua da diverse parti.

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