Cos’hanno in comune la piattaforma OnlyFans, conosciuta soprattutto per i contenuti porno, e i dipinti di nudo del pittore espressionista Egon Schiele? Niente, almeno fino a qualche giorno fa, quando l’ente turistico di Vienna ha aperto un profilo sul social fino ad ora popolato da pornostar e stripper e adesso promotore di arte e cultura. La decisione rimarca una protesta che va avanti da mesi nei confronti dei limiti alla nudità imposti sui social network più diffusi: promuovere online gallerie e i musei che mostrano opere con soggetti senza veli è ormai diventato molto difficile.
Come ha raccontato al Guardian la portavoce dell’ente Helena Hartlauer, “L’obiettivo del profilo non è solo la promozione dei musei viennesi, ma anche sensibilizzare su come i meccanismi di censura dei contenuti espliciti dei social network possano avere effetti paradossali quando si applicano a certi quadri e sculture”. Divieti e limitazioni che Vienna conosce bene, dal momento che molte delle opere più apprezzate ospitate dalla città appartengono proprio a Egon Schiele, pittore di nudi.
Tradotto, significa che basta accedere ad OnlyFans, l’unico social network che consente rappresentazioni di nudità, abbonarti per 3 dollari (per i primi 31 giorni) e poi 4,99 al mese. “Ti piace vedere Vienna messa a nudo?”, è il titolo dell’annuncio, che oltre a contenere quelle di Schiele conserva al suo interno una serie di opere che seguono lo stesso fil rouge. In più, chi si abbona, può avere un duplice vantaggio: la possibilità di vincere una tessera per accedere ai musei della città o un biglietto per ammirare per davvero, dal vivo, le opere in questione.
OnlyFans, soprattutto durante il periodo pandemico, ha avuto una crescita notevole, probabilmente perché non più esclusivamente considerato nell’ottica per cui il social è stato concepito. O almeno, non solo. Molte persone, infatti, la reputano una piattaforma più tollerante e adatta a contenuti meno convenzionali, spazio vitale per artisti, fotografi e creativi di ogni tipo alla continua ricerca di luoghi dove potersi esprimere liberamente. Al contrario, social come Facebook e Instagram, continuano a inasprire limitazioni e regole, impedendo di fatto la pubblicazione di elementi che rimandino a nudità o atteggiamenti sessuali (e anche quelli presenti nelle opere d’arte).
“Certo che potremmo promuoverci in altro modo” ha detto Hartlauer. “Ma queste opere d’arte sono cruciali e importanti per Vienna. Quando pensi all’autoritratto di Schiele del 1910, è una delle opere d’arte più iconiche. Non utilizzarle su uno strumento di comunicazione forte come i social media, è ingiusto e frustrante. Ecco perché abbiamo pensato a OnlyFans: finalmente un modo per mostrare queste cose”.
E Schiele è solo uno degli esempi. A luglio il museo Albertina di Vienna aveva dovuto aprire un nuovo profilo su TikTok per sostituire il precedente, sospeso e poi bloccato dopo la condivisione di una foto del fotografo giapponese Nobuyoshi Araki, che conteneva un seno di donna.
Non è così assurdo pensare che se il mondo si evolve e ruota in una certa direzione, anche l’arte, la comunicazione, il cinema, il cibo e qualsiasi altro settore ne subiscano le conseguenze e cerchino di mettersi al pari. “Vecchie” istituzioni come quelle museali perderebbero la propria linfa vitale se smettessimo di frequentarle. E se le nostre abitudini ormai sono in parte immerse in realtà virtuali fatte di like e ricondivisioni, perché non seguire questa scia?
E poi, “Chi decide cosa censurare? Instagram censura le immagini e a volte non lo sai nemmeno: è molto poco trasparente. Vogliamo solo chiederci: abbiamo bisogno di queste limitazioni?”. A decidere sono probabilmente gli algoritmi, meccanismi a cui è difficile attribuire una colpa se non pensando a chi li ha “tarati”. Soprattutto se questa persona fonda le proprie consapevolezze su pregiudizi di varia natura, gli stessi contro cui il movimento Free The Nipple, ad esempio, lotta dal 2013. Perché i social censurano solo i capezzoli femminili e non quelli maschili? E da allora non è cambiato molto.
Nel 2018 anche il Leopold Museum aveva provato a promuovere con manifesti in Germania, nel Regno Unito e negli Stati Uniti la collezione di nudi di Schiele, ricevendo grosse critiche. L’ente del turismo in questione, in maniera provocatoria aveva reagito così: coprendo con un banner le parti dei manifesti con seni e genitali. E quel banner recitava così: «SCUSATE, abbiamo più di 100 anni ma siamo troppo audaci ancora oggi».
[di Gloria Ferrari]