venerdì 4 Luglio 2025
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Gaza: uccisi 94 palestinesi, 45 in cerca di aiuti umanitari

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Nelle ore notturne, 94 palestinesi sono stati uccisi nella Striscia di Gaza da attacchi aerei e sparatorie israeliane, tra cui 45 persone mentre cercavano aiuti umanitari, secondo il ministero della Salute locale. Altre 13 persone sono morte in un attacco su una tenda ad al-Mawasi, mentre 12 sono decedute a causa di un bombardamento su una scuola per sfollati a Gaza City. In totale, oltre 300 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 48 ore. Dall’inizio del massacro, nell’ottobre 2023, più di 57mila palestinesi sono morti, la metà donne e bambini, secondo le autorità sanitarie di Gaza.

Alligator Alcatraz: il nuovo carcere show per migranti voluto da Donald Trump

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In mezzo alle cosiddette Everglades della Florida, le paludi dello Stato a sudest degli Stati Uniti, è nata una prigione per persone migranti, circondata da alligatori e pitoni: è Alligator Alcatraz, struttura che sorge su una vecchia pista da jet abbandonata. Il nuovo carcere è stato fortemente voluto dall’amministrazione Trump, che per la sua apertura ha organizzato un evento mediatico che ha fatto rapidamente il giro di tutto il Paese: «Se vuoi fuggire devi correre a zigzag, così le tue chance di sopravvivere aumentano dell’1%», ha detto Trump mimando il movimento ondulatorio con le mani. Quello che vuole essere la nuova prigione statunitense, insomma, è esplicito: una struttura detentiva di massima sicurezza – come del resto quella da cui prende il nome -, con dei «coccodrilli come poliziotti» perché «costano meno» e sanno essere molto più letali. Alligator Alcatraz ospiterà fino a 5.000 persone migranti, e, secondo le prime stime, dovrebbe costare 450milioni di dollari all’anno.

Alligator Alcatraz è stata inaugurata martedì 1 luglio con una cerimonia mediatica che ha avuto parecchia risonanza in tutti gli Stati Uniti: per promuovere l’apertura della struttura, i funzionari statunitensi hanno pubblicato sui social media immagini di alligatori con indosso cappelli dell’Immigration and Customs Enforcement, mentre il Partito Repubblicano della Florida ha iniziato a vendere abiti e accessori a tema alligatore. Arrivato sulla ex pista da jet, il presidente è apparso insieme al governatore della Florida e suo ex contendente alle primarie repubblicane Ron De Santis, e alla segretaria della Sicurezza Interna Kristi Noem, e ha risposto alle domande dei giornalisti. La struttura è stata messa in piedi in soli 8 giorni, ricorrendo ai poteri di emergenza per la crisi migratoria.

La prigione sorge dove un tempo si trovava l’aeroporto di addestramento e transizione Miami-Dade Collier, a circa 60 chilometri da Miami. Il vecchio aeroporto era grande oltre 100 chilometri quadrati, ma non è ancora chiaro quanta superficie sia stata utilizzata per il centro di detenzione; rispondendo a una domanda di Trump, il governatore De Santis ha detto che non esclude l’ipotesi che la porzione di pista dedicata al carcere venga allargata. Essa ospiterà fino a 5.000 persone, e secondo la segretaria Noem servirà come appoggio per coloro che sono in attesa di espulsione. In occasione dell’inaugurazione, il governatore Ron DeSantis ha dichiarato che avrebbe inviato 100 soldati della Guardia Nazionale nella struttura, e che il carcere avrebbe iniziato a essere operativo entro 24 ore; non sembra che siano ancora arrivate le prime persone migranti. Secondo delle stime apparse sui media il mantenimento del carcere dovrebbe costare un totale di 450 milioni di dollari l’anno, che saranno parzialmente erogati dall’amministrazione federale.

L’iniziativa di costruire un carcere di massima sicurezza in mezzo a una palude dove rinchiudere le persone migranti si colloca sulla scia della dura politica migratoria che Trump – e come lui De Santis – porta avanti sin dalla campagna elettorale, e contro cui i cittadini sono già scesi in piazza diverse volte. Secondo dei documenti visionati dall’emittente CBS lo scorso 23 giugno, il numero di persone detenute nei centri di immigrazione federali è aumentato drasticamente, passando dai 39.000 di inizio anno a 56.000; secondo De Santis la Florida sarebbe responsabile del 20% degli arresti giornalieri di persone irregolari. Questo rapido aumento degli arresti ha spinto l’amministrazione a cercare soluzioni alternative e a spingere perché venissero costruite nuove strutture.

