mercoledì 19 Novembre 2025

La disputa su Taiwan riaccende la tensione tra Cina e Giappone

A poco meno di un mese dall’insediamento della nuova premier del Giappone, Sanae Takaichi, le relazioni tra Pechino e Tokyo sono precipitate, compromettendo rapidamente gli equilibri dell’area. Ancora una volta a catalizzare i nervosismi tra i due Paesi è l’isola di Taiwan, che gode de facto di autonomia politica e commerciale, ma che dal 1949 è sotto le mire del colosso cinese.

Le nuove tensioni non si presentano come un fulmine a ciel sereno. Già nel 2022, durante la controversa visita a Taipei dell’ex speaker della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi, la Cina mise in atto varie esercitazioni militari intorno all’isola e, con la caduta di alcuni razzi nella Zona Economica Speciale del Giappone, pose in allerta il governo di Tokyo sulla possibilità di entrare in un conflitto armato in caso di invasione di Taiwan.

Questa volta la crisi diplomatica è stata innescata dalle dichiarazioni pronunciate il 7 novembre dalla premier giapponese. «La presenza di navi da guerra e l’utilizzo della forza potrebbero costituire una minaccia alla sopravvivenza» ha affermato Takaichi in occasione della sua prima interrogazione parlamentare in merito a un ipotetico attacco cinese verso Taiwan. Differentemente dai suoi predecessori, la premier ha messo in luce con una certa schiettezza la necessità di fare ricorso alle forze di autodifesa del paese per intervenire in una situazione nella quale il Giappone non sarebbe direttamente interessato. 

Le reazioni di Pechino non si sono fatte attendere. Inizialmente i media cinesi hanno attaccato duramente la postura del governo giapponese, successivamente i vertici militari di Pechino hanno messo in guardia Tokyo e hanno parlato di «sconfitta schiacciante» in caso di intervento. Alle parole hanno fatto seguito le ritorsioni: il governo cinese ha caldamente sconsigliato ai suoi cittadini di recarsi in Giappone e alcune agenzie turistiche hanno annullato tour e viaggi verso il paese del Sol levante, mettendo così a repentaglio l’economia turistica giapponese, che solo nei primi otto mesi del 2025 ha visto il transito di 6,7 milioni di turisti cinesi, pari a un quinto dei visitatori totali. L’invito del governo cinese a fare ritorno in madrepatria si è esteso anche ai 100.000 studenti residenti in Giappone.

La crisi ha colpito anche l’importazione di prodotti audiovisivi giapponesi verso il territorio cinese, in particolar modo ha rinviato l’uscita in sala di due film. Per ultimo, il governo di Pechino, dopo i colloqui ritenuti insufficienti con Masaaki Kanai, responsabile degli affari con l’Asia e l’Oceania del ministero degli esteri giapponese, ha annunciato l’interruzione delle importazioni di prodotti ittici dall’arcipelago nipponico.

L’ambasciata giapponese a Pechino, invece, ha invitato i residenti in Cina a prestare attenzione a possibili rappresaglie, facendo implicitamente riferimento alle aggressioni che si verificarono nel 2024 contro due cittadini giapponesi in territorio cinese.

La situazione infiamma ulteriormente le relazioni già rese complicate a causa delle eredità storiche presenti tra i due Paesi. Se da un lato la Cina nutre ancora rancore verso i crimini di guerra commessi dal paese nipponico durante gli anni del colonialismo e della guerra mondiale, dall’altro la figura di Sanae Takaichi non può che inasprire la diplomazia tra le due potenze dell’area. La premier ultranazionalista, difatti, in passato ha più volte rappresentato l’ala revisionista del paese e nel corso degli anni ha espresso più volte sostegno verso attivisti uiguri, tibetani e hongkonghesi, mettendo in evidenza la propria vicinanza verso cause “anti-cinesi”. Lo scorso aprile, inoltre, Takaichi si è recata in visita proprio a Taiwan e in quell’occasione aveva reiterato la cooperazione tra i due Paesi in ambito commerciale ed economico, facendo riferimento alle condizioni geografiche dei due territori insulari. Il presidente taiwanese Lai Ching-Te, invece, in occasione dell’insediamento della premier ha rivolto le proprie congratulazioni affiancate dall’augurio per una collaborazione duratura improntata sulla ricerca del benessere di entrambi i Paesi.

Le nuove tensioni si iscrivono in un contesto geopolitico fortemente delicato. La situazione sembra precipitare subito dopo gli incontri tra Xi Jinping, Donald Trump e la stessa Takaichi, durante i quali il futuro di Taiwan è stato astutamente messo da parte dinanzi alla necessità di risolvere problematiche commerciali evidentemente considerate più urgenti. La Cina adesso pretende la ritrattazione sulla questione da parte del Giappone; in attesa di improbabili scuse, l’equilibrio dell’intera area si è fatto irrimediabilmente precario.

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Armando Negro

Laureato in Lingue e Letterature straniere, specializzato in didattiche innovative e contesti indipendentisti. Corrispondente da Barcellona, per L’Indipendente si occupa di politica spagnola, lotte sociali e questioni indipendentiste.

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