Il 22 dicembre 2025 resterà una data spartiacque nella storia energetica del Giappone. Con un voto di fiducia cruciale, l’assemblea della prefettura di Niigata ha rimosso l’ultimo ostacolo politico alla riapertura della centrale di Kashiwazaki-Kariwa, l’impianto nucleare più potente del pianeta. Il gestore dell’impianto è Tokyo Electric Power Company (TEPCO), lo stesso operatore della centrale di Fukushima, colpita da terremoto e maremoto nel 2011 e i cui scarti radioattivi sono stati sversati da TEPCO, su autorizzazione del governo nipponico, nell’Oceano Pacifico. Kashiwazaki-Kariwa, colosso da 8,2 gigawatt, si appresta a riaccendere i propri reattori dopo quindici anni.
Questa decisione non è un evento isolato, ma il culmine di una metamorfosi strategica che vede il Sol Levante abbandonare la prudenza post-disastro per abbracciare nuovamente l’atomo come pilastro della propria sicurezza nazionale e della transizione ecologica. Tuttavia, il ritorno all’operatività di Kashiwazaki-Kariwa riapre ferite mai del tutto rimarginate e solleva interrogativi critici sulla capacità di TEPCO di garantire una sicurezza infallibile in una delle aree più sismiche del mondo. La centrale di Kashiwazaki-Kariwa è un gigante addormentato dal 2011. E non fu il solo. A seguito del disastro di Fukushima, l’intero parco nucleare giapponese fu messo a revisione. Decine di reattori sono stati disattivati, alcuni definitivamente, altri in attesa di lavori drastici. Per TEPCO, il percorso di riabilitazione è stato costellato di ostacoli non solo tecnici, ma anche etici.
Nel 2021, l’Autorità di Regolamentazione Nucleare (NRA) aveva imposto un divieto operativo all’impianto a causa di gravissime falle nella sicurezza antiterrorismo, tra cui l’uso improprio di tesserini identificativi e il malfunzionamento dei sistemi di monitoraggio degli accessi. Solo dopo anni di riforme interne e la revoca del ban nel tardo 2023, la società ha potuto compire le procedure finali di riavvio. La priorità è ora fissata sul reattore n. 6, con l’obiettivo di riportarlo in rete entro il 20 gennaio 2026. Mentre TEPCO lotta per recuperare credibilità, la Kansai Electric Power (KEPCO) ha già tracciato una rotta ancora più ambiziosa. Nel corso del 2025, KEPCO ha annunciato l’intenzione di costruire un nuovo reattore di “prossima generazione” presso il sito di Mihama, nella prefettura di Fukui. Si tratta del primo progetto di costruzione di un reattore ex novo dal 2011, un segnale inequivocabile del cambio di paradigma nel Paese.
Questo dinamismo è alimentato dal Settimo Piano Strategico per l’Energia approvato dal governo giapponese nel febbraio 2025. Il documento ha ufficialmente rimosso l’obiettivo di ridurre il più possibile la dipendenza dal nucleare, sostituendolo con la direttiva di massimizzarne l’uso. Entro il 2040, il Giappone punta a far sì che il nucleare copra il 20% del mix elettrico nazionale per sostenere la crescente domanda derivante dai data center e dalle industrie legate all’intelligenza artificiale.
La decisione della prefettura di Niigata non è stata priva di tensioni. Lunedì scorso, mentre i legislatori votavano, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti agli uffici governativi con cartelli che ricordavano l’incubo di Fukushima. Per molti residenti, la sfiducia nei confronti di TEPCO rimane un dogma insuperabile. La preoccupazione principale riguarda i piani di evacuazione: l’area di Kashiwazaki è stata colpita in passato da forti terremoti (come quello del 2007) e la vulnerabilità delle infrastrutture stradali resta un punto critico.
Non si è trattato solo di una manifestazione di dissenso, ma del riflesso di una nazione profondamente spaccata tra le necessità economiche imposte da Tokyo e una memoria collettiva ancora segnata dal trauma di Fukushima. Le proteste che hanno accompagnato il “sì” della prefettura non sono nate dal nulla. Rappresentano il culmine di mesi di mobilitazione silenziosa, assemblee cittadine e battaglie legali. Il cuore del dissenso risiede in una domanda fondamentale che ha risuonato più volte nei megafoni dei manifestanti: TEPCO è davvero qualificata per gestire l’impianto più potente del mondo?.
Il Governatore di Niigata, Hideyo Hanazumi, ha giustificato il proprio appoggio alla riapertura citando la necessità di stabilizzare i prezzi dell’energia, schizzati alle stelle a causa della dipendenza dalle importazioni di gas naturale e carbone, e la promessa del governo centrale di finanziare nuove vie di fuga d’emergenza. Tuttavia, ha ammesso apertamente che «esiste ancora un’ansia profonda tra i cittadini che non può essere ignorata».
Inoltre, la scelta di puntare su impianti che hanno ormai superato i 40 anni di vita (con estensioni fino a 60 anni approvate recentemente per altri reattori) solleva dubbi sull’invecchiamento dei materiali in un contesto di rischio geologico permanente. Il Giappone si trova in un vicolo cieco: per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 e mantenere la competitività industriale, il nucleare appare come l’unica soluzione immediata, ma il prezzo sociale di questa scelta potrebbe essere un’ulteriore erosione della fiducia verso le istituzioni.




