venerdì 13 Giugno 2025

Israele ha ammesso di armare gruppi affiliati all’ISIS per fare il lavoro sporco a Gaza

Giovedì sera il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha pubblicamente dichiarato che Israele sta armando alcuni gruppi palestinesi che si oppongono ad Hamas. «Cosa c’è di sbagliato in questo?» ha detto Netanyahu in un breve video comparso sul suo profilo X. «Ciò aiuta solo i nostri soldati e pubblicizzare questa scelta giova solo ad Hamas» ha concluso il Primo Ministro. Una dichiarazione che arriva dopo che Avigdor Lieberman, già Ministro della Difesa di Israele dal 2009 al 2012 e oggi leader del partito di opposizione Yisrael Beytenu, giovedì mattina ha rilasciato un’intervista all’Israeli Public Broadcasting Corporation, durante la quale ha accusato Netanyahu di dare armi a miliziani palestinesi senza passare per l’approvazione del Gabinetto di guerra. «Per quanto ne so, questa scelta non è stata approvata dal Governo» ha detto Lieberman. «Su ordine del Primo Ministro, Israele sta trasferendo armi ai criminali di Gaza affiliati all’ISIS» ha concluso l’ex ministro.

Nel pomeriggio di giovedì alcuni media israeliani, citando fonti della difesa, hanno confermato che Netanyahu ha autorizzato il trasferimento di armi a un specifico gruppo presente nel sud della Striscia. La decisione del Primo Ministro, apparentemente solitaria, ha suscitato le rimostranze delle opposizioni.  Lieberman ha sottolineato come questo trasferimento di armi a gruppi palestinesi di Gaza possa creare un problema alla tanto anelata sicurezza di Tel Aviv, dato che «nessuno può garantire che queste armi non saranno usate contro Israele», ha detto Lieberman. È arrivato anche l’attacco del leader dei Democratici, Yair Golan, che tramite il suo profilo X ha dichiarato che «Netanyahu è un pericolo per la sicurezza nazionale di Israele».

Critiche che non arrivano invece dai banchi della maggioranza, che sembra rimanere solida intorno al Primo Ministro. Una solidità che però andrà testata, dopo che il partito ultraortodosso Shas, parte della coalizione di governo, ha annunciato di voler supportare lo scioglimento della Knesset e quindi la caduta della coalizione di ultradestra. La scelta del partito ortodosso deriva dal fatto che il governo non ha ancora approvato una legge per l’esenzione dei giovani ortodossi dal servizio militare. Non sono chiare le basi su cui Lieberman ha legato questi gruppi allo Stato Islamico, ma ciò che è certo è il nome del comandante militare della formazione di guerriglieri a cui Netanyahu ha fatto arrivare le armi: Yasser Abu Shabab.

Il gruppo di Abu Shabab, rinominatosi Popular Forces, era già stato accusato di essere coinvolto in operazioni di contrabbando legate a gruppi jihadisti egiziani e perseguitato dalle forze di sicurezza di Gaza prima del 7 ottobre. Dallo scoppio del conflitto, sembra che la gang di Abu Shabab, insieme ad altre formazioni paramilitari palestinesi, operi sotto la protezione dell’esercito israeliano, puntando a saccheggiare i convogli umanitari diretti alla popolazione civile. Queste azioni erano già state raccontate, nel novembre del 2024, da diversi lavori giornalistici del Washington Post, di New Arab e di Haaretz. Ma non solo i giornali accusano i Popular Forces di rubare i beni che entrano con i convogli umanitari nella Striscia: infatti, come riporta il The Guardian, il 28 maggio Jonathan Whittall, capo dell’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari nei Territori Occupati, ha dichiarato: «Il vero furto di aiuti dall’inizio della guerra è stato compiuto da bande criminali, sotto la sorveglianza delle forze israeliane».

Il giudizio su Abu Shabab rimane incerto. Se si visita la sua pagina Facebook si trovano molti commenti di sostegno all’operato del gruppo Popular Forces, che sostiene di proteggere i palestinesi e aiutarli a ritornare nelle loro case, quelle poche ancora in piedi. La scorsa settimana, però, sono circolati dei video sui social che ritraevano Abu Shabab collaborare con i contractor della Gaza Humanitarian Foundation, l’organizzazione israelo-americana che si occupa della distribuzione degli aiuti nella Striscia.

Giovedì sera il comandante dei Popular Forces ha pubblicato un lungo post sul social network di Zuckerberg, in cui nega in toto le dichiarazioni di Netanyahu riguardo la fornitura di armi al suo gruppo e la collaborazione con le Forze armate israeliane. Nonostante queste dichiarazioni e le continue affermazioni di vicinanza alla popolazione civile, la scorsa settimana la famiglia di Abu Shabab ha rilasciato una dichiarazione in cui lo ha rinnegato, accusandolo di collaborare con le forze israeliane. «Siamo rimasti sorpresi dalle riprese video diffuse dalla resistenza che mostrano il coinvolgimento dei gruppi di Yasser operanti all’interno di unità sotto copertura e di supporto alle forze di occupazione sioniste, che stanno brutalmente uccidendo il nostro popolo» si legge nella dichiarazione riportata dall’agenzia stampa palestinese Quds News Network.

Con la necessità di almeno 10.000 unità di combattimento, i riservisti che iniziano a tirarsi indietro e una buona fetta di possibili reclute tra gli ultraortodossi non disposti a imbracciare il fucile, sembra che armare i gruppi palestinesi collaborativi possa essere una risorsa fondamentale per l’esercito di Tel Aviv. In più, quale modo migliore se non quello di distruggere quella poca tenuta sociale che ancora lega tra loro i civili palestinesi, mettendoli gli uni contro gli altri?

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Filippo Zingone

Laureato in Antropologia presso la Sapienza di Roma per poi conseguire il master in giornalismo della Fondazione Lelio e Lisli Basso. Si occupa di esteri, focalizzandosi sull’Africa subshariana e il Medio Oriente.

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