sabato 20 Aprile 2024
Home Blog

“La repressione non ci spaventa”: gli studenti della Sapienza rilanciano le proteste per Gaza

0

Gli studenti di “Cambiare rotta” continueranno la loro mobilitazione all’Università La Sapienza fino a quando gli accordi con le università e i centri di ricerca israeliani, nonché quelli con le aziende della filiera bellica come la Leonardo spa, non verranno revocati. Non si fermano le proteste, nonostante la dura repressione messa in campo dalla forze dell’ordine appena tre giorni fa, con cariche e arresti, e nonostante le dichiarazioni della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni che, in buona sostanza, li ha accusati di essere dei «delinquenti». Quindi continueranno le proteste, dentro e fuori l’ateneo, e continueranno la loro lotta anche i due studenti incatenati e in sciopero della fame sotto il Rettorato, nonché gli studenti accampati in tenda sul prato del piazzale antistante. Intanto chiedono che la rettrice Antonella Polimeni li incontri. Ma, dicono, finora la risposta è stata picche. «Non solo non si è presentata oggi alla nostra assemblea a cui l’avevamo invitata – afferma a L’Indipendente Glauco, uno degli studenti che partecipa alla mobilitazione – ma ha fatto circolare un comunicato in cui afferma che gli unici legittimati a prendere posizione sono i rappresentanti degli eletti nelle istituzioni dell’ateneo, ignorando così le opinioni e le richieste che vengono dalla base studentesca».

«Dicono che siamo una minoranza – gli fa eco Sara, del collettivo “Cambiare rotta”- ma la nostra protesta vede in questi giorni sempre maggiori adesioni da parte di ricercatori, docenti. Inoltre bisogna in ogni caso ricordare che quei rappresentanti delle istituzioni dell’ateneo sono stati votati in un contesto che ha visto al massimo il 20% dell’affluenza, quindi parlare di democrazia in una situazione simile è discutibile». L’assemblea convocata da “Cambiare Rotta” comunque è stata partecipata, tanto per parlare di numeri: circa 400 i presenti tra cui anche ricercatori universitari, docenti, personale amministrativo oltre agli studenti, ovviamente.

Presenti anche due rappresentanti di Amnesty International, non foss’altro per monitorare la situazione dopo le cariche del 17 aprile scorso. «La presenza della polizia è costante», (specialmente in borghese, come è evidente facendosi un giro nell’ateneo romano, ndr.), dice ancora Glauco. «Stiamo ricevendo solidarietà da diverse realtà – continua Sara – abbiamo ricevuto appoggio da ricercatori irlandesi ma ci aspettiamo una risposta anche dalle altre realtà democratiche e veramente pacifiche e della società civile». Sotto accusa dei ragazzi e delle ragazze di “Cambiare rotta” c’è anche la narrazione di parte della stampa che li ha descritti come «estremisti» vicini ad Hamas e in odore di antisemitismo e contestano anche la narrazione dei giornali sui 27 agenti feriti negli scontri. «È assurdo – dice Glauco – ma come si può pensare che degli studenti inermi possano ferire poliziotti armati di tutto punto, è veramente una vergogna». Qualcuno scherza sul fatto che, a giudicare dalla versione della polizia, ci sarebbero stati più feriti in uno scontro impari come quello scoppiato sui viali de La Sapienza che quelli provocati dall’attacco iraniano contro Israele di qualche notte fa. «27 refertati: vogliamo i vostri medici» c’era scritto infatti sullo striscione esposto nell’assemblea. «È chiaro che si cerca di criminalizzare gli studenti per evitare di affrontare la questione-chiave e cioè la richiesta di non voler partecipare a università ed enti di ricerca, come quelle isrealiane per non rendersi complici del massacro in corso a Gaza». Prossimi appuntamenti degli  studenti di “Cambiare rotta”, la partecipazione alle iniziative di Friday’s for Future e una nuova assemblea, in vista dei processi per i ragazzi arrestati che si terranno il 22 e il 23 maggio prossimi.  

