Il contenzioso Epic v. Google sembra aver raggiunto una svolta definitiva. Alphabet, la società madre di Google, ha annunciato di aver trovato con Epic Games, azienda nota ai più per il videogioco Fortnite, un’intesa che punta a riformulare l’ingiunzione al centro della disputa. L’accordo prevede una riforma sostanziale dell’ecosistema Android e del suo sistema di distribuzione delle app. Se approvato dal tribunale, il patto potrebbe riscrivere le regole di funzionamento degli smartphone e avere ripercussioni globali, incidendo su chiunque abbia in tasca un dispositivo elettronico.
La proposta è stata ufficialmente depositata presso il tribunale federale di San Francisco, all’attenzione del giudice distrettuale che sta seguendo il caso, James Donato. I dettagli dell’intesa sono però già stati anticipati anche sui canali social dal presidente di Google Android, Sameer Samat, e dal CEO di Epic Games, Tim Sweeney, entrambi apparsi entusiasti del compromesso intavolato. L’11 dicembre 2023, Donato aveva di fatto decretato la vittoria di Epic Games, decisione seguita, nell’ottobre 2024, da un’ingiunzione permanente che obbligava Google Play a introdurre modifiche sostanziali al proprio modello di business negli Stati Uniti, tra cui l’apertura per tre anni ai negozi digitali di terze parti.
Ingiunzione che Google ha cercato di far sospendere, ma con scarso successo. L’accordo attuale riparte proprio dai presupposti fissati dal giudice, ma ridefinendo i dettagli così che le specifiche siano dettate dalle due aziende, evitando l’intervento del sistema giudiziario. Secondo la proposta di modifica, Google introdurrà un nuovo programma da integrare nei prossimi aggiornamenti di Android, il quale permetterà ai marketplace di terze parti di registrarsi in un elenco ufficiale gestito dall’azienda, semplificandone così il download e l’installazione da parte degli utenti. La misura verrebbe inizialmente applicata negli Stati Uniti, per poi essere estesa progressivamente ad altri Paesi fino a coprire l’intero mercato globale.
Più complessa resta la questione delle commissioni sulle transazioni digitali, ambito in cui Google – come Apple – viene spesso accusata di pratiche scorrette e predatorie nei confronti degli sviluppatori. La nuova struttura prevede trattenute che variano tra il 20% e il 9% sugli acquisti in-app, una quota che viene determinata in base alla natura dell’acquisto: i miglioramenti che incidono attivamente sul gameplay saranno per esempio soggetti a tariffe più alte, mentre gli oggetti cosmetici o i servizi in abbonamento beneficeranno di aliquote ridotte. A titolo di confronto, l’attuale modello di Google Play applica una commissione standard del 30%, con alcune agevolazioni per le app minori e accordi preferenziali con gli sviluppatori più importanti. Secondo quanto riportato da The Verge, i nuovi accordi prevedono inoltre una trattenuta aggiuntiva del 5% per i pagamenti effettuati tramite il sistema Play Billing, inoltre Google si manterrebbe aperta la possibilità di imporre costi di servizio ai meccanismi di fatturazione alternativi al suo.
Restano dunque diversi margini di ambiguità e interpretazione che il giudice Donato potrebbe chiedere di chiarire in modo più puntuale. Tuttavia, è la prima volta dall’inizio di questa disputa – risalente ormai al lontano 2020 – che le due aziende sembrano essere entrambe soddisfatte da una soluzione condivisa. È opportuno chiarire che non ci troviamo davanti a una battaglia “Davide contro Golia”, nel 2022 Epic Games era stata valutata per 32 miliardi di dollari, tuttavia un’applicazione coerente e trasparente di questi principi potrebbe davvero modificare l’approccio degli sviluppatori al mercato delle app, stimolando reazioni anche in altri settori. Con una trattenuta Android ridotta al 9%, anche Apple potrebbe trovarsi costretta ad abbassare le proprie richieste finanziarie, mentre Sony, Microsoft, Valve e Nintendo – che controllano ampie fette del mercato videoludico – potrebbero essere spinte a loro volta a rivedere le proprie politiche di distribuzione.





