mercoledì 1 Maggio 2024

A chi finisce l’otto per mille di chi non sceglie nessuna opzione?

Quello della dichiarazione dei redditi e della compilazione del modello 730 è un appuntamento annuale per milioni di italiani. Un momento che non si esaurisce, però, con la comunicazione al fisco delle proprie entrate. Il cittadino, oltre alla rendicontazione del reddito, è infatti chiamato a compiere delle scelte importanti per sé e per il resto della comunità. Ma non tutti, al momento della compilazione dei documenti, ne sono consapevoli. La legge prevede che ogni individuo dichiarante possa decidere di destinare altrove una quota delle proprie tasse, ma la cosa più importante da sapere è che anche chi non prende una posizione in realtà sta compiendo una scelta ben precisa.

Prendiamo il caso dell’8 per mille, cioè quegli 8 euro su ogni mille versati che lo Stato distribuisce in base alle scelte dei contribuenti, a partire dal 1985: in sede di dichiarazione ogni individuo può scegliere di destinare tale somma al sostentamento di enti religiosi – alla Chiesa cattolica o a una delle dodici confessioni religiose che detengono accordi con il Paese – o allo Stato stesso – che la utilizza per scopi di interesse sociale, come l’edilizia scolastica, o di carattere umanitario. Oppure può non esprimersi.

Per il 2023, fra i 41,5 milioni di dichiaranti italiani totali, ha espresso la propria preferenza il 40,5 per cento dei contribuenti. Di questi, la maggioranza (11,5 milioni) ha optato per sostenere la Chiesa cattolica. Significa che significa  la restante parte ha lasciato la casella vuota. Una ‘non scelta ‘ che finisce per ricadere su tutta la comunità, principalmente per un motivo: secondo il regolamento, la parte di denaro prelevata dal gruppo che non mostra preferenza deve essere distribuita in maniera proporzionale in base alla decisione del resto dei contribuenti. In pratica, anche se solo tre persone su dieci scelgono chi finanziare con la propria tassa, la quota delle altre sette persone viene comunque divisa in base alla preferenza degli altri.

Motivo per cui, nonostante negli ultimi dieci anni il numero di cittadini che si è espresso a favore della Chiesa cattolica sia diminuito (di circa il 9%), l’8 per mille finisce per esserle sempre assegnato in larga parte. Nel 2023 alla sua comunità sono stati destinati 1,41 miliardi di euro, cioè il 71 per cento dell’intero ammontare, impiegati principalmente per il sostentamento del clero e per altre pratiche definite “esigenze di culto”. Al contrario, invece, la Chiesa Valdese, terza beneficiaria di quest’anno in ordine di entrate economiche, con 42 milioni di euro, ha per esempio scelto con la propria quota di finanziare progetti di assistenza sociale e sanitaria, di integrazione e ambientali. Prima di lei, al secondo posto, compare lo Stato, con 331 milioni di euro.

Nonostante esistano altre forme contributive – come il 5 per mille, destinato a enti di ricerca, università, ospedali e organizzazioni no-profit e il 2 per mille, in favore di un partito politico – quello dell’8 per mille è uno dei temi più caldi quando si parla di imposte e contributi.

Se da una parte alcuni sostengono l’importanza della sua esistenza, che garantisce la sopravvivenza delle diverse confessioni religiose, dall’altra c’è chi mette in dubbio la validità del meccanismo proporzionale regolato dalla normativa e la laicità dell’intero sistema – un principio sancito dalla Costituzione -. Molte persone, quindi, ritengono che quel denaro – che finisce per essere impiegato in maniera discriminatoria se si tiene conto delle persone non credenti o di chi professa altri culti non riconosciuti – dovrebbe essere totalmente destinato allo Stato, così da essere impiegato per finalità di pubblica utilità: come l’ammodernamento degli ospedali, la ristrutturazione delle scuole e il rafforzamento delle infrastrutture. Tutti settori su cui attualmente il nostro Paese si trova piuttosto in difficoltà.

[di Gloria Ferrari]

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3 Commenti

  1. Anch’io ho sempre pensato che la redistribuzione secondo il criterio della proporzionalità in base alle scelte degli altri contribuenti è assolutamente ERRATA e non per l’utilizzo dei fondi ma molto più semplicemente perchè chi non fa nessuna scelta è sicuramente CITTADINO DELLO STATO e non fedele di una qualsivoglia religione, e basta la qualità di cittadino perchè in assenza di scelta l’8 per mille debba andare ALLO STATO.

  2. In Austria è più equo. Se dichiari di essere cattolico ‘DEVI’ versare una quota x, proporzionale al tuo reddito, alla chesa cattolica. Se ti dichiari ateo te li tieni in tasca. Se, in modo distratto, ti sei dichiarato cattolico ma non vuoi più pagare è sufficiente che ti fai scomunicare (procedimento piuttosto semplice) e non paghi più. L’Italia è come Paolino Paperino. Lui fa di tutto per non lavorare, l’Italia (quelli del Palazzo) fa di tutto per prendere per sfinimento i cittadini (cittadini?).

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