lunedì 2 Dicembre 2024

L’Università di Boston gioca col virus: “creata una variante Covid ad alta mortalità”

La Boston University avrebbe creato una variante del virus Sars-Cov2 che unisce le caratteristiche di contagiosità del ceppo Omicron con quello originario di Wuhan determinando nei topi utilizzati come cavie una mortalità dell’’80% . La rivelazione è stata fatta dal giornale inglese Daily Mail e da quel momento uno scambio di accuse è iniziato tra l’Università statunitense, e i ricercatori della medesima, e il giornale inglese. Secondo la Boston University la ricerca sarebbe stata travisata e presentata in maniera distorta mentre esponenti della comunità scientifica hanno condannato tale esperimento di ingegneria del virus.

Nel documento della ricerca condotta dal National Emerging Infectious Diseases Laboratories della Boston University, che è uno dei 13 laboratori di livello 4 di biosicurezza negli Stati Uniti, si può leggere: “We generated chimeric recombinant SARS-CoV-2 encoding the S gene of Omicron in the backbone of an ancestral SARS-CoV-2 isolate and compared this virus with the naturally circulating Omicron varian”. Traducendo, nel documento si spiega che l’esperimento ha prodotto un virus chimera combinando parti del ceppo originario con la più contagiosa e meno mortale variante Omicron. Proseguendo nella lettura, la ricerca spiega come e perché la combinazione dei due ceppi di Sars-Cov producano una così alta mortalità sulle cavie di laboratorio utilizzate, spiegando anche il motivo per cui i vaccini non sono efficaci contro la variante Omicron presente adesso in natura che, seppure abbia una alta trasmissibilità, si presenta con lievi sintomi. “[..] mentre Omicron provoca un’infezione lieve e non fatale, il virus Omicron che trasporta S infligge una malattia grave con un tasso di mortalità dell’80%”, è quanto si può leggere nel documento.

Shmuel Shapira, ex capo dell’Istituto israeliano per la ricerca biologica (IIBR), ha condannato il tipo di ricerca condotta e ha dichiarato: “Questo dovrebbe essere totalmente proibito, è giocare con il fuoco”. Richard Ebright, chimico della Rutgers University di New Brunswick, nel New Jersey, nel merito ha affermato: “La ricerca è un chiaro esempio di ricerca sul guadagno di funzione. Se vogliamo evitare una prossima pandemia generata dal laboratorio, è imperativo che la supervisione della ricerca sui potenziali patogeni pandemici sia rafforzata”.

Dal canto suo, la Boston University ha confutato quanto emerso dichiarando l’interpretazione data come “falsa e imprecisa” ed ha anzi dichiarato che “questa ricerca ha reso la replica del virus meno pericolosa”.  Ronald B. Corley, direttore NEIDL e presidente della BU Chobanian & Avedisian School of Medicine di microbiologia, ha speigato che gli scienziati erano “interessati a quale parte del virus determina la gravità di una malattia che una persona otterrà”. Uno degli autori principali dello studio, Mohsan Saeed, contattato dal Boston Herald, ha voluto specificare l’intento del lavoro e ha detto: “Coerentemente con gli studi pubblicati da altri, questo lavoro dimostra che non è la proteina spike che guida la patogenicità di Omicron, ma invece altre proteine virali. La determinazione di queste proteine porterà a una migliore diagnostica e strategie di gestione della malattia”.

Quale che sia la motivazione con cui tale esperimento è stato condotto, non ci può essere mala interpretazione o distorsione della frase sopracitata che inizia con “We generated chimeric recombinant SARS-CoV-2 [..]”. Sebbene negli Stati Uniti, dal 2017, molti degli esperimenti di manipolazione di virus non sono più ammessi, ci sono ancora laboratori che, con motivazioni e metodi differenti, riescono a compiere tali ricerche di gain of function (guadagno di funzione), e questo sembra proprio il caso. Virus chimera prodotti in laboratorio combinando le più differenti caratteristiche presenti nell’ambiente, vengono realizzati con la giustificazione di poter studiare effetti e possibili cure di qualcosa che, se non fosse creato proprio dagli scienziati in laboratorio, non esisterebbe. Dovremmo seriamente considerare questo tipo di esperimenti come una minaccia alla società umana e agire di conseguenza.

[di Michele Manfrin]

 

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