martedì 16 Aprile 2024

Il giornalismo automatizzato è già tra noi

In questi ultimi giorni una notizia sta avviando un dibattito acceso tra gli esperti di tecnologia: si è scoperto che la rivista di settore CNET sta pubblicando già da mesi alcuni articoli scritti con l’ausilio di un’intelligenza artificiale. Anzi, per essere più precisi, è emerso che sta subappaltando a una macchina la composizione di alcuni pezzi finanziari e che il ruolo della redazione sia limitato al controllare che quanto prodotto dallo strumento non contenga amenità problematiche.

Il progetto di CNET non rappresenta un primato, già in passato testate di portata internazionale si sono appoggiate a delle IA per velocizzare il proprio carico di lavoro – si vedano Associated Press e The Washington Post –, tuttavia il caso in questione è atipico sotto molteplici aspetti. Le realtà editoriali hanno attinto alle potenzialità delle intelligenze artificiali già dal lontano 2014, tuttavia l’uso di una macchina all’interno della cucina redazionale è tradizionalmente confinato a obiettivi basilari e ripetitivi quali il riportare i risultati della Borsa o delle attività sportive, elementi che non richiedono una scienza particolare e che si limitano a fagocitare i dati ricevuti dalle istituzioni di riferimento. Si tratta di automatismi che limitano il proprio intervento a testi estremamente sintetici, scevri di ogni commento o approfondimento, lapidari per natura.

Quanto intavolato da CNET esplora però una dimensione di natura diversa. Il giornale web Futurism ha identificato che almeno 73 articoli divulgativi presenti sulla rivista siano stati generati con una tecnologia di automatizzazione. Pezzi quali “Cos’è Zelle e come funziona?” si limitavano originariamente a segnalare l’identità dell’autore semplicemente con un generico “Money Staff”, ovvero si guardavano bene dal notificare il pubblico che dietro a una simile etichetta non vi fosse alcun essere umano. Da che è emersa la notizia, l’azienda non ha rilasciato nessun commento, tuttavia ha provveduto a modificare il suo portale in modo che fosse perlomeno garantita in merito una minima trasparenza.

Bisogna rimarcare che CNET, reduce da un recente rebrand, non ha commesso alcun reato e che l’uso delle intelligenze artificiali, essendo adeguatamente supervisionato da un editore umano, non si sia neppure tradotto in una marcata disinformazione, eppure l’episodio non può che sollevare qualche osservazione sullo stato della Stampa odierna e sulla gestione delle IA nel ramo della comunicazione. La sostituzione degli autori con delle macchine è il frutto di un’attività giornalistica di natura generalista che fa più affidamento alle tendenze del momento che a un lavoro redazionale profondo, un fenomeno che, mescolato con una situazione di precariato allarmante, sta secondo il Media Pluralism Monitor ledendo la pluralità dell’informazione. Dall’altro lato non si può non notare che l’applicazione dell’intelligenza artificiale sia in Occidente ancora ancorata a una deregolamentazione che un domani potrebbe causare danni ingenti.

Il mondo accademico continua a notificare con i suoi report che l’introduzione di strumenti capaci di scrivere testi convincenti in maniera veloce ed economica possa tradursi in un prossimo futuro in un’ulteriore intensificazione delle strategie di disinformazione e propaganda. Le possibilità di intervento a disposizione dei Governi sono molteplici e vanno dall’imposizione di regolamenti ferrei in stile cinese al responsabilizzare blog, social e rotocalchi attribuendo loro gli obblighi editoriali normalmente confinati alle testate registrate. Esistono molteplici percorsi utili a prevenire il peggio, ma la loro percorribilità è sempre condizionata a una dimensione politica. In tal senso, l’Europa sta lavorando animatamente al cosiddetto AI Act, una proposta normativa che vede in contrapposizione interessi economico-civili profondamente divergenti. Solo il tempo ci rivelerà quali saranno le priorità dominanti che andranno a definire il panorama legislativo.

[di Walter Ferri]

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