In occasione dell’apertura di Alligator Alcatraz, i gruppi ambientalisti hanno organizzato una protesta per contestare la trasformazione dell’aeroporto in un centro detentivo. Qualche settimana prima, i movimenti Friends of the Everglades e Center for Biological Diversity hanno inoltre presentato una istanza legale per bloccare la costruzione del sito sostenendo che esso violi le leggi ambientali federali, statali e locali. I movimenti contestano il fatto che il sito si trovi nei pressi della Big Cypress National Preserve, un’area protetta in cui risiedono le pantere della Florida, che risultano in via di estinzione. Le contestazioni non si fermano alle questioni ambientali: Mark Fleming, direttore associato del National Immigrant Justice Center, ha infatti criticato le condizioni in cui sono costretti i detenuti, giudicando il sistema di supervisione dei migranti «fuori controllo»: «Il fatto che l’amministrazione e i suoi alleati prendano in considerazione una struttura temporanea così grande in un lasso di tempo così breve», ha affermato, «senza un piano chiaro su come dotarla adeguatamente di personale medico e altri servizi necessari, e nel bel mezzo della calura estiva della Florida, dimostra il loro insensibile disprezzo per la salute e la sicurezza degli esseri umani che intendono imprigionarvi. È semplicemente uno shock per la coscienza».

Dopo il Dalai Lama ci sarà un altro Dalai Lama, e la Cina non l’ha presa bene

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Il Dalai Lama XIV ha dichiarato ufficialmente che ci sarà un suo successore. Mercoledì 2 luglio, attraverso un atteso discorso annunciato nei giorni scorsi, Tenzin Gyatso ha confermato che il Tibet continuerà ad aver un capo spirituale anche dopo la sua morte. E non era affatto scontato. A pochi giorni dal suo novantesimo compleanno, Gyatso ha levato ogni dubbio sul futuro del capostipite del buddismo tibetano e ha scelto di affrontare apertamente le ingerenze cinesi sulla questione, in una decisione che – lungi dall’essere solo religiosa – ha tutte le carte in regola per aumentare le tensioni tra Cina e Occidente su più fronti. 

Il Dalai Lama, figura principale della religione buddhista tibetana e figura di spicco del territorio, viene eletto dal Gaden Phodrang Trust (istituzione da lui stesso fondata nel 2011), dopo le consultazioni con i capi spirituali delle scuole buddiste tibetane e i Protettori del Dharma. Come confermato dal Dalai Lama XIV, l’elezione si celebrerà solo dopo la sua morte, in seguito alla ricerca dell’incarnazione dell’attuale capo spirituale nel corpo di un bambino. 

Se l’iter tradizionale prevede lo svolgimento delle elezioni secondo la suddetta procedura, in quest’occasione il profondo cambiamento del contesto geopolitico dell’area negli ultimi settant’anni complica drasticamente la situazione. Difatti Tenzin Gyatso, l’attuale Dalai Lama, è stato l’ultimo capo spirituale riconosciuto e insediato prima dello scoppio della guerra civile cinese e dell’ascesa al potere del partito comunista. Intronizzato nel 1940, a soli cinque anni, nel territorio tibetano ancora isolato e indipendente, Gyatso assistette all’invasione cinese del Tibet del 1950 e tentò per due anni di aprire il dialogo con le istituzioni maoiste, senza successo. È nel 1959 però che la tensione scoppiò definitivamente, scatenando lo scontro tra le forze militari maoiste e i rivoltosi del movimento di resistenza tibetano, addestrato dalla CIA nel contesto dell’operazione ST Circus. La repressione delle ribellioni da parte dei militari cinesi, spinsero il Dalai Lama e 190.000 tibetani alla fuga verso l’India, dove, con l’aiuto della CIA e l’approvazione del presidente indiano Jawaharlar Nehru, si installò definitivamente a Dharamsala, dando vita al Governo tibetano in esilio. 

