A Monteverde, quartiere a nord di Roma, le proteste e le occupazioni di lotta nei licei di zona negli ultimi tempi diventano fatti di cronaca. Dopo l’episodio del liceo Caravillani del 2 ottobre scorso, quando alcuni studenti in assemblea in solidarietà con la Palestina vennero aggrediti da alcuni esponenti della comunità ebraica romana del vicino tempio Bet Michael, la notte tra il 19 e il 20 ottobre scorsi quelli del vicino liceo Morgagni, riuniti col collettivo autorganizzato Reset, poche ore dopo dopo aver occupato la scuola (in appoggio alla Palestina ma anche contro la circolare regionale che invita i docenti ad evitare dibattiti sul genocidio a Gaza, nonché contro il ddl Gasparri sull’antisemitismo), sono stati aggrediti, secondo il loro racconto, da una “delegazione” formata da alcuni professori chiamati dalla dirigente scolastica, Patrizia Chelini, più altri adulti. Non sono mancati un pugno e qualche spintone di troppo contro i ragazzi e le ragazze.
La vicenda la racconta a L’Indipendente una studentessa presente sul posto: «Poche ore dopo l’occupazione, si è presentata la preside insieme ad alcuni professori più altre persone sconosciute, chiedendo con forza di togliere il blocco e riaprire l’entrata. Noi avevamo messo una catena con il lucchetto al cancello e alla richiesta di aprirlo, abbiamo invece deciso di rafforzare il blocco, provando a mettere un’altra catena. Mentre un ragazzo la faceva passare tra le sbarre, si è beccato un pugno sul braccio. La persona che aveva sferrato il pugno a quel punto ha afferrato l’altro capo della catena tirandolo e nel tira e molla, al ragazzo sono cadute le chiavi del lucchetto. A quel punto, una di quelle persone ha preso le chiavi e il cancello è stato aperto. Noi siamo corsi dentro per cercare di bloccare la porta principale, mentre l’uomo con la catena in mano la faceva roteare per farsi largo, senza fortunatamente colpire nessuno. Avevamo bloccato anche la porta secondaria ma proprio su quest’ultima si è accanita una di quelle persone, rompendo la porta di sicurezza e riuscendo ad entrare. A quel punto ci siamo trovati davanti persone in borghese, qualificatisi come poliziotti che, chiedendo in maniera aggressiva ad alcuni ragazzi col volto coperto di scoprirsi, ne hanno presi un paio per il collo». Insomma, un parapiglia anche piuttosto aggressivo e in qualche caso violento per un’azione di lotta, l’occupazione di una scuola, che spesso ha valore simbolico e che da generazioni rappresenta un momento di crescita, consapevolezza politica e socializzazione per gli studenti. Dalla dirigenza scolastica smentiscono la versione, con un comunicato pubblicato sul sito del liceo Morgagni: «False informazioni» si legge «Nessun professore ha fatto violenza sui ragazzi, molti di noi avevano le mani in tasca o le braccia incrociate proprio per evitare strumentalizzazioni».
La stessa studentessa si dice sorpresa del comportamento del personale scolastico, preside in testa: «non ha mai avuto comportamenti repressivi, anzi. Ha sostenuto le nostre battaglie sul transfemminismo e anche sulle questioni della Palestina. Avevamo anche stilato un comunicato in sostegno di Gaza firmato da centinaia di studenti e persino dalla preside, che poi però ci ha ripensato e non l’ha voluto far pubblicare». E sulle pagine social della dirigente scolastica Chelini si trovano in effetti alcuni post a sostegno della Palestina, inclusa la missione della Global Sumud Flotilla. Il sospetto, dice la studentessa, è che ci siano state pressioni da parte di genitori contro alcune prese di posizione “troppo filo-palestinesi”. Sul comunicato dell’istituto scolastico si fa menzione dell’occupazione avvenuta lo scorso anno quando furono rilevati dei danni alla struttura. «Ci rendiamo conto benissimo e non neghiamo che sia accaduto. Ma noi stavolta volevamo occupare la scuola soltanto per tre giorni e non tredici come la volta scorsa», dice la ragazza. Non è stata presentata alcuna denuncia, né dai ragazzi per le aggressioni né dalla stessa preside. Forse perchè a quel punto si sarebbe dovuta autoaccusare del comportamento inadeguato tenuto per l’inedito “sgombero”, chiosa la studentessa.