[di Giancarlo Castelli] 

USA, uomo si dà fuoco davanti al tribunale del processo a Trump

0

Ieri a New York attorno alle 13.30 locali (19.30 italiane), un uomo si è dato fuoco davanti al tribunale dove era in corso il processo penale a Donald Trump per il caso del pagamento alla porno star Stormy Daniels. L’uomo è stato identificato in Max Azzarello, trentasettenne della Florida che avrebbe portato avanti questo estremo atto di protesta per rivendicare teorie di matrice cospirazionista contro un presunto governo fascista e le criptovalute. Dopo essersi cosparso di liquido, Azzarello avrebbe inoltre lanciato dei volantini con su scritte le sue denunce. L’uomo è stato portato rapidamente in ospedale, e a ora pare essere fuori pericolo.

Aggiornamento: vari giornali statunitensi riportano la morte di Max Azzarello citando fonti di polizia.

Gli Stati Uniti hanno vietato le estrazioni petrolifere su una grande porzione di Alaska

0

Alla fine, il governo degli Stati Uniti ha limitato lo sviluppo dei combustibili fossili in una grande fetta di terre federali d’Alaska. Le future trivellazioni di petrolio e gas saranno in particolare vietate in oltre 5 milioni di ettari della Riserva Nazionale Petrolifera dell’Alaska, la più grande distesa di terra pubblica della nazione. La misura rientra in un più ampio piano dell’amministrazione Biden volto a proteggere gli ecosistemi sensibili e la fauna selvatica. Una mossa senz’altro anche, e forse soprattutto, politica. La decisione, strizzando l’occhio all’elettorato chiave dei giovani sensibili alle tematiche ecologiche, giunge non a caso mentre si scaldano i motori della campagna presidenziale. Ad ogni modo, una buona notizia per l’Artico. Parallelamente, gli Interni USA hanno anche annunciato che bloccheranno la realizzazione di una controversa infrastruttura stradale, cruciale per il funzionamento di una miniera di rame e zinco nel nord dell’Alaska ma di elevato impatto per le comunità indigene e gli habitat della fauna selvatica. Entrambe le decisioni comportano diversi rischi politici e legali per l’amministrazione democratica. In particolare, si prevede che i nuovi vincoli per la Riserva Nazionale di Petrolio porteranno ad una serie di ricorsi da parte delle aziende produttrici di combustibili fossili.

La National Petroleum Reserve-Alaska, con i suoi oltre 9 milioni di ettari, è una delle aree federali di maggior valore ecologico. Costituisce ad esempio un rifugio critico per decine di migliaia di caribù in migrazione, oltre che per orsi polari, grizzly, trichechi e uccelli acquatici. Il lago Teshekpuk, nella parte orientale della riserva, è uno dei luoghi più importanti per gli uccelli acquatici dell’intero Artico. Le zone umide ad esso adiacenti fungono inoltre da aree di riproduzione per diversi tipi di uccelli costieri, tra cui figurano anche specie a rischio. La riserva, tuttavia, è anche una delle aree più promettenti in termini di sviluppo petrolifero onshore degli interi Stati Uniti. Non a caso, due settimane prima di lasciare l’incarico, il Presidente Donald Trump aveva cercato di aprire la riserva al leasing di petrolio e gas, affermando che ciò avrebbe reso gli USA meno dipendenti dalle fonti energetiche estere. Nonostante diversi tentennamenti, l’amministrazione Biden ha alla fine invertito la rotta. Tutto è partito con una proposta di legge pubblicata lo scorso anno, con la quale il Dipartimento degli Interni chiedeva di designare circa 5 milioni di ettari della riserva come “aree speciali” in cui limitare la futura estrazione di petrolio e gas.

La norma finale approvata in questi giorni è molto simile alla proposta inziale. E come questa, ad esempio, non riguarderà i contratti di locazione esistenti nella riserva e nemmeno il controverso progetto di perforazione petrolifera Willow, un progetto fossile della ConocoPhillips approvato lo scorso anno nonostante le dure critiche degli ambientalisti. Del valore di 8 miliardi di dollari, il Willow Project interesserà per decenni un’area di 930 mila chilometri quadrati nel nord dell’Alaska, portando all’estrazione di ben 180 mila barili di petrolio al giorno da oltre 200 pozzi distribuiti su tre piattaforme di perforazione. Al riguardo, le organizzazioni ambientaliste e le comunità locali di nativi americani hanno da subito sostenuto che le trivellazioni contribuiranno a deteriorare ulteriormente le già complicate condizioni dell’ecosistema locale e rallenteranno la transizione verso combustibili più puliti. Il tutto, poi, violando gli obiettivi climatici ed ecologici che Biden si era imposto in campagna elettorale. Come magra consolazione, la decisione di dare il via libera al progetto Willow arrivava poco dopo la primissima dichiarazione di voler bloccare le trivelle nella Riserva ora definitivamente salvata dall’industria petrolifera.

