Nei giorni scorsi sono stati pubblicati i report di due importanti organizzazioni di giornalisti, la IFJ (International Federation of Journalists) e RSF (Reporter Sans Frontières) riguardanti il numero di giornalisti uccisi nel 2025. I numeri sono molto differenti: secondo RSF, il numero ammonta a 67, mentre per la IFJ arriva a 111. Ciò che non cambia, tuttavia, è che in entrambe i conteggi circa la metà dei giornalisti uccisi nel mondo sono stati assassinati da Israele a Gaza. «I giornalisti palestinesi hanno pagato il prezzo più alto come risultato della guerra a Gaza», riporta l’IFJ.
«Il più emblematico», scrive l’IFJ, «è stato l’attacco mirato del 10 agosto contro Anas Al-Sharif, reporter di Al Jazeera: è stato ucciso con altri cinque giornalisti e lavoratori dei media in una tenda che ospitava giornalisti nei dintorni dell’ospedale di Al Shifa, a Gaza City». In totale, prosegue, sono 69 i giornalisti uccisi nel solo Medio Oriente, 51 dei quali nella sola Striscia di Gaza (il 46%). In aggiunta a ciò, dei 74 giornalisti detenuti in tutta l’area, ben 41 si trovano nelle carceri israeliane – 15 in quelle egiziane e 11 in quelle yemenite. Dal canto suo, RSF riporta che sono una trentina i giornalisti uccisi a Gaza (il 43% del totale): «sotto il governo di Benjamin Netanyahu, l’esercito israeliano ha compiuto un massacro – senza precedenti nella storia recente – tra i giornalisti palestinesi. Per giustificare i propri crimini, i militari israeliani hanno messo in piedi una propaganda globale per diffondere accuse senza fondamento che ritraggono i giornalisti palestinesi come terroristi», riporta l’organizzazione, che sottolinea come dall’ottobre 2023 siano stati uccisi circa 220 giornalisti a Gaza. «Nel 2025, dopo oltre due anni di blocco della Striscia di Gaza, questa repressione della stampa continua impunemente».
In generale, secondo RSF, nel mondo le uccisioni sono una conseguenza «delle pratiche criminali delle forze armate regolari e non e della criminalità organizzata». Il 79% (53) dei giornalisti uccisi nel 2025, infatti, è morto durante una guerra o a causa di organizzazioni criminali. Secondo l’IFJ, sono una decina quelli uccisi in Europa, 8 dei quali in Ucraina, uno in Turchia e uno in Russia. «È la terza volta in dieci anni in cui l’Europa registra un numero tanto alto di giornalisti uccisi» scrive l’IFJ, ricordando il massacro di Charlie Hebdo del 2015 e l’inizio della guerra in Ucraina nel 2022. Il trend preoccupante, riporta l’organizzazione, vede l’utilizzo sempre più frequente di droni per uccidere giornalisti all’interno dei propri veicoli. Il numero di giornalisti imprigionati nel continente (149) è invece il più alto dal 2018 ed è dovuto soprattutto all’intensificarsi della repressione in Azerbaigian e in Russia. In generale, i giornalisti detenuti nel mondo sono 503, secondo RSF (533 per IFJ), la maggior parte dei quali sono rinchiusi nelle carceri cinesi (121) e russe (48, 26 dei quali sono stranieri).
Il Messico rimane, per RSF, il secondo Paese più pericoloso al mondo per i giornalisti (dopo la Palestina): qui sono stati uccisi nove reporter nel solo 2025, per aver riportato crimini e averli collegati con i politici locali. Uno di questi, Calletano de Jesus Guerrero, è stato ucciso mentre si trovava sotto protezione governativa. IFJ sottolinea anche l’aggravarsi della situazione in Perù, dove quest’anno è stato registrato il primo omicidio di un giornalista in 10 anni. Dei 135 giornalisti ancora scomparsi nel mondo (alcuni da più di 30 anni), invece, è per RSF la Siria a detenere il primato, con 37 professionisti dei quali non si hanno notizie, seguita dal Messico (28).
«Nel 2025 si registra un aumento del numero degli omicidi e delle incarcerazioni dei giornalisti ed è profondamente vergognoso vedere quanto poco stiano facendo i governi di tutto il mondo per proteggerli o difendere i principi della libertà di stampa» dichiara Dominique Pradalié, presidente dell’IFJ. «Al contrario, assistiamo ad attacchi diretti, a tentativi palesti di mettere a tacere le voci critiche e a sforzi per controllare la narrazione su questioni di interesse pubblico».




