domenica 13 Ottobre 2024

La Spagna è investita da un terremoto politico dopo le elezioni amministrative

La destra, in Spagna, è arrivata come uno tsunami all’appuntamento delle elezioni amministrative, sbancando il botteghino. I popolari si sono imposti sul Partito socialista del premier Pedro Sanchez, togliendogli il controllo di fortini che sembravano blindati. La sconfitta è stata talmente epocale da portare Sanchez ad annunciare le dimissioni e a convocare le elezioni anticipate per il prossimo 23 luglio. Che ora, per i socialisti, potrebbero finire davvero male.

I cittadini spagnoli si sono recati alle urne per scegliere i rappresentanti di 12 comunità autonome e 8.087 comuni. Il Partito Popolare – che ha quasi completamente assorbito i voti della forza liberale Ciudadanos – ha battuto il Psoe con più di 7 milioni di voti complessivi contro 6,3, conquistando sei dei nove governi regionali che i socialisti guidavano (Comunità Valenciana, Estremadura, Aragona, Baleari, Canarie e La Rioja), nonché 15 dei 22 capoluoghi di provincia. Oltre che nel tradizionale feudo conservatore di Madrid, la destra ha conquistato la vittoria anche a Valencia e Siviglia, due grandi centri che nell’ultima legislatura sono stati controllati dai progressisti. A Barcellona, invece, la sindaca di sinistra uscente Ada Colau è stata battuta dal candidato Xavier Trias, espressione degli indipendentisti di Junts per Catalunya. Il risultato più atteso di questa tornata elettorale era quello della Comunità Valenciana, tradizionale roccaforte socialista, che si è consegnata ai popolari, i quali avranno però bisogno del partito sovranista Vox per governare.

L’ultra-destra ha dimostrato infatti di essere l’ago della bilancia di queste elezioni. Da una posizione di forte ascesa, Vox spera ora di diventare un partner indispensabile per il Pp anche a livello nazionale. il leader popolare Núñez Feijóo ha più volte ripetuto che non consentirà a Vox di entrare in una eventuale compagine parlamentare guidata dal Pp, ma i risultati di queste elezioni offrono ai sovranisti un solido trampolino per tentare il “grande salto”; le formazioni che coadiuvavano i socialisti nell’alleanza progressista, Unidas Podemos e altre entità della sinistra massimalista-radicale, sono risultate invece in grande difficoltà e hanno ridimensionato notevolmente la loro rappresentanza in diversi governi municipali e regionali: a Madrid, Unidas Podemos non è riuscita a raggiungere la soglia di sbarramento né nel municipio né nella comunità.

Ciò che è evidente – e che probabilmente lo stesso Sanchez ha inteso – è che la Spagna si sta preparando politicamente a cambiare corso. Evidentemente, al premier non è bastato aver proposto e attuato politiche fortemente orientate al welfare, con aiuti concreti a disoccupati e madri, l’incremento della quota del “reddito di cittadinanza” spagnolo e 620 milioni in più di aiuti per l’assistenza a disabili e persone non autosufficienti. D’altronde, i temi su cui i candidati si apprestavano a contendersi la vittoria sono stati messi da parte: la campagna elettorale è stata contrassegnata dalle polemiche, riferite in particolare a diversi casi di presunti brogli (la Polizia nazionale spagnola ha avviato un’indagine per possibili frodi elettorali attraverso l’acquisto di 10.000 voti postali a Melilla) e alle liste del partito regionale basco Bildu, in cui figuravano sette persone – poi costrette a ritirarsi dalla competizione elettorale – che in passato avevano fatto parte dell’organizzazione terroristica basca ETA ed erano state condannate per gravi delitti, tra cui anche omicidi politici.

I socialisti ha subito riconosciuto la sconfitta, affermando che si rimetteranno presto in carreggiata per calibrare una nuova strategia in vista delle elezioni nazionali anticipate. «Mi faccio carico in prima persona dei risultati e credo che sia necessario dare una risposta», ha detto Sanchez dopo essersi dimesso. Anche Unidas Podemos non ha potuto far altro che constatare il fallimento elettorale. Grande festa, invece, tra i popolari: davanti alla sede del partito centinaia di supporters hanno salutato l’uscita del sindaco di Madrid, José Luis Martinez Almeida, del presidente della comunità, Isabel Diaz Ayuso, e del leader del partito Feijóo, gridando all’indirizzo di quest’ultimo «presidente, presidente». Feijóo ha dichiarato che questa giornata segna «l’inizio di un nuovo ciclo».

[di Stefano Baudino]

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4 Commenti

  1. …e addio anche all’ultimo governo che aveva fatto qualcosa di sinistra in una nazione europea! Evidentemente anche ai poveri disgraziati piace il sogno captalista nel quale tutti possono diventare ricchi e sfruttatori del loro prossimo, basta aspettare la tua occasione! Nel frattempo ce lo mettono nel didietro con la rincorsa.

  2. Ma che stupidaggine. Il tema è la qualità della classe politica, non il peso della monarchia, che in Spagna è sempre più meramente formale (oltre che nel totale discredito). Sanchez ha preso atto della situazione e correttamente e abilmente si è dimesso. Il re non avrebbe avuto e non ha alcuna possibilità di chiederne le dimissioni a seguito di una sconfitta alle amministrative.

  3. Giusto una precisazione. In Spagna le camere le scioglie il Re e sempre il Re convoca le eelezioni, ai sensi art 62 Costituzione Spagnola. Prima di dimettersi Sanchez ha avuto un colloquio con S.M. Felipe VI. E’ evidente che sarà stato quest’ultimo a indicargli la via delle dimissioni. E mentre da noi nel passato sono esistiti tanti Governi a trazione politica di sinistra che nonostante non avessero più alcun consenso tra la popolazione sono rimastti abbarbicati al potere come i gechi, in Spagna non è così. Perchè un SOVRANO ha un altro PESO rispetto a un Presidente della Repubblica

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