[di Simone Valeri]

Dubai sott’acqua: le autorità (questa volta) negano operazioni di cloud seeding

1

Il National Center of Meteorology (NMC), una task force governativa responsabile delle missioni di inseminazione delle nuvole negli Emirati Arabi Uniti, ha detto di non essere intervenuta con interventi di cloud seeding nei giorni precedenti la tempesta che ha sommerso gli Emirati, accanendosi in particolare sulla capitale Dubai. L’NCM ha affermato di aver monitorato le forti piogge in arrivo, ma di non aver preso di mira alcuna nuvola durante quel periodo, attribuendo quindi la tempesta a fattori naturali. Negli ultimi anni, lo Stato del Golfo ha registrato un aumento delle precipitazioni e si prevede che andranno ad aumentare del 30% nei prossimi anni. Nel febbraio e marzo scorso, forti piogge vennero precedute da intense operazioni di inseminazione delle nuvole, confermate proprio per bocca degli stessi funzionari impiegati all’NMC. Le missioni di quello che a livello internazionale viene chiamato cloud seeding sono state introdotte negli Emirati negli anni Novanta del secolo scorso e ora vengono eseguite per più di 1.000 ore all’anno per «migliorare le precipitazioni nel Paese», come confermato dallo stesso centro di meteorologia nazionale.

La tempesta degli ultimi giorni ha scaricato sugli Emirati 250 millimetri di acqua in meno di 24 ore. Dubai si è completamente allagata, come il suo aeroporto con le piste solcate da aerei che sembravano piuttosto dei mezzi marini. Centinaia di voli cancellati e migliaia di viaggiatori dirottati o messi ad aspettare. Il 18 aprile, a distanza di due giorni dalle piogge, con l’aeroporto ancora parzialmente allagato circa 549 voli in entrata o in uscita sono stati ritardati mentre 31 venivano cancellati. Immediatamente è stata ventilata l’ipotesi che le forti piogge fossero dovute alle operazioni di cloud seeding condotte la governo emiratino.

La smentita dell’NCM segue un rapporto di Bloomberg in cui Ahmed Habib, un meteorologo specializzato, aveva affermato che le piogge di martedì erano derivate in parte dall’inseminazione delle nuvole. Omar Alyazeedi, vice direttore generale dell’NCM, ha assicurato che l’agenzia «non ha condotto alcuna operazione di semina durante questo evento». L’NCM ha detto di aver monitorato le forti piogge in arrivo, ma di non aver preso di mira alcuna nuvola durante quel periodo, attribuendo la tempesta a precipitazioni naturali. Il vice direttore generale ha aggiunto: «Prendiamo molto sul serio la sicurezza del nostro personale, dei piloti e degli aerei. L’NCM non conduce operazioni di inseminazione delle nuvole durante eventi meteorologici estremi».

Lo stato del Golfo ha registrato un aumento delle precipitazioni negli ultimi anni. Nature prevede che negli Emirati Arabi Uniti le precipitazioni aumenteranno del 15%-30% nei prossimi anni, come conseguenza del cambiamento climatico. Va detto che l’inseminazione artificiale delle nuvole negli Emirati non è tabù e che il National Center of Meteorology opera queste operazioni in maniera continuativa. Questo era avvenuto anche prima delle forti piogge di febbraio e marzo scorso. In quelle occasioni il National Center of Meteorology ammise di aver condotto l’inseminazione delle nuvole prima che si verificassero le forti piogge. D’altronde, gli Emirati Arabi Uniti hanno comunicato che, per il 2024, prevedono di effettuare circa 300 voli di inseminazione delle nuvole, come spiegato dal vicedirettore dell’NMC. L’inseminazione delle nuvole viene utilizzata negli Emirati fin dagli anni Novanta con l’intento di risolvere la carenza d’acqua. Le missioni di semina sono ormai la normalità e vengono eseguite più di 1.000 ore di inseminazione delle nuvole ogni anno, con uno specifico programma governativo dedicato a questo.

