Il quotidiano Il Domani, diretto da Emiliano Fittipaldi, ha ufficializzato un cambio di proprietà e una ricostituzione del capitale dopo mesi di conti in affanno: il controllo è passato dalle società Romed e Romed International di Carlo De Benedetti alla Fondazione Editoriale Domani. Quest’ultima, con un versamento di un milione di euro effettuato a fine settembre, ha ricostituito il capitale sociale eroso dalle perdite. Alla base dell’operazione ci sono numeri che parlano chiaro — perdite accumulate, ricorso al capitale e alla cassa del fondatore — e una modifica statutaria che apre la porta alla possibilità di richiedere contributi pubblici destinati all’editoria, trasformando così la strategia di sopravvivenza del giornale.
La trasformazione proprietaria è stata formalizzata dopo che le quote sono passate dalle società personali al nuovo ente: la Fondazione Editoriale Domani, nata per «per garantire al giornale un futuro autonomo e indipendente», diventa unico azionista. Il fondatore della testata, l’ingegner Carlo De Benedetti, aveva da tempo annunciato l’intenzione di trasferire la testata a una fondazione, ribadendo quel progetto: «La mia idea da sempre era che, quando il giornale fosse stato in equilibrio economico, l’avrei passato a una fondazione».
I dettagli finanziari emersi dalle ultime assemblee dipingono un quadro assai problematico. Il bilancio chiuso al 31 dicembre 2024 ha registrato un fatturato in calo a 5,35 milioni di euro, con le perdite che sono scese da 1,901 a 1,483 milioni di euro grazie a un’opera di contenimento dei costi. Tuttavia, la situazione patrimoniale aggiornata al 31 agosto 2025 mostra una perdita del periodo di 1.051.099 euro, a cui si sommano piccole perdite precedenti. Un rosso leggermente superiore a quello dello stesso periodo dell’anno precedente. Per coprire questi disavanzi è stato utilizzato il capitale sociale, poi ricostituito dalla neonata Fondazione con un bonifico da un milione di euro.
Nel corso dell’assemblea è stata inoltre approvata una modifica dello statuto che contiene un passaggio tecnico ma strategico: «È fatto divieto alla società di procedere alla distribuzione di utili provenienti dall’esercizio dell’anno di riscossione dei contributi all’editoria di cui al D.Lgs. 15 maggio 2017 n. 70 e negli otto anni successivi». L’inserimento di questa clausola indica la volontà della nuova proprietà di rendere la testata compatibile con i requisiti per accedere ai contributi diretti previsti dalla legge, uno strumento che potrebbe trasformare i conti della testata.
Oggi circa 130 testate percepiscono contributi diretti in valori che vanno da poche decine di migliaia a milioni di euro; confrontando soglie e importi erogati a testate comparabili, l’importo potenziale per una realtà come Il Domani potrebbe aggirarsi intorno ai due milioni annui, una cifra sufficiente a compensare ampiamente le perdite registrate negli ultimi esercizi; si tratta però di una proiezione che dipende da graduatorie e stanziamenti. Sul fronte operativo, la direzione punta a rinforzare il digitale e gli abbonamenti mirati — in particolare tramite newsletter verticali — per centrare il pareggio entro un orizzonte annuale, confidando nelle strategie di audience e nelle scelte di gestione già avviate.
Per raccontare la crisi in atto dell’editoria italiana è emblematico il caso del gruppo GEDI. Dopo anni di cure dimagranti, John Elkann, patron di Stellantis e della holding Exor, cassaforte della famiglia Agnelli, è infatti pronto a lasciare gli ultimi pezzi editoriali pregiati: le testate La Repubblica e La Stampa. Le trattative sono ben vive, con potenziali compratori già allo studio. Per La Stampa, la cui vendita appare in fase più avanzata, è in piedi da tempo una trattativa con il Gruppo Nem guidato da Enrico Marchi. Per Repubblica, invece, è allo studio una proposta greco-saudita del gruppo guidato da Kyriakos Kyriakou, ma è spuntato anche il nome di Leonardo Maria Del Vecchio, uno degli eredi del gruppo Luxottica. A spingere verso la cessione sono i conti in rosso: le perdite accumulate ammontano a quasi mezzo miliardo.




