Una pausa di soli sette giorni dai social media può bastare a migliorare sensibilmente il benessere mentale, riducendo ansia, depressione e insonnia, soprattutto nei giovani adulti. Lo rivela uno studio condotto da Maddalena Cipriani della Università di Bath, pubblicato su JAMA Network Open, che ha analizzato l’effetto della sospensione dell’utilizzo delle principali piattaforme social (Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok e X) in un gruppo di 417 giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni.
La ricerca non si è limitata a monitorare semplici autovalutazioni: i ricercatori hanno integrato l’uso degli smartphone con una tecnica detta “digital phenotyping”, che cattura in tempo reale dati sull’attività del dispositivo, mobilità, tempo trascorso a casa, comunicazioni e stato emotivo mediante richieste quotidiane. Questo approccio consente di superare i limiti delle misure auto-segnalate, spesso imprecise o soggette a distorsione. Al termine delle due settimane iniziali, 19 (4,6%) volontari sono stati squalificati. Dei rimasti 398 partecipanti, 25 (6,3%) si sono ritirati. I 373 partecipanti rimasti hanno scelto di aderire al programma, di questi, 295 (79,1%) hanno completato la fase di “social media detox”. Al termine della settimana di disintossicazione digitale è stata registrata una riduzione del 16,1 per cento dei sintomi ansiosi e del 24,8 per cento di quelli depressivi, insieme a un miglioramento del 14,5 per cento nei disturbi del sonno. Parallelamente, sono aumentati i livelli di benessere soggettivo, lucidità mentale e capacità di concentrazione, con una diminuzione della ruminazione mentale e dell’irritabilità.
L’effetto si è rivelato particolarmente marcato nei soggetti con disagio psicologico moderato o elevato già presente all’inizio dello studio. In questi casi, l’interruzione del flusso continuo di notifiche e stimoli ha ridotto l’attivazione emotiva cronica e il senso di pressione derivante dal confronto sociale costante. La disconnessione ha favorito un riequilibrio dei ritmi circadiani, una maggiore stabilità dell’umore e una percezione di maggiore controllo sul proprio tempo. Dal punto di vista neuropsicologico, gli autori ipotizzano un calo dell’iperstimolazione dopaminergica legata allo scrolling compulsivo e una riduzione dell’attivazione dell’asse dello stress, con effetti diretti sulla regolazione emotiva. Curiosamente, lo studio non ha registrato un miglioramento significativo nei livelli di solitudine, un dato che gli autori leggono come una prova del ruolo “sociale” reale di queste piattaforme: per alcuni utenti, la sospensione può alleviare l’ansia e la depressione, ma anche ridurre le occasioni sociali. Dal punto di vista delle abitudini digitali, i cambiamenti osservati non sono stati radicali. Durante la settimana di sospensione dai social, il tempo totale trascorso sullo smartphone non ha subito un crollo significativo e, in alcuni casi, ha persino registrato un lieve aumento. Al contrario, è cresciuto il tempo medio passato in casa. Questo dato indica che i benefici psicologici non sono riconducibili semplicemente a una riduzione complessiva dell’uso dello schermo, ma piuttosto a una diminuzione delle dinamiche più nocive legate ai social, come l’iperstimolazione emotiva, il confronto costante e il coinvolgimento compulsivo.
Lo studio si inserisce in un filone sempre più solido che individua un nesso tra uso intensivo dei social media e l’aumento del rischio di disturbi ansioso-depressivi, insonnia e calo dell’autostima, soprattutto nelle fasce più giovani. I ricercatori precisano che non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di ridefinire modalità e tempi di utilizzo. Restano da chiarire la durata dei benefici osservati e l’efficacia di strategie di disconnessione ripetute, ma il dato è chiaro: anche una pausa breve può interrompere un circolo vizioso di dipendenza, iperstimolazione e logoramento psicologico, aprendo la strada a un rapporto più sano e consapevole con il digitale.