Come spiegato dallo stesso vicedirettore dell’NCM, l’inseminazione delle nuvole negli Emirati Arabi Uniti è iniziata alla fine degli anni ’90 del secolo scorso. Negli ultimi tredici anni nel Paese sono stati condotto migliaia di voli per missioni di inseminazione delle nuvole. Per questo operazioni l’NCM utilizza un sofisticato radar di sorveglianza meteorologica (WSR), che è responsabile del monitoraggio della pressione atmosferica e delle formazioni nuvolose 24 ore su 24 per capire quando è il momento propizio per intervenire con il cloud seeding, che viene effettuato quando vi sono «forti correnti ascensionali e alta umidità».  Dal 2001, il programma ha collaborato con organizzazioni come il National Centre for Atmospheric Research (NCAR) in Colorado, USA, così come la Witwatersrand University in Sud Africa e l’Agenzia Spaziale degli Stati Uniti, la NASA. Gli Emirati Arabi Uniti hanno lanciato il Premio UAE per l’Eccellenza per l’avanzamento della scienza e della pratica della modificazione del clima, in collaborazione con l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), proprio perché hanno da subito deciso di puntare forte su questa tecnologia di modificazione metereologica.

[di Michele Manfrin]

Da Torino a Napoli manifestazioni per clima e cessate il fuoco

0

Mentre a Roma il corteo degli studenti partito dalla Sapienza – dove alcuni sono rimasti incatenati per il terzo giorno di sciopero della fame – ha raggiunto la manifestazione Fridays for Future a piazza dell’Esquilino, si stanno svolgendo manifestazioni in tante altre città d’Italia: A Napoli gli attivisti stanno protestando contro il G/ in corso a Capri esponendo bandiere della Palestina e chiedendo lo “stop al genocidio”. A Milano centinaia di studenti sono entrati da Kfc spiegando che l’azienda è dedita allo «sfruttamento degli animali, inquinando il pianeta». A Torino sono stati registrati cortei per «clima, pace e lavoro» mentre a Trieste si protesta contro l’oleodotto transalpino Tal-Siot e l’ovovia.

Gli Stati Uniti hanno posto il veto al riconoscimento dello Stato di Palestina

0

Gli Stati Uniti hanno bloccato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che chiedeva l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Nonostante i 12 paesi favorevoli – ben oltre la soglia minima richiesta dei 9 voti positivi – e l’astensione di Gran Bretagna e Svizzera, il documento è stato rigettato dal veto degli Usa: il quarto in totale dal 7 ottobre. Il tutto mentre funzionari dell’amministrazione Biden assicuravano l’impegno per un accordo diplomatico a lungo termine che spinga il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad accettare di impegnarsi per la nascita di uno Stato palestinese in cambio del riconoscimento diplomatico da parte dell’Arabia Saudita. Robert Wood, l’ambasciatore americano che ha votato contro la risoluzione, ha dichiarato che «gli Usa supportano vigorosamente uno stato palestinese nell’ambito di un accordo di pace e il presidente Joe Biden dal 7 ottobre ha ripetuto numerose volte che l’unica via per la pace è una soluzione dei due stati. Ma azioni premature qui a New York, anche con le migliori intenzioni, non porteranno allo stato palestinese». D’altra parte, Hamas ha condannato il veto americano assicurando «al mondo» che il popolo «proseguirà nella sua lotta fino alla creazione di uno Stato palestinese indipendente e pienamente sovrano con Gerusalemme come capitale».

Il documento, presentato dall’Algeria a nome del Gruppo arabo dell’Onu, aveva ricevuto ben 12 voti a favore tra cui 4 provenienti da paesi – Francia, Giappone, Corea ed Ecuador – che avevano espresso posizioni ambigue nei precedenti interventi. Per essere ammessa a pieno titolo, la Palestina avrebbe dovuto ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza con almeno 9 voti e nessun veto per poi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza di due terzi. Tuttavia, nonostante le richieste del riconoscimento dello stato palestinese e della «soluzione a due Stati per due popoli» espresse da mesi sia dal segretario di stato americano Antony Blinken che dal presidente Joe Biden, gli Stati Uniti hanno posto il veto, bloccando la risoluzione proposta dall’Algeria. Il veto è arrivato inoltre dallo stesso paese la cui amministrazione, secondo le indiscrezioni di funzionari statunitensi e sauditi al Wall Street Journal, sarebbe al lavoro per offrire un accordo diplomatico a lungo termine ad Israele affinché si impegni per il riconoscimento dello stato palestinese in cambio del riconoscimento diplomatico da parte di Riyadh.

