giovedì 18 Dicembre 2025

Torino, Askatasuna sotto sgombero: militarizzato il quartiere, chiuse le scuole

TORINO – All’Askatasuna è in corso lo sgombero. O almeno, così scrive il ministro dell’Interno Piantedosi su Instagram. Dagli agenti presenti sul posto, per ora, arrivano solo no comment: “saprete poi dal comunicato stampa”. Intanto, una ventina di camionette sono schierate tutto intorno al perimetro del centro sociale, oltre ad almeno tre camion-idranti. Un cordone di agenti antisommossa blocca l’accesso all’edificio dalle prime ore di questa mattina. Ufficialmente, sono entrati per effettuare una perquisizione. Ufficiosamente, l’intenzione è evidentemente quella di sgomberare. Nel frattempo, la circolazione nel quartiere è stata bloccata e le scuole sono state chiuse.

L’operazione è iniziata nelle prime ore di questa mattina. Decine di agenti di polizia, carabinieri e guardia di finanza si sono presentati al centro sociale, ufficialmente per una perquisizione. “Hanno chiuso per tre giorni anche le due scuole adiacenti all’edificio, ma alle famiglie lo hanno detto solamente stamattina alle 7.30, mentre portavano i bambini a scuola” riferisce a L’Indipendente un militante del centro sociale. I residenti ci descrivono una situazione “mai vista” nel quartiere. Il dispiegamento di polizia e forze di sicurezza non è evidentemente giustificato da quanto accade all’esterno dell’edificio, dove i presenti non arrivano al centinaio di persone. Qualcuno ha in mano un megafono, qualcuno prepara degli striscioni, altri distribuiscono caffè, mentre tutti aspettano che arrivi qualche informazione. “Guarda qui, stanno distruggendo tutto” mi dice un ragazzo, mostrandomi una foto che dovrebbe essere di uno dei lavandini dei bagni interni, completamente spaccato. Dentro, mi dicono altri, stanno iniziando a murare gli accessi e a chiudere l’acqua, segno che lo sgombero è a tutti gli effetti in corso.

Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha fatto sapere questa mattina che il patto tra Comune e Askatasuna – che prevedeva la trasformazione graduale del centro sociale in bene comune attraverso lavori di riqualificazione, in cambio della possibilità di continuare le attività ed evitare lo sgombero – è definitivamente saltato. Ufficialmente, perché durante le perquisizioni di oggi sono state trovate sei persone che dormivano all’interno, in “violazione delle prescrizioni relative all’interdizione all’accesso ai locali di corso Regina 47”. Tuttavia, spiega a L’Indipendente Martina dell’Askatasuna, che vi sia effettivamente una violazione è tutto da verificare. “Probabilmente è vero che c’erano persone all’interno, ma le condizioni del patto prevedono la guardiania al piano terra, quindi il fatto che la loro eventuale presenza fosse illecita è tutto da dimostrare”.

Dal cosiddetto “assalto” a La Stampa avvenuto lo scorso 28 novembre, le opposizioni hanno fatto pressing continuo sul sindaco affinché si decidesse a ordinare lo sgombero. L’azione non violenta era avvenuta nell’ambito dello sciopero nazionale indetto contro il riarmo e per la Palestina: decine di persone si erano staccate dal corteo di Torino per avvicinarsi alla sede del quotidiano La Stampa e lanciare letame contro i muri. Qualcuno era poi entrato nella redazione (vuota, perchè era in corso anche lo sciopero dei giornalisti), lanciato qualche foglio in terra e lasciato scritte poco lusinghiere sui muri. L’intero sistema di informazione mainstream ha fatto muro compatto con il quotidiano contro quella che molti hanno definito una “azione squadrista” e in città poco ci è voluto prima che il dito venisse puntato proprio contro l’Askatasuna. Fino ad ora, però, il sindaco si era rifiutato di procedere, dichiarando di non avere motivo per farlo. “Proceda o si dimetta” aveva tuonato Fratelli d’Italia. Ma nel calderone delle accuse contro il centro sociale ci erano finite un po’ tutte le proteste degli ultimi mesi, dal blocco dei binari del treno alle azioni contro Leonardo spa alla protesta alle Officine Grandi Riparazioni in occasione della visita a Torino di Jeff Bezos. Per i militanti del centro sociale, mi spiega Martina, è ipotizzabile che il sindaco abbia subito pressioni direttamente dal governo, fattore che “avrebbe spianato la strada alla perquisizione di oggi”.