Il Dalai Lama leva così il velo sul futuro dell’istituzione religiosa che rappresenta. Resta aperto il dubbio sulle conseguenze di una dichiarazione che la Cina considera una vera e propria ingerenza. Da Pechino la risposta non si è fatta attendere: «le rincarnazioni del Dalai Lama, del Panchen Lama e delle altre grandi figure buddhiste devono essere scelte dal sorteggio attraverso l’urna d’oro e dovrà essere approvato dal governo centrale» ha dichiarato il ministro per gli affari esteri Mao Ning, facendo riferimento alla tradizione introdotta dalla dinastia Qing nel 1793 e utilizzata fino al 1877. Difatti, i due Dalai Lama eletti dopo il 1877 furono scelti, con il permesso del governo centrale cinese, attraverso il metodo della manifestazione del defunto nel nuovo corpo. È grazie al metodo introdotto in epoca Qing che il Partito comunista cinese (PCC) confuta oggi le affermazioni di Tenzin Gyatso. 

Inoltre, l’estrazione dall’urna d’oro interessa anche le figure dei Panchen lama, seconda entità più importante della religione e figura principale nella ricerca del nuovo Dalai Lama. Intorno a questo ruolo, trent’anni fa si produsse un contenzioso tra il PCC e il governo tibetano: nel 1995 Tenzin Gyatso scelse come successore del Panchen Lama, deceduto nel 1989, Gedhun Choekyi Nyima un bambino nato nella contea di Lhari, situata nella regione autonoma del Tibet sotto il controllo cinese. Il 14 maggio, solo pochi giorni dopo l’annuncio del Dalai Lama, le autorità cinesi arrestarono il futuro Panchen Lama e incaricarono Sengchen Lobsang Gyaltsen, ostile alle istituzioni tibetane e vicino al partito, di trovarne un altro. La scelta ricadde su Gyancain Norbu, che da allora rappresenta il lignaggio dei Panchen Lama, risiede abitualmente a Pechino e solo pochi giorni fa è stato ricevuto dal presidente Xi Jinping.

Il risultato di questa dicotomia istituzionale sarà con estrema probabilità l’istituzione di due Dalai Lama, uno eletto alla morte di Tenzin Gyatso e ricercato tra i territori «del mondo libero», come lui stesso ha ammesso nel suo ultimo libro, e l’altro nominato attraverso il rito dell’urna e con il consenso del PCC. Questa questione alimenta una tensione geopolitica considerevole, già fortemente compromessa dal fragile equilibrio al di là dello stretto di Taiwan. Se da un lato i parametri di questo stallo sono di carattere religioso, dall’altro la successione accende un faro sul controllo di un territorio chiave sia da un punto di vista orografico ed economico, per la fonte idrica che contiene, sia politico, in quanto confine conteso con l’altra potenza economica dell’area, l’India.

Vanno inoltre tenute in considerazione le relazioni che il Dalai Lama ha stretto nel corso dei decenni con l’Occidente. Se fin da subito la CIA e gli Stati Uniti hanno finanziato il Tibet in chiave anticomunista, anche se, come recriminato dallo stesso Gyatso nel 1991, senza tenere a cuore la causa tibetana, l’intero asse atlantico si è schierato più volte dalla parte del Tibet, stringendo relazioni dirette con l’attuale Dalai Lama. Entrambe le forze in gioco sono coscienti dell’importanza dell’area: secondo Reuters gli Stati Uniti avrebbero ristabilito nei giorni scorsi gli aiuti economici inizialmente sospesi dall’amministrazione Trump, mentre la Cina da anni ha avviato un processo di investimenti nelle infrastrutture, nel turismo e nelle risorse naturale nella regione autonoma del Tibet. 

Il processo di successione annunciato da Tenzin Gyatso non si risolverà rapidamente, ma in un contesto geopolitico instabile come quello odierno, ha tutte le carte in regola per aumentare le tensioni tra Cina e Occidente su più fronti. Ottantacinque anni dopo l’ultima elezione, il prossimo Dalai Lama scelto dalla comunità tibetana in esilio sarà il primo a non aver mai messo piede in Tibet.