Tuttavia, nonostante le dichiarazioni di funzionari anonimi, rimane un fatto: è la quarta volta dal 7 ottobre che gli Stati Uniti bloccano risoluzioni dell’Onu ponendo il veto. La prima volta è stata ad ottobre, quando gli Usa sono stati l’unico membro del Consiglio di Sicurezza a votare contro una risoluzione che chiedeva una «tregua permanente» nei combattimenti in Medioriente per fornire aiuti salvavita ai due milioni di abitanti della Striscia di Gaza, condannando allo stesso tempo l’attacco di Hamas contro Israele. Poi è avvenuto a dicembre, quando sempre gli Stati Uniti hanno posto il veto su una risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco umanitario, immediato e permanente all’interno della Striscia di Gaza, nonostante i 13 voti su 15 favorevoli. Infine, prima della votazione di ieri sera, è avvenuto anche a febbraio, quando la risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chiedeva ancora una volta l’immediato cessate il fuoco a Gaza è stata bloccata nuovamente dal veto Usa, favorevoli piuttosto ad un «sostegno temporaneo» e «appena possibile».

Il voto dimostra, ancora una volta, il differenziale statunitense tra le dichiarazioni di funzionari di governo che propongono da mesi la soluzione a due Stati e le reali decisioni prese all’interno dei tavoli che contano, nei quali gli Stati Uniti non si impegnano per attualizzare tale impegno. La votazione rappresenta quindi un ulteriore passo indietro verso il riconoscimento di uno Stato palestinese che, come documentato all’interno del Monthly Report di gennaio de L’Indipendente, è favorito dalla maggior parte del mondo ma ostacolato da una serie di paesi che continuano a riconoscere esclusivamente lo stato di Israele esprimendo posizioni ambigue o ponendo veti alle risoluzioni Onu, tra cui Austria, Giappone, Belgio, Germania, Grecia, Italia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti.

[di Roberto Demaio]

Kenya, si schianta elicottero: 10 morti, tra cui capo militare

0

In Kenya un elicottero militare si è schiantato ieri provocando la morte di 10 persone tra cui Francis Ogolla, il Capo delle Forze di Difesa del Kenya. Lo ha annunciato il presidente William Ruto, citato da Reuters, che ha spiegato che il velivolo è caduto pochi minuti dopo aver lasciato la scuola secondaria Cheptulel Boys nella contea di West Pokot. Due soldati sono sopravvissuti e sono attualmente ricoverati in ospedale, mentre le cause esatte dell’incidente rimangono ancora ignote.

Come cambiano i cibi con la cottura

1

Alla cottura degli alimenti la specie umana deve davvero molto. Si pensa infatti che la cottura abbia avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’uomo, perché rendendo più digeribili gli amidi presenti nei cereali e nei legumi, ad esempio, ha fatto si che l’uomo non dovesse sempre procacciarsi carne, quindi esodare e muoversi continuamente per trovare animali da mangiare. E per effetto di tutto ciò la specie umana è diventata più stanziale e le comunità umane si sono evolute in quello che è oggi il nostro stile di vita occidentale. Ma soprattutto la cottura ha avuto un ruolo essenziale perché gli studiosi credono che se l’uomo non avesse cominciato a cuocere i cibi in generale (non solo cereali e legumi) e non avesse avuto la possibilità di estrarre più calorie dal cibo (la cottura fa aumentare la disponibilità di nutrienti e calorie) avrebbe dovuto passare tutto il giorno a mangiare e procacciarsi cibo, non avendo tempo per fare altro, proprio come fanno alcune specie animali meno evolute come ad esempio i bovini. Però è importante anche capire che la cottura comporta sia vantaggi che svantaggi dal punto di vista nutrizionale.

