Israele è diventato il primo Stato al mondo a riconoscere l’indipendenza del Somaliland, sottile striscia di territorio del Corno d’Africa che vuole la secessione dalla Somalia. La decisione ha provocato un terremoto diplomatico, con proteste veementi da parte dell’Unione Africana e di molti Paesi arabi a cominciare da Turchia, Arabia Saudita e Qatar. L’impatto sulla diplomazia è stato tale che è stata convocata per oggi una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Stringendo legami con il Somaliland, Israele spera di ottenere un punto d’appoggio strategico in una terra divisa da un piccolo braccio di mare dalle coste dello Yemen, terra degli Houthi, alleati dell’Iran e nemici dichiarati dello Stato ebraico. Inoltre, secondo alcuni media, il governo israeliano avrebbe chiesto lo scorso marzo al Somaliland la disponibilità ad accogliere i palestinesi deportati da Gaza.
La regione del Somaliland ha proclamato la propria indipendenza nel 1991, senza però ottenere finora un riconoscimento ufficiale da parte di altri Stati, sebbene almeno una dozzina di questi intrattengano rapporti economici con le sue autorità, interessati alla posizione strategica sul Golfo di Aden. Nella giornata del 26 dicembre, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar e il presidente del Somaliland, Abdirahman Mohamed Abdullahi hanno firmato una dichiarazione di reciproco riconoscimento e Abdullahi ha detto che il Somaliland aderirà agli Accordi di Abramo, ampliando così il fronte dei Paesi che riconoscono lo Stato ebraico. Se per il Somaliland è un traguardo storico, per Israele è una mossa prettamente geopolitica. Il territorio, che si estende per circa 175.000 chilometri quadrati, si affaccia sulla costa meridionale del Golfo di Aden, lungo una delle principali rotte commerciali mondiali che collegano l’Oceano Indiano al Canale di Suez. Netanyahu ha spiegato che Israele intende avviare rapidamente una cooperazione con il Somaliland nei settori dell’agricoltura, della sanità, della tecnologia e dell’economia. Il vero obiettivo dietro la decisione di Tel Aviv potrebbe, però, potrebbe essere legato al destino dei palestinesi. All’inizio del 2025, secondo alcuni media, funzionari statunitensi e israeliani avrebbero contattato i governi del Sudan, della Somalia e anche del Somaliland per discutere l’uso dei loro territori come potenziale meta per accogliere i palestinesi sfollati dalla Striscia di Gaza. Tutto lascia intendere, quindi, che Israele voglia concretizzare l’ipotesi del trasferimento dei gazawi proprio in Somaliland. Hamas ha avvertito che non tollererà trasferimenti forzati, definendo il riconoscimento del Somaliland un «precedente pericoloso e un tentativo inaccettabile di ottenere una falsa legittimità da parte di un’entità fascista che occupa la terra di Palestina».
La Somalia ha immediatamente bocciato il riconoscimento israeliano: il ministero degli Esteri somalo ha avvertito che la decisione è un «attacco deliberato» alla sua sovranità che minerebbe la pace nella regione. Il presidente Hassan Sheikh Mohamud ha tenuto delle consultazioni telefoniche con i leader africani, tra cui i suoi omologhi del Kenya, dell’Uganda, della Tanzania e del Gibuti. Turchia, Arabia Saudita e Qatar hanno condannato la decisione di Israele: il ministero degli Esteri turco ha definito illegale la mossa di Israele, affermando che tali azioni puntano a creare instabilità. Per l’Arabia Saudita si tratta di «un’azione che rafforza le misure secessioniste unilaterali», mentre per il Qatar la decisione lede la sovranità e l’integrità territoriale della Somalia. Il leader del gruppo yemenita Houthi, Abdulmalik Badr al-Din al-Houthi, ha definito l’iniziativa di Israele «una mossa aggressiva», affermando che tale misura «mira a dividere i Paesi della regione, nell’ambito di un piano che non si limita alla Somalia, ma il cui obiettivo dichiarato è quello di cambiare il Medio Oriente».
In attesa dell’incontro tra Trump e Netanyahu, rimane sul tavolo il nodo di Washington. Il generale Dagvin Anderson, capo del Comando Africa degli Stati Uniti, ha visitato il Somaliland il mese scorso, alimentando le speranze locali di un accordo con gli Stati Uniti, mentre alcuni dei principali sostenitori del movimento MAGA si schierano a favore della regione separatista, tra cui il deputato Scott Perry, già promotore del “Republic of Somaliland Independence Act”. Il presidente Donald Trump, interrogato sulla questione dal New York Post, ha preso tempo, spiegando di voler valutare la questione. Salvo poi aggiungere: «Qualcuno sa esattamente che cos’è il Somaliland?».