Frane e ingiustizie a Cortina: a pagare sono i cittadini che denunciano i pericoli

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A San Vito di Cadore cresce la rabbia per le continue frane che, nelle ultime settimane, hanno interessato i monti Sorapis e Antelao e per l’inerzia delle istituzioni. Dal 2018, i cittadini avevano denunciato la fragilità idrogeologica dell’area, opponendosi alla variante stradale Anas legata ai Mondiali di sci 2021. Le loro preoccupazioni si sono rivelate fondate, eppure, invece di ricevere ascolto, si sono visti chiedere risarcimenti per 127 mila euro e dichiarare ineleggibili tre consiglieri comunali critici verso l’opera. Ora i cantieri sono ancora aperti in vista delle Olimpiadi 2026, mentre i cittadini continuano a pagare il prezzo di scelte ritenute inutili e dannose.

La notte di martedì 1° luglio, l’ennesima colata di fango e sassi dalla Croda Marcora ha invaso la statale 51, chiudendo la strada in entrambe le direzioni. Una frana con un fronte di lunghezza di 100 metri e alta 4 metri. Vigili del fuoco di Belluno e Verona, insieme alle squadre di Cortina e di San Vito, sono intervenuti con pale gommate, escavatore e camion per liberare la carreggiata. Si tratta della terza chiusura della statale in meno di quindici giorni, in seguito ad altre due colate di detriti che avevano già colpito il territorio di Borca di Cadore. Il commerciante Antonio Menegus, storica voce del “Comitato no variante Anas”, non nasconde rabbia e frustrazione: «Ma si rendono conto di quello che sta accadendo sulle nostre montagne e di ciò noi stiamo denunciando da anni, senza che nessuno prenda provvedimenti? Anzi, hanno chiesto ai cittadini che hanno alzato la voce risarcimenti per spese legali pari a 127 mila euro e hanno impedito l’elezione di tre consiglieri comunali, per una causa civile finita nel nulla». Menegus ha aggiornato il bilancio delle sue battaglie, le quali, oltre alla richiesta di risarcimento per le spese legali, vede quattro cause davanti al Tribunale delle Acque Pubbliche.

Nel febbraio 2018, Menegus e altri abitanti inviarono un esposto al Ministero dell’Ambiente, alla Procura di Belluno, al sindaco di San Vito, all’Anas e alla Soprintendenza, denunciando che «la progettazione Anas depositata al Ministero dell’ambiente e di tutela del territorio non prende in giusta considerazione la fragilità idrogeologica di tutto il versante che va da Borca a Cortina in sinistra Boite». Il documento avvertiva dei drammatici precedenti: due vittime a Borca nel 2009 e tre a San Vito nel 2015, e segnalava nel tratto di Acquabona «continue interruzioni (media tre all’anno) in diversi punti» della statale 51. Proposero persino «soluzioni di viabilità alternativa all’intera tratta, probabilmente in destra Boite, che pongano definitivamente in sicurezza il transito nell’Alta valle del Boite».

Il progetto rientrava nei lavori per i campionati mondiali di sci alpino di Cortina 2021, che avrebbero dovuto essere consegnati entro il 31 dicembre 2019. Gli attivisti ricordano come i cantieri, contrariamente alle promesse, avessero preso «durata indefinita» e oggi si trascinino ancora in vista delle Olimpiadi 2026. Lo scorso dicembre, il Comitato fece i conti con parcelle legali «abnormi»: otto fatture da 65mila euro ciascuna, per un totale di 523mila euro, con maggiorazioni del 150% decise dai legali di Anas e Comune di Cortina. Nel dettaglio, una singola parcella toccò 45mila euro per l’incremento percentuale di venticinque parti, a cui si aggiungevano spese previdenziali e forfettarie. Le cause, intentate davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, erano mirate a ottenere la sospensiva dei lavori mai concessa, ma costarono un’estorsione giudiziaria di fatto punitiva.

A giugno 2024 tre consiglieri – Anna Rosa Martinelli, Paolo Brovedani e Silvia D’Arsiè de Sandre – eletti proprio in quota Comitato, furono dichiarati ineleggibili: il commissario straordinario Antonino Russo aveva avviato contro di loro una causa da 144.526 euro per «danni patrimoniali e d’immagine», imputando un «eccesso di ricorsi». Il Tribunale di Belluno li ha poi reintegrati, ma il mandato era nel frattempo decaduto. Il neo sindaco Franco de Bon ha rinunciato all’appello e il Comune è stato condannato a pagare 40mila euro di spese legali.