Cosa si perde con la cottura dei cibi

La prima cosa che si perde con la cottura di un alimento sono gli enzimi. Basta scaldare un cibo oltre i 40°C per disattivare completamente i suoi enzimi. I fautori della filosofia alimentare chiamata crudismo sostengono che negli enzimi ci sia una grande forza vitale, ovvero che non dovendoli produrre noi nel nostro organismo ma utilizzando direttamente quelli presenti naturalmente nel cibo, noi possiamo mettere a riposo una grande parte della nostra macchina metabolica e possiamo quindi usare quelle energie che non sprechiamo per produrre nuovi enzimi alle funzioni di riparazione e rigenerazioni di nuove cellule e tessuti del nostro organismo. In effetti consumare degli alimenti ancora vivi e ricchi di enzimi può avere effetti molto positivi sulla vitalità della persona, sul sentirsi energici e sulla pelle e la bellezza dell’incarnato. Un po’ di crudismo, in poche parole, male non fa nella nostra dieta. Anche se una dieta totalmente crudista non offre molti vantaggi di salute, nel complesso. Per rendere l’idea concreta con un esempio: se mangiate i biscotti la mattina a colazione, questi non sono un alimento vivo e ricco di enzimi (non ne possiede proprio, in realtà), mentre se mangiamo un frutto fresco abbiamo un cibo ricco di energia ed enzimi vitali. Fra l’altro, gli enzimi dei cibi servono anche a digerire meglio l’alimento stesso, infatti si parla di enzimi digestivi proprio per questo aspetto. Gli enzimi digestivi non sono altro che delle proteine particolari che servono al nostro stomaco e intestino per assimilare al meglio le sostanze nutritive presenti negli alimenti. Molte persone oggi sono carenti di enzimi digestivi perché il loro organismo non riesce a produrli in dosi adeguate, e questo è dovuto ad una serie numerosa di fattori: inquinamento, stress, dieta scorretta, sedentarietà, uso regolare di farmaci ecc. Da questo punto di vista, mangiare un po’ frutta e verdura crude, ad esempio, ci aiuta senza dubbio perché apportano un po’ di questi enzimi mancanti. Nel caso della frutta e della verdura, la cottura comporta la perdita di gran parte delle vitamine e dei sali minerali. Cuocendo la verdura, specialmente se si cuoce con bollitura in pentola con abbondante acqua (es. broccoli, spinaci bolliti ecc.) perdiamo le preziose vitamine idrosolubili (tra le quali la vitamina C) che appunto si chiamano così perché si sciolgono in acqua e quindi finiscono poi nell’acqua di cottura che di solito gettiamo via nel lavandino. La stessa sorte tocca ai sali minerali che vengono persi nell’acqua di cottura come potassio, magnesio, ecc.

Oltre alla cottura dei cibi che facciamo noi in casa, bisogna fare attenzione anche ai cibi cotti che si acquistano già pronti e si consumano in quantità importanti e con regolarità, come crackers, fette biscottate, ecc. Sono cibi che hanno subito spesso cotture ad alte temperature con oli e grassi di pessima qualità. Non ci si rende conto ma pare che proprio attraverso questi alimenti si assimili la maggior parte delle sostanze tossiche che si generano dalla cottura degli alimenti, come l’acrilammide. Le persone stanno attente alla cottura della carne in casa ma in realtà le sostanze tossiche le assorbiamo in gran parte dalla cottura dei carboidrati presenti in alimenti come biscotti, fette biscottate, pane, crackers e pasta. Questo perché la dieta degli italiani è basata per lo più sul consumo quotidiano di questi alimenti. 

La preoccupazione degli esperti

Si pensi che la preoccupazione degli esperti sull’ingestione di tutte queste sostanze tossiche è tale che la Commissione europea ha incaricato un team di studiosi per studiare quanti prodotti tossici per il corpo si formano durante le cotture, e tali esperti hanno scoperto che ci sono più di 50 composti tossici derivanti dalla cottura del cibo. Il documento redatto dal comitato di esperti è scaricabile su internet dal sito della Commissione europea e si chiama HEATOX, cioè tossicità da calore. L’acrilammide è una delle sostanze tossiche più problematiche, la troviamo in tutte le farine che sono diventate scure. E più sono diventate scure maggiore è la concentrazione di questa sostanza. Alimenti come fette biscottate, biscotti, crackers, molto asciutti e disidratati, l’acrilammide si forma a seguito della reazione chimica tra un aminoacido presente nella farina chiamato arginina, che reagisce con il glucosio o altri zuccheri che sono aggiunti negli impasti di questi cibi. L’acrilammide è cancerogena e neurotossica e quindi bisogna fare attenzione a non ingerirla regolarmente con alimenti di uso quotidiano come questi menzionati. Possiamo sostituire questi cibi con il pane. Nel pane l’acrilammide è presente solo nella crosta. 

