sabato 12 Ottobre 2024

Dove trovare la moda etica con l’aiuto della Rete

Quando si tratta di cambiare abitudini, di qualunque tipo, la pigrizia comanda. Le scuse che si cercano per non lasciare la via vecchia per quella nuova (in nome dell’ignoto rispetto al conosciuto) sono infinite e variano dalle più banali a quelle più inverosimili. Quando si tratta di abbandonare il fast fashion, perché ormai è chiaro anche ai bambini che non è un sistema sano e percorribile ancora per troppo tempo, in favore di scelte di consumo più consapevole, le obiezioni più frequenti sono due: il prezzo “più alto dei prodotti di qualità e il non sapere dove trovare marchi che producono in modo etico e orientato alla sostenibilità. 

Il fattore prezzo è difficilmente superabile, nel senso che purtroppo non esistono reali possibilità equiparabili al fast fashion: capi alla moda, terribilmente in linea con le tendenze del momento, confezionati con campagne immagine accattivanti e con prezzi talmente bassi da non coprire nemmeno il costo di un’ora di manodopera di una confezionista pagata regolarmente… non possono essere sostituiti con qualcosa di lontanamente simile. Il sistema è stato pensato fin troppo bene, tanto che per riuscire a uscirne, cambiando una forma mentale ormai radicata nelle abitudini di consumo dei più, serviranno molti, moltissimi anni. O un’improvvisa illuminazione di massa…

Chi è già sulla strada mentale del “meno ma meglio”, invece, spesso fatica a destreggiarsi tra le promesse di sostenibilità di marchi noti, il greenwashing delle multinazionali e la famosa terra di mezzo che, poiché invisibile, fatica a intercettare.

Dalle app ai network

Rivolgersi alla rete per i più svariati motivi è abitudine consolidata. Ecco perché, anche quando si tratta di moda alternativa, esistono applicazioni e piattaforme che possono agevolare la scelta e la ricerca.

Per ovviare alla mancanza di trasparenza e approfondire le pratiche di sostenibilità delle aziende note esistono due fonti da consultare prima di fare acquisti: Good on You e Fashion Checker. La prima è un’app, disponibile già da diversi anni che, in maniera molto semplice, offre una valutazione con un punteggio sulla reale “qualità” dei marchi. Un team di addetti ai lavori con competenze specifiche nel campo confronta e compara informazioni, analizzandole e dando dei punti in maniera facile e intuitiva. I parametri che sono presi in considerazione sono inerenti alle condizioni dei lavoratori, tutto quello che riguarda l’impatto ambientale del marchio (animali compresi), dalle emissioni di carbonio fino all’uso di sostanze chimiche, con un occhio di riguardo alla trasparenza, ovvero chi condivide apertamente informazioni e chi invece ha qualcosa da tenere nascosto. Su questo principio è costruito il sito di Fashion Checker, piattaforma messa online da Clean Clothes Campaign, che analizza le pratiche di sostenibilità di moltissime aziende, basandosi soprattutto su come sono trattati e retribuiti i lavoratori di tutti i grandi marchi internazionali. Può non essere l’azione più immediata quella di consultare un’app prima di procedere con lo shopping, soprattutto se questo avviene sull’onda del momento e dell’emotività, ma è pur sempre un mezzo a disposizione per chi ci tiene a fare scelte meno compulsive e più consapevoli.

Per agevolare queste decisioni e portare gli sguardi su alternative che spesso trovano poco spazio nei media tradizionali, facilitando l’incontro con persone possibilmente interessate, sono nate nel corso degli ultimi anni numerose reti e piattaforme che hanno a cuore la diffusione della moda etica, critica, indipendente e artigianale. Lenta, in aperto contrasto con il mondo a rapida rotazione della moda veloce

Un modo per diffondere la bellezza e puntare i riflettori su un sottosuolo alternativo spesso ignorato dai più, ma che ha nel suo DNA tutti gli ingredienti necessari per offrire prodotti di qualità fatti per durare nel tempo, in aperto contrasto con l’obsolescenza programmata dei capi di pronto moda (pensati per distruggersi dopo un paio di lavatrici ed essere sostituiti rapidamente). 

Su Sfashion-net, vetrina per marchi di moda critica e indipendente nata nel 2020 (per supportarli attivamente durante il momento di chiusura forzata delle attività), si può trovare un’ampia selezione di designer ed artigiani italiani che parlano attraverso la bellezza, il design, l’innovazione e la tradizione. Qui si possono incontrare i protagonisti dell’altra moda, quella che sta tra il lusso e il pronto moda, selezionati accuratamente da chi in questo settore ci lavora da anni (quando ancora chi si occupava di questi temi era visto come un folle). Il sito nasce volontariamente senza e-commerce, perché lo scopo è mettere in connessione i brand con possibili clienti, eliminando passaggi intermedi che andrebbero a influire sul prezzo finale (o intaccare il guadagno dei marchi stessi). Must Had, invece, è una piattaforma e negozio online interamente dedicato al mondo dell’upcycling* (*capi e accessori realizzati recuperando altri capi o materiali dismessi, trasformandoli grazie a creatività e ingegno in oggetti dal valore superiore a quello del materiale utilizzato). “La nostra missione è quella di trasformare il problema dei rifiuti tessili in un’opportunità, favorendo l’offerta di capi di abbigliamento e accessori unici ottenuti attraverso la rigenerazione di rimanenze di magazzino e usato”. Il sito è la vetrina italiana per il mondo del refashion, ma anche un negozio, dove poter supportare attivamente i brand e contribuire a un guardaroba unico, originale e dall’impatto ambientale e sociale ridotto. Lottozero Directory propone ancora un’altra selezione, che valuta criteri di sostenibilità che includono soluzioni innovative a livello di materiali, processi, modelli di business e di esperienza del cliente finale. Nella Rete Zero Waste il cuore è quello del design circolare e la promozione (e vendita) di marchi che cercano di produrre riducendo al minimo gli sprechi o rimettendo in circolo quello che c’è già. 

Il focus di tutte queste piattaforme è di supportare progetti italiani, diffondendo il saper fare nostrano che ancora, nonostante tutto, esiste e resiste. Mostrando che vie alternative ci sono: basta volgere lo sguardo da un’altra parte, consci che, in questo caso, meno è decisamente meglio!

[di Marina Savarese]

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