Corea del Sud: approvata revisione della legge marziale

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Il parlamento sudcoreano ha approvato una revisione delle norme che disciplinano la legge marziale. La scelta di rivedere il funzionamento della legge marziale arriva in risposta alla crisi scoppiata lo scorso dicembre, quando l’ex presidente Yoon Suk Yeol ha provato a imporla al Paese. Le nuove norme vietano qualsiasi tentativo di impedire ai parlamentari di entrare nell’Assemblea Nazionale e costringono l’esercito e la polizia a chiedere l’approvazione del Presidente dell’Assemblea per accedere all’edificio.

Integratori di sali minerali per l’estate: quali scegliere?

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Con l’arrivo della stagione estiva, caratterizzata da caldo intenso, alte temperature e sudate ricorrenti, potremmo aver bisogno di un integratore di sali minerali, come quelli a base di potassio e magnesio, che aiutino il corpo a non subire contraccolpi come debolezza, abbassamenti di pressione, svenimento in alcuni casi, o addirittura problemi cardiaci, dal momento che sia il potassio che il magnesio sono direttamente e precipuamente coinvolti anche nel funzionamento corretto del cuore e del sistema nervoso. Una carenza di questi sali infatti può comportare problemi di salute da lievi a molto gravi, a seconda della situazione e del grado di carenza che si instaura. 

Pertanto può essere una buona idea dare al nostro organismo una supplementazione di queste preziose sostanze, specialmente nelle giornate in cui sudiamo tanto o siamo costretti a stare per molte ore in una condizione di forte accaldamento, per lavoro o per altri motivi di varia natura. Sebbene questi minerali siano presenti all’interno di una dieta ricca di frutta e verdura (ma solo se effettivamente ricca), con l’innalzarsi delle temperature il nostro corpo si trova ad avere un fabbisogno maggiore di sali minerali e vitamine. In particolare quando siamo sottoposti a sudorazioni eccessive e disidratazione, queste sostanze non riescono a permanere in quantitativi sufficienti dentro il nostro organismo e quindi si determina una carenza che può andare da lieve a severa, con le conseguenze del caso. Lo stesso discorso vale per gli sportivi (e per loro vale tutto l’anno), in quanto la sudorazione e disidratazione è costante per via di allenamenti e gare. Ne deriva che per queste categorie di persone integrare queste e altre sostanze è assolutamente necessario e per niente opzionale, pena un calo di salute che come detto può essere anche serio e portare a conseguenze sgradevoli. 

Detto ciò, è però molto importante scegliere un integratore di qualità che abbia davvero le caratteristiche richieste, dal momento che sul mercato ci sono prodotti di ogni genere che promettono di aiutare a migliorare la situazione ma che alla prova dei fatti spesso sono inadatti o semplicemente troppo “deboli” nel produrre effetti significativi nell’organismo, banalmente perché non contengono abbastanza potassio e magnesio, per esempio, nonostante le sbandierate super proprietà negli spot pubblicitari in TV e nei giornali. Vediamo allora a cosa bisogna prestare attenzione se acquistiamo un integratore di sali minerali.

Integratori salini: come sceglierli

Per prima cosa sarebbe opportuno evitare completamente tutti quei prodotti (molto pubblicizzati da anni in TV) la cui formulazione prevede come primo ingrediente lo zucchero o altro tipo di dolcificante, e che include sempre anche altre sostanze del tutto inutili come maltodestrine (altro zucchero che si ottiene in laboratorio), l’olio di palma, i correttori di acidità come E330, E334, E500, gli aromi (tipicamente di agrumi o fragola), e perfino dei coloranti (vedi immagini sotto). Quando ci troviamo di fronte a prodotti formulati in questo modo, significa che dentro c’è di tutto ma in sostanza sarà presente soltanto una piccola dose di sali minerali, i quali non avranno quell’effetto nutraceutico di cui abbiamo bisogno, anche perché nel frattempo il nostro corpo ha assimilato tanti zuccheri e additivi che tutto fanno tranne che ripristinare una disidratazione e uno squilibrio di sali minerali. Per convincerci definitivamente che questo genere di prodotto non è di nessuna utilità concreta, vi mostro l’etichetta di un noto integratore di potassio e magnesio dove si vede chiaramente come la dose da assumere indicata è di ben 3 bustine al giorno, e ciò nonostante si arriva a raggiungere a malapena un 15-30% di sali minerali, rispetto al fabbisogno giornaliero consigliato per la popolazione generale.

