venerdì 13 Dicembre 2024

Il Fondo Monetario Internazionale impone l’austerità al Pakistan

Il Pakistan sta affrontando una grave crisi nella bilancia dei pagamenti, con le riserve di valuta estera della banca centrale appena sufficienti per coprire un mese di importazioni. Una situazione che, secondo alcuni osservatori, potrebbe sfociare in un default del debito e che ha reso necessario il ricorso ad un negoziato urgente con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) per sbloccare parte di un pacchetto di aiuti del valore complessivo di 6,5 miliardi di dollari, concordato nel 2019 e la cui erogazione era in stallo da diverso tempo. In cambio della concessione dei prestiti, Islamabad ha dovuto modificare il budget per l’anno finanziario che inizierà il prossimo primo luglio, recependo le misure di inasprimento fiscale imposte dall’FMI. In altre parole, il Paese è finito nell’orbita delle politiche di austerity occidentali che gli istituti finanziari internazionali usano come mezzo per ottenere un controllo non solo economico, ma anche politico. La revisione fiscale è arrivata all’indomani dell’incontro tra il primo ministro pakistano, Shehbaz Sharif, e il capo dell’FMI, Kristalina Georgieva, a margine del vertice sul finanziamento globale a Parigi. L’accordo tra il Fondo e il Paese dell’Asia meridionale dovrà essere ratificato entro il 30 giugno, giorno in cui scadrà l’Extended Fund Facility (EFF) dell’FMI nato nel 2019.

«Il Pakistan e il FMI hanno avuto negoziati dettagliati negli ultimi tre giorni come ultimo sforzo per completare la revisione [del bilancio] in sospeso», ha dichiarato sabato al parlamento il ministro delle finanze Ishaq Dar. La revisione del bilancio prevede l’innalzamento delle tasse a 215 miliardi di rupie (752 milioni di dollari) e il taglio di 85 miliardi di rupie nella spesa pubblica, oltre a una serie di altre misure per ridurre il deficit fiscale. Ciò si traduce in una riscossione delle entrate del Pakistan pari a 9.415 trilioni di rupie (33 miliardi di dollari) e in una spesa complessiva di 14.480 rupie (51 miliardi di dollari). «Questi cambiamenti renderanno il nostro deficit fiscale molto migliore», ha detto Dar. Nonostante il ministro delle finanze abbia affermato che sono stati presi provvedimenti per far sì che «le nuove tasse non colpiscano i poveri», è difficile immaginare che le politiche di austerità non peseranno su un tessuto economico già debole e con alti tassi di povertà, anche se le dispense in contanti ai poveri sono state innalzate da 450 miliardi di rupie a 466 miliardi per il 2024. Allo stesso tempo, però, la tassa per la benzina sarà aumentata da 50 rupie a 60 rupie. Dar ha inoltre annunciato la revoca delle restrizioni di tutte le importazioni applicata a dicembre nel tentativo di tagliare il deficit delle partite correnti. La revoca è stata una delle condizioni richieste dall’FMI per sbloccare i fondi.

Il Pakistan versa da tempo in difficoltà finanziarie a causa delle scarse riserve in valuta estera: dei sei miliardi stanziati dall’EFF, tre sono stati già versati, ma le altre tranche di prestiti non sono stati erogati perché il FMI continua a sottolineare la «deviazione» dal programma concordato da parte del governo di Islamabad, in particolare per quanto riguarda l’abrogazione dei sussidi sui carburanti. Quest’ultimi sono stati introdotti dall’ex primo ministro Imran Khan, ma sono difficili da eliminare anche per l’attuale governo a causa delle proteste che ciò susciterebbe tra la popolazione. Tuttavia, con l’ultima revisione fiscale seguita al colloquio tra Sharif e Georgieva, il governo del Paese non avrà altra scelta che seguire le indicazioni dell’FMI per ottenere i fondi.

L’opposizione di Khan alle politiche imposte dagli istituti finanziari occidentali e alla sudditanza statunitense e la sua propensione a tessere relazioni con i Paesi membri dei BRICS, tra cui Russia e Cina, rappresentano le reali probabili motivazioni della sua destituzione come primo ministro, avvenuta nell’aprile 2022. L’attuale governo, al contrario, pare propenso ad assecondare le richieste di istituzioni finanziarie che hanno usato per decenni i prestiti come arma di ricatto politico – come ha testimoniato nei suoi libri il Premio Nobel per l’Economia, Joseph Stiglitz – nonché a mantenere inalterato lo status quo delle alleanze internazionali e, dunque, la subordinazione a Washington di Islamabad. Con i prestiti del FMI e le relative misure di austerità, infatti, il Pakistan è sempre più in balia dei dettami occidentali, sia dal punto di vista politico-economico che geopolitico.

Le misure di austerità arrivano, inoltre, in un periodo di grave instabilità politica per la nazione, dove la popolazione sostiene in massa il capo dell’opposizione Khan e in cui si sono già verificate manifestazioni ed episodi di violenza per chiedere nuove elezioni e per difendere l’ex primo ministro da accuse considerate false e infondate al solo scopo di estrometterlo dalle cariche pubbliche. Il nuovo accordo negoziato con l’FMI, che comporta ulteriori tagli di spesa e aumenti dei prezzi dei carburanti, con ogni probabilità non farà altro che aumentare le tensioni sociali e la distanza tra i cittadini e il governo.

[di Giorgia Audiello]

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