La storia degli Orti Urbani di Livorno è una storia di presidio sociale, ambientale e culturale contro la speculazione edilizia e la cementificazione. Gli Orti Urbani sono una realtà di autogestione, di resistenza cittadina collettiva per la sostenibilità e la tutela del territorio, rappresentando un esempio concreto di restituzione di uno spazio degradato alla cittadinanza, con una forte attenzione alla trasparenza, all’inclusione e alla sostenibilità ambientale. A Livorno, come in tutta Italia, sono numerosi gli spazi e i terreni, sia pubblici che privati, lasciati in stato di abbandono da anni, alcuni comprendenti scheletri di edifici in cemento mai finiti. Gli Orti Urbani di Livorno si estendono su un’area di 6 ettari compresa tra via Goito, via dell’Ambrogiana, via dell’Erbuccia, via Corazzi e via da Verrazzano, in pieno centro cittadino, vicino al mare. Quest’area, che fino al 1973 era adibita a uso agricolo, è stata tramutata in area per servizi. Da quel giorno a oggi, la proprietà è passata nelle mani di ben 5 cooperative edili. Nessuno dei progetti presentati all’amministrazione comunale – impianti sportivi, centri commerciali, palazzi abitativi, strade e parcheggi – è mai partito. Di fatto, l’ultimo e unico uso per cui questo terreno è stato utilizzato è la coltivazione.
Da spazio abbandonato a realtà collettiva
Per 35 anni, un terreno situato in pieno centro a Livorno, storicamente adibito a coltivazioni e sottratto alla cittadinanza per realizzare opere mai avviate, è stato lasciato in completo stato di abbandono. Così, nel 2011, il Comitato Precari e Disoccupati di Livorno e i militanti della Ex caserma occupata decisero di ripulire l’ultima grande area verde del centro cittadino, ormai diventata una giungla di rovi e una discarica a cielo aperto, a non molta distanza dal mare e dalla famosa Terrazza Mascagni. La bonifica ha incluso la rimozione di rifiuti di ogni tipo, anche pericolosi – come l’amianto. Una volta che l’area è stata ripulita e che si sono formati i vari collettivi per la sua conservazione, è nata la diatriba con il Comune di Livorno. Quest’ultimo, quasi sfruttando il lavoro svolto da questi cittadini (e forse per impedire anche che prendessero piede iniziative dal basso, oltre a voler fare cassa), decise infatti di autorizzare la costruzione di opere nell’area. In questo modo il proprietario del terreno, che all’epoca era la Cooperativa Lavoratori delle Costruzioni (CLC), si trovò tra le mani un’area che acquisì un grande valore immobiliare, valutata tra i 3 e i 4 milioni di euro. Così partirono i nuovi piani di urbanizzazione e cementificazione. Il progetto, rimasto sostanzialmente invariato da allora, prevedeva, e prevede, la costruzione sul 20% dei 6 ettari di superficie totale dell’area. L’apertura del cantiere avrebbe però portato a chiudere tutta l’area, non solo la parte su cui si sarebbe edificato. E la storia rimane la medesima anche oggi.
Nel 2016, quando ormai gli Orti Urbani erano una realtà collettiva affermata che aveva spezzato la lunga storia di abbandono e degrado, la CLC provò a utilizzare la forza e inviò gli operai con le ruspe sul posto, recintando la zona per iniziare i lavori. Una volta arrivati, gli operai trovarono i membri dei vari collettivi intenti a piantare alberi proprio lungo la recinzione, frapponendosi in maniera pacifica tra la zona verde e le ruspe. Il tentativo della CLC fallì: gli operai, infatti, non vollero forzare la situazione e si astennero dal proseguire ogni azione di fronte a persone pacifiche che si opponevano a quelle grandi macchine con la piantumazione di alberi. Vari sono i cittadini, anche molto anziani, come il novantenne Franco, che hanno ricevuto una denuncia per quell’azione pacifica contro le ruspe. Nel 2023 furono tutti assolti. Mentre scriviamo, si attende la discussione in Consiglio comunale della petizione firmata da 1200 cittadini che chiedono che non si costruisca e che si ritorni all’uso agricolo dell’area, così da non permettere cementificazione e speculazione edilizia. La petizione è stata sottoscritta per opporsi alla prima asta pubblica per la vendita dell’area, presso il Tribunale di Livorno, per una base d’asta di quasi 2 milioni di euro.
Uno spazio restituito alla città e ai cittadini
I collettivi che formano gli Orti Urbani hanno sempre rifiutato i tavoli di concertazione con l’amministrazione comunale, rifiutando in toto i progetti di cementificazione da essa proposti. L’aumento di porzioni di terreno coperte da cemento, infatti, è legata in maniera diretta a problematiche quali le ondate di calore e l’incapacità del suolo di ricevere e trattenere acqua, con i conseguenti allagamenti in caso di piogge intense. Proprio a Livorno, negli ultimi anni, si sono verificate diverse alluvioni che hanno causato molti morti tra la popolazione, ma i piani dell’amministrazione comunale non sono cambiati.
Gli orti rappresentano uno spazio vissuto quotidianamente, aperto e senza barriere, che offre attività culturali, sociali e di aggregazione, coinvolgendo anche scuole e famiglie. L’area è attraversata da bambini che la usano come percorso sicuro da casa a scuola, evitando le trafficate strade livornesi e, soprattutto d’estate, ospita molte persone, tra cui mamme con figli che giocano e persone anziane che si riparano dal forte calore all’ombra degli alberi, conversando e fuggendo dalla solitudine casalinga.
Nell’area degli Orti Urbani ci sono circa 100 particelle, ciascuna assegnata a una o più persone. Il collettivo funziona tramite assemblea, dove tutte le decisioni vengono prese collettivamente, anche da chi non possiede un orto – che può partecipare a condizione di condividere i valori del progetto. Il collettivo ha come scopo principale la restituzione e la gestione condivisa del grande spazio verde, mantenendo attività aperte e collettive come il cinema gratuito, cene popolari e il mercato contadino con prodotti a chilometro zero, promuovendo autosufficienza, sostenibilità e riduzione degli imballaggi, oltre a incentivare l’uso di contenitori riutilizzabili.
Le attività degli Orti Urbani
Fin dall’inizio e ancora oggi, gli orti vengono assegnati in appezzamenti di circa 5 metri per 5. Ogni persona o gruppo deve prendersi cura del proprio pezzo di terreno, mantenendolo pulito e in ordine. Non è obbligatorio coltivare ma è fondamentale la manutenzione e la cura. Le assegnazioni degli orti avvengono tramite una pagina dedicata, seguendo l’ordine cronologico delle richieste, per evitare favoritismi o raccomandazioni. In caso di abbandono, le particelle vengono riassegnate secondo questa procedura trasparente. Gli orti sono irrigati con acqua di una sorgente naturale che passa sotto l’area. La cementificazione metterebbe a rischio questa preziosa risorsa.
Non tutti i 6 ettari sono stati parcellizzati ma, in virtù dei princìpi che hanno spinto all’occupazione del terreno, sono stati mantenuti anche grandi spazi comuni. Tra questi c’è l’area ristoro dove vengono organizzate feste, cene di autofinanziamento ed eventi culturali e dove vengono svolte le assemblee nelle quali viene decisa ogni cosa in maniera collettiva e democratica. Vi sono poi il cinema estivo (gratuito), spazi per praticare sport, il mercato contadino autogestito e molto altro. Questi spazi favoriscono la socialità e l’aggregazione intergenerazionale, tutto in maniera autogestita e volontaria.