Il nostro obiettivo deve essere invece quello di acquistare un integratore più “pulito” e di qualità rispetto a quelli appena descritti, dove non ci siano sostanze inutili come lo zucchero, gli aromi e altri additivi, e dove soprattutto si punti alla sostanza, in cui la quantità contenuta di sali minerali sia alta o comunque in grado di darci una vera supplementazione nel momento in cui il corpo ha realmente bisogno di una dose aggiuntiva che sia di reale beneficio. Infatti sarebbe inutile integrare piccolissime dosi di sali minerali nel momento in cui l’organismo ha già una carenza, in questi frangenti serve invece proprio una dose piuttosto alta che sia almeno pari alla dose giornaliera consigliata, o anche maggiore, proprio per aiutare l’organismo a ripristinare una situazione fisiologica, di normalità.    

Puntiamo dunque all’acquisto di un prodotto che contenga possibilmente solo i sali minerali, e ad assumerne un quantitativo che abbia effettivamente un impatto positivo per l’organismo. Nell’esempio in foto vi mostro un prodotto che contiene solo magnesio e un po’ di acido citrico, nulla più. Basta sciogliere la polvere in acqua e assumerlo. Come si vede dalla tabella in foto, con solo 1-2 cucchiaini possiamo arrivare alla dose del fabbisogno giornaliero e addirittura superarla (115% del fabbisogno). È proprio ciò a cui serve un integratore di questo tipo, le aziende che formulano i prodotti in questo modo sono le migliori sul mercato, anche come qualità della materia prima.

Lo stesso ragionamento vale per gli integratori di potassio o di altri sali minerali, sul mercato è sempre possibile trovare dei prodotti “puliti” e ben formulati, che offrono qualità e tralasciano le aggiunte di zuccheri e altri additivi. 

Evitare il fai da te

Sebbene si tratti di “semplici” sali minerali e vista la pressoché assenza di controindicazioni, effetti collaterali e interazioni farmacologiche nei soggetti sani, e sebbene tali prodotti vengano univocamente considerati come sicuri, a mio parere è comunque sconsigliabile l’utilizzo in completa autonomia, specie se li si vuole utilizzare per lunghi periodi. Non consiglio l’uso in autonomia sia perché, come abbiamo detto, i sali minerali hanno importanti effetti nel nostro organismo, che se non ben controllati possono comunque portare anche a squilibri e problemi, e sia perché alcune categorie di persone – in cura con farmaci o terapie ad esempio – devono avere la supervisione del medico o del professionista esperto come il farmacista. Questo breve articolo vi servirà da guida per orientarvi verso l’acquisto di un prodotto di qualità, per non cadere nella spesa inutile fatta seguendo spot TV o consigli di amici e conoscenti che non hanno nessuna contezza della questione. Dopo di ciò, chiedete un parere al vostro medico curante o al vostro farmacista di fiducia, oppure al nutrizionista, altra figura che vi saprà dare un indirizzo sicuro nelle modalità e tempi di assunzione.

Indonesia, affonda traghetto a Bali: almeno 5 morti e decine di dispersi

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Almeno cinque persone sono morte e decine risultano disperse dopo che un traghetto con 65 persone a bordo è affondato nella notte del 2 luglio durante la traversata da Banyuwangi (Giava Orientale) a Bali. I soccorritori hanno già recuperato 23 superstiti e continuano le ricerche in mare aperto, mentre il maltempo è stato indicato come causa dell’incidente. Secondo l’agenzia di ricerca e salvataggio di Surabaya, a bordo c’erano 53 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio; la nave è affondata intorno alle 23:20 ora locale. Le autorità stanno ora verificando il numero esatto di persone a bordo in base all’elenco ufficiale.