“Per noi, c’è una volontà del governo di reprimere il movimento per la Palestina – continua – l’azione di oggi si inserisce in un più ampio attacco del governo in questo senso, si colpisce Askatasuna cercando di distruggere la possibilità di un percorso di bene comune. Bisognerà ora vedere che posizione prenderanno il Comune e il sindaco: se questa rimane su un piano puramente tecnico e non si esprime da un punto di vista politico, allora per noi equivale a uno schierarsi con il governo Meloni“. Governo che “agisce in questo modo perché movimento per la Palestina ha effettivamente creato timore rispetto a quello che la popolazione vuole e può fare quando ha capito di poter contare”. Con la chiusura di Askatasuna, “si attacca l’idea non solo di uno spazio, ma di un progetto, di un mondo e una città diversa. Chi abbia a cuore questi temi si schiererà dalla parte di chi lotta. Per questo, la risposta deve essere trasversale, a livello cittadino e non solo”.

“Domenica scorsa eravamo qui ad addobbare i giardini per Natale con i bambini e l’Askatasuna, domani avrebbe dovuto esserci un pranzo natalizio condiviso anche per le famiglie” ha dichiarato una mamma del Comitato del quartiere Vanchiglia, presente al presidio di stamattina. “Siamo una comunità, l’Aska è casa nostra, è casa di tutto il quartiere e continuerà ad esserlo perchè non molliamo. La cosa importante sono le relazioni che abbiamo costruito, insieme. Il pranzo di domani si farà lo stesso, anche se non sarà all’interno”. L’Askatasuna è infatti un punto di riferimento per le lotte sociali cittadine da ormai trent’anni. L’attivismo sul territorio nell’ambito di varie realtà, dal movimento per la Palestina alla lotta No TAV, passando per la liberazione dell’imam Mohamed Shahin e altre questioni territoriali, insieme alla presenza radicata sul territorio, ne hanno ripetutamente fatto un obiettivo di perquisizioni, sgomberi e repressione da parte delle autorità. L’ultimo atto degno di nota si è concluso questa primavera, quando i 16 attivisti del centro imputati per il reato di associazione a delinquere per varie azioni di protesta avvenute nel contesto torinese della Val di Susa, sono stati assolti per non sussistenza dei fatti. Il portavoce del centro sociale lo dice chiaramente: “la volontà è quella di criminalizzare il dissenso e tutto il movimento per la Palestina”.

A fare l’annuncio ufficiale ci ha pensato il ministro dell’Interno su Instagram, di certo un canale di comunicazione istituzionale non usuale. “Sgomberato il centro sociale Askatasuna di Torino. Dallo Stato un segnale chiaro: non ci deve essere spazio per la violenza nel nostro Paese”. Una violenza che, al momento, è oggetto di discussione su social media e nei salotti, della quale la giustizia ancora deve dimostrare l’esistenza e le eventuali responsabilità.  Nel frattempo, messaggi di solidarietà sono arrivati da svariati contesti di lotta e resistenza del contesto nazionale. Dall’ex OPG occupato Je So Pazz (Napoli) al Collettivo di fabbrica GKN (Firenze) al Quarticciolo Ribelle (Roma), in molti hanno criticato l’operazione di polizia: “giù le mani dall’Aska” è il grido corale che si è sollevato.

Fa freddo su corso Regina, davanti al civico 47. Nemmeno il sole che è uscito negli ultimi minuti riscalda l’inverno torinese. Il presidio, però, è sempre più numeroso: sono stati allestiti tavoli, qualcuno ha portato cibo da condividere, è stato montato un gazebo. Su un lato è stato appeso uno striscione, una scritta in rosso: “Giù le mani dall’Askatasuna”. Per questo pomeriggio alle 18 è prevista poi un corteo di solidarietà, che partirà proprio da qui. È la protesta pacifica di un quartiere che, ancora una volta, vuole far sentire la sua presenza e manda un messaggio chiaro: “noi non ci pieghiamo”.

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Valeria Casolaro

Ha studiato giornalismo a Torino e Madrid. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, frequenta la magistrale in Antropologia. Prima di iniziare l’attività di giornalista ha lavorato nel campo delle migrazioni e della violenza di genere. Si occupa di diritti, migrazioni e movimenti sociali.

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