giovedì 12 Dicembre 2024

Australia, gli aborigeni sfidano il colosso agricolo per i diritti sull’acqua

In Australia i nativi stanno combattendo contro la licenza concessa dal Governo del Territorio del Nord alla Fortune Agribusiness, enorme società agroalimentare di proprietà cinese. Il ricorso presentato dal CLC (Central Land Council) contro la Corte Suprema viene dall’indignazione dei nativi, che si sono rivolti alla Mpwerempwer Aboriginal Corporation per lanciare un’impugnazione legale e sollecitare il Governo a cambiare direzione. Perché quest’ultimo ha scelto di concedere al colosso agricolo la più grande licenza di estrazione di acque sotterranee mai realizzata: si tratta di una licenza gratuita che permetterà di estrarre fino a 40.000 megalitri di acque sotterranee all’anno, per la bellezza di 30 anni. L’acqua verrà estratta dalle falde sotto la stazione di Singleton, a circa 400 km a nord di Alice Springs. Tale concessione risale ad aprile 2021 e già allora una mobilitazione aveva cercato di impedire la più grande dotazione idrica privata del territorio. Dopo essere stata rivista a novembre 2021però, il Governo del Territorio del Nord ha comunque scelto di confermare la licenza con qualche modifica relativa alle condizioni.

Motivo per cui gli aborigeni continuano a sostenere l’illogicità e l’ingiustizia della decisione presa dal Governo, visto che non sono stati minimamente presi in considerazione i diritti culturali degli aborigeni sull’acqua. Ciò che gli aborigeni chiedono attraverso la Mpwerempwer Aboriginal Corporation è di revocare in maniera assoluta la licenza concessa al colosso agricolo cinese, sospendendo le concessioni, almeno fino a quando non sarà completa la revisione del piano regionale di assegnazione dell’acqua. Così mercoledì il CLC ha presentato il ricorso alla Corte Suprema, specificando come la scelta del Governo violi l’NT Water Act e non solo. Viste le conseguenze del cambiamento climatico sulle comunità desertiche, concedere un’estrazione idrica di questo calibro è dannoso e rischioso per un territorio tanto vulnerabile. Tuttavia, la licenza è stata concessa senza avere dati sufficienti sulle falde acquifere e potrebbe portare Fortune Agribusiness a fare ben più di quello che prevede la concessione.

Come era lecito aspettarsi, la società ha precisato che il progetto da realizzare, dal valore complessivo di 150 milioni di dollari e 3.500 ettari di territorio da coltivare, potrebbe essere benefico sia dal punto di vista sociale che economico per gli aborigeni, promettendo inoltre ai nativi 100 posti di lavoro permanenti e 1.300 posti stagionali. Inoltre, dai vertici dell’azienda hanno fatto sapere al The Guardian che dopo aver ricevuto il reclamo del CLC di mercoledì, c’è l’assoluta intenzione di collaborare e soddisfare ogni richiesta e requisito. Rimane il fatto che chi vive da sempre nelle terre australiane ha diritti di proprietà nativi sull’accesso e l’uso dell’acqua, ma di fatto è privato completamente della possibilità di scegliere se la ricchezza possa essere usata a scopi commerciali e di godere dei proventi dell’eventuale scelta. Gli aborigeni si ritrovano ancora una volta soggetti passivi nei confronti di scelte fatte calare dall’alto con l’approccio paternalistico tipico di “voler fare del bene”. Una modalità simile a quella di chi, ai tempi del colonialismo, vedeva nei “popoli primitivi” dei “selvaggi” da educare e civilizzare.

[di Francesca Naima]

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