La Sicilia diventa polo globale per l’addestramento degli F-35 americani

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In Sicilia nascerà il primo polo di addestramento di piloti di caccia F-35 al di fuori degli Stati Uniti. A dirlo, a margine di una visita alla base aerea di Decimomannu, in Sardegna, è il ministro della Difesa Guido Crosetto, che conferma così le voci che giravano ormai da mesi. Un “primato”, quello siciliano, che viaggia in parallelo a quello piemontese, legato alla produzione dei caccia: «Siamo l’unico Paese al mondo dove vengono assemblati gli F-35, a Cameri», ha rimarcato infatti Crosetto, riferendosi allo stabilimento piemontese sede della produzione e dell’assemblaggio finale dei modelli di aereo destinati ai clienti europei. Gli F-35 sono dei caccia multiruolo prodotti dalla statunitense Lockheed Martin e fanno parte di un programma di produzione e commercio globale che interessa diversi Paesi, tra cui la stessa Italia. Essi vengono usati in diversi scenari di guerra, primo fra tutti da Israele nella Striscia di Gaza.

L’annuncio di Crosetto è stato rilasciato ieri, mercoledì 2 luglio, in occasione della cerimonia di consegna dei brevetti ai nuovi piloti militari presso la base aerea di Decimomannu, dove ha sede l’International Flight Training School. L’F-35 è il caccia multiruolo più diffuso al mondo. Esso è al centro del programma Joint Strike Fighter, che ha l’obiettivo di produrre un sistema d’arma supportabile in tutto il mondo. Le attività di programma sono iniziate nel 1994. Oggi JSF è finalizzato alla costruzione di un caccia multiruolo di quinta generazione denominato F-35 Lightning II, e coinvolge, oltre all’Italia, Australia, Canada, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Turchia. L’F-35 è largamente commerciato anche in Paesi esterni al programma JSF, come Belgio, Corea del Sud,, Finlandia, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Singapore e Svizzera. Anche Israele riceve e adopera aerei F-35, e nell’ultimo anno e mezzo li ha usati per bombardare Gaza. Tra gli episodi più noti c’è quello del luglio 2024, quando un F-35 è stato utilizzato per bombardare la “zona sicura” di Al-Mawasi, a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi.

Contro il programma JSF si sono mobilitati diversi movimenti e ONG. Lo scorso febbraio, oltre 230 organizzazioni internazionali hanno chiesto con una lettera congiunta ai governi coinvolti nel programma di interrompere le esportazioni di armi verso Israele. Ad esclusione degli Stati Uniti, hanno sottolineato i firmatari, il programma JSF è sottoscritto solo da Stati firmatari del Trattato sul commercio di armi (ATT), che prevede l’interruzione del commercio diretto e indiretto di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti e componenti, «qualora vi sia il rischio concreto che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto umanitario internazionale o del diritto internazionale dei diritti umani». Oltre a ciò, l’invio di caccia F-35 viola la Convenzione di Ginevra, il diritto umanitario internazionale consuetudinario e varie leggi nazionali.

Creta, vasto rogo a Ierapetra: centinaia di sfollati e danni ingenti

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Un vasto incendio sta devastando Ierapetra, sull’isola di Creta, propagandosi su tre fronti e costringendo all’evacuazione di diverse località, tra cui Ferma, Agia Fotia, Koutsounari, Achlia e Galini. I residenti parlano di distruzione “biblica”, con numerose abitazioni andate distrutte e persone tratte in salvo anche via mare. Centinaia di sfollati sono stati accolti nella palestra comunale coperta. Le operazioni di soccorso sono rese difficili dai venti fortissimi, che hanno raggiunto gli 11 Beaufort. Le fiamme restano fuori controllo sul fronte nord, mentre i vigili del fuoco parlano di uno scenario senza precedenti.

Il protocollo varato dal governo per proteggere i lavoratori dal caldo estremo

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Con l’arrivo dell’estate e il progressivo aumento delle temperature, il lavoro sotto il sole cocente torna a rappresentare una seria minaccia per la salute di migliaia di lavoratori. Edilizia, agricoltura, logistica, vigilanza, trasporti e persino il lavoro in bicicletta dei rider sono tra i settori più esposti. In questo contesto, il governo ha deciso di intervenire: è stato firmato al ministero del Lavoro, alla presenza di sindacati e imprese, il nuovo Protocollo sulle condizioni climatiche estreme. Un’intesa che, almeno sulla carta, punta a coniugare la continuità delle attività produttive con la tutela della salute dei lavoratori, specialmente quelli che operano all’aperto. Non mancano, però, alcuni punti di non ritorno, sottolineati dalle stesse sigle sindacali.