Cosa si guadagna cuocendo il cibo

D’altra parte anche la cottura ci offre alcuni vantaggi. La cottura delle verdure e degli ortaggi rende più digeribili le fibre, per esempio. Di questo aspetto si accorgono subito le persone che soffrono di gastrite, reflusso e infiammazione dello stomaco, perché digeriscono meglio le verdure cotte rispetto a quelle crude, proprio perché la cottura ammorbidisce le fibre e le rende assimilabili in maniera più semplice dal nostro intestino. La verdura cruda, in chi soffre di gastrite, è davvero problematica e crea fastidio addominale, bruciore di stomaco, gonfiore. Quella cotta, quasi sempre si digerisce bene senza problemi. La digestione è migliore comunque anche nelle persone completamente sane, con le verdure cotte. Pertanto possiamo benissimo mangiare sia la verdura cruda che cotta, ma quando la cuociamo facciamo attenzione ad usare metodi di cottura che non disperdano le vitamine e i sali minerali, metodi corretti come la cottura a vapore, o la stufatura in padella o nel wok, o anche al forno. La bollitura, come abbiamo accennato, nel caso delle verdure sarebbe da evitare sempre.

La cottura degli alimenti spesso aiuta anche ad estrarre ed assimilare più nutrienti dal cibo. Ad esempio le proteine dell’uovo cotto vengono assorbite al 92% dal nostro intestino, le stesse proteine dell’uovo crudo solo al 55%. Questo è il caso anche di alcuni tipi di verdure e ortaggi, come i pomodori e le carote. Essi contengono delle vitamine liposolubili (significa che sono assimilabili assieme a delle sostanze grasse come l’olio o il burro), come il licopene dei pomodori e il betacarotene delle carote. Queste vitamine risultano maggiormente assimilabili con la cottura, quindi un sugo al pomodoro apporta più licopene rispetto agli stessi pomodori crudi. Importante ricordare anche che queste vitamine liposolubili hanno bisogno di olio o altri grassi per essere assorbite perfettamente nell’intestino, quindi per tutti gli amanti del cibo crudo e dei centrifugati di frutta e verdura è bene sapere che è meglio aggiungere un cucchiaino di olio nel centrifugato, in modo da assorbire perfettamente tutte queste vitamine e sostanze liposolubili, che altrimenti verrebbero assimilate solo in piccole percentuali. 

[di Giampaolo Usai]

Migranti, processo Iuventa: prosciolti tutti gli imputati

0

Dopo 7 anni, si è chiuso con una sentenza di non luogo a procedere il processo ai 10 imputati – membri dell’equipaggio delle ong Iuventa, Save The Children e Medici Senza Frontiere – che erano accusati del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Procura di Trapani contestava alle organizzazioni umanitarie di aver stretto accordi con i trafficanti di uomini, avendo fatto da “taxi” del mare e aver trasbordato i migranti in viaggio dalle navi libiche, cui avrebbero poi permesso di tornare indietro indisturbate. Dopo aver istruito l’inchiesta, era stata la stessa Procura di Trapani a chiedere ai giudici il non luogo a procedere.

Depistaggio Borsellino, i pm identificano il ponte tra servizi segreti e mafia

0

Sul gigantesco depistaggio che ha segnato le indagini sulla strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992 – in cui vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta - c'è una figura su cui aleggiano ombre inquietanti. È quella di Arnaldo La Barbera, deceduto nel 2002, un anno e mezzo dopo essere stato indagato in seguito all'irruzione della polizia alla scuola Diaz durante il G8 di Genova, quando era capo dell'Ucigos. Nella requisitoria al processo sul depistaggio delle indagini sull'omicidio Borsellino, il pm Bonaccorso ha definito l'ex questore di Palermo La Barbera – già ...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Grazie per aver già letto

10 dei nostri articoli questo mese.

Chiudendo questo pop up potrai continuare la lettura.
Sappi però che abbiamo bisogno di te,
per continuare a fare un giornalismo libero e imparziale.

Clicca qui e  scopri i nostri piani di abbonamento e supporta
Un’informazione – finalmente – senza padroni.

ABBONATI / SOSTIENI