La firma del documento è avvenuta alla presenza della ministra del Lavoro Marina Calderone, dei sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl) e delle principali associazioni datoriali (tra cui Confindustria, Ance, Coldiretti, Confartigianato, Confagricoltura, Cna). Per la ministra Calderone, «con la sottoscrizione del protocollo caldo al ministero del Lavoro, le parti sociali hanno dato una risposta importante ai lavoratori e alle imprese in un momento certamente eccezionale». Il protocollo, che sarà recepito con un decreto ministeriale, definisce un insieme di misure organizzative, formative e tecniche rivolte a prevenire gli effetti del caldo estremo. Tra i punti cardine c’è il «ricorso ampio ed automatico» agli ammortizzatori sociali, in particolare alla Cassa Integrazione Ordinaria (CIGO) con causale «eventi meteo» — anche per i lavoratori stagionali — evitando che le ore di sospensione vengano computate nei limiti massimi previsti dalla normativa. Il trattamento può essere richiesto «non solo in presenza di temperature “realmente” superiori ai 35 °C, ma anche quando quelle “percepite” rendono impossibile lo svolgimento in sicurezza dell’attività, o in caso di ordinanze di sospensione».

Per garantire un’attivazione tempestiva delle misure di protezione, il datore di lavoro dovrà avvalersi del bollettino ufficiale pubblicato sul sito del Ministero della Salute, o di altri strumenti idonei come le mappe Worklimate sviluppate da Inail e Università di Bologna. La valutazione del rischio deve inoltre tenere conto del microclima locale, prevedendo azioni mirate come l’installazione di aree d’ombra e ristoro, la fornitura di acqua e sali minerali, la modifica degli orari di lavoro o la sospensione delle attività nelle ore più calde. Il Protocollo si sviluppa su quattro ambiti di intervento fondamentali: informazione e formazione, sorveglianza sanitaria, dispositivi di protezione individuale (DPI) adeguati, riorganizzazione dei turni e degli orari. Grande attenzione è rivolta alla prevenzione e alla corretta attuazione della sorveglianza sanitaria, con percorsi condivisi validi anche per studenti in alternanza scuola-lavoro e per tutti i lavoratori, senza distinzione.

Il protocollo firmato da governo, sindacati e associazioni datoriali per affrontare le emergenze climatiche nei luoghi di lavoro è stato accolto con favore, ma anche con una serie di critiche. Francesca Re David, della CGIL, ha evidenziato l’urgenza di uscire da una logica emergenziale, chiedendo misure strutturali e soglie climatiche precise oltre le quali attivare tutele e ammortizzatori sociali, che nel 2025 saranno estesi anche ai lavoratori stagionali. A sollevare critiche anche Fillea Cgil, secondo cui il limite primario del protocollo sul caldo è la necessità di stipulare accordi locali o di categoria, che rischiano di arrivare troppo tardi. Per il segretario generale Antonio Di Franco, infatti, mancano norme organiche, aggiornamento delle tabelle sulle malattie professionali e integrazione del rischio climatico nella pianificazione dei lavori pubblici.

Intanto, merito ai rider, il Piemonte ha fatto da apripista: è la prima Regione ad aver esteso le tutele anche ai ciclofattorini, lavoratori esposti in prima linea al caldo urbano durante le ore dei pasti. Nel frattempo, però, la piattaforma di delivery Glovo ha proposto ai propri rider un «cottimo climatico», costituito da un bonus dal 2% all’8% per effettuare le consegne anche quando le temperature salgono sopra i 32 gradi. Il sindacato Cgil ha criticato fortemente Glovo, affermando che «nessun compenso può giustificare il lavoro in condizioni di rischio estremo», che «la salute viene prima dei bonus» e che tale iniziativa rischia «di trasformare un pericolo per la salute in un incentivo economico».