sabato 4 Ottobre 2025

I giovani del Marocco hanno lanciato proteste in tutto il Paese

Dallo scorso sabato 27 settembre, in Marocco migliaia di persone stanno scendendo in piazza nelle principali città del Paese per protestare principalmente contro gli investimenti indirizzati alla costruzione di stadi in occasione del campionato mondiale di calcio del 2030. Più di 50.000 giovani marocchini si sono radunati sui social media, utilizzando piattaforme come Tik Tok, Instagram e Discord, con il nome di GenZ212 (numero del prefisso telefonico internazionale marocchino) e Moroccan Youth Voices per esprimere dissenso contro la corruzione nel Paese. Le proteste hanno visto le autorità rispondere con una dura repressione: sono centinaia i manifestanti arrestati durante le proteste, due quelli uccisi a colpi di arma da fuoco dalle forze dell’ordine nella città di Agadir.

“Ospedali, non stadi”

Gli slogan che danno voce alle proteste marocchine si appellano contro le gravi disuguaglianze che il Paese è costretto a vivere e che si stanno rivelando insostenibili durante i preparativi della Coppa d’Africa di calcio del 2025 e i prossimi mondiali di calcio del 2030. Le mobilitazioni denunciano in particolar modo le scarse condizioni infrastrutturali degli ospedali, la carente capillarità dei servizi scolastici nelle aree periferiche e il tasso di disoccupazione, che tra i giovani raggiunge fino al 36%.

La miccia che ha fatto esplodere il movimento è stata accesa dalle morti di otto donne partorienti avvenute nell’ospedale pubblico Hassan II di Agadir, centro urbano nel sud del Paese. Il caso di malasanità ha messo ulteriormente in luce la scarsità dei servizi igienici all’interno degli ospedali, spesso interessati da infestazioni di insetti, e la penuria di medici impiegati nella salute pubblica. Secondo i dati raccolti nel 2023 dalla World Health Organization (WHO), in media in Marocco sono solo 7,4 i medici disponibili su 10.000 abitanti; in alcune aree, tra cui Agadir, il numero raggiunge i 4,4 su 10.000.

A questa situazione si aggiunge la frustrazione di una gran parte della popolazione causata dal ritardo delle istituzioni marocchine nell’erogazione dei fondi per la ricostruzione di varie aree gravemente colpite dal terremoto dello scorso autunno. 

«Vogliamo ospedali, non stadi» è uno dei cori intonati dai manifestanti che in questi giorni sono scesi, tra le altre città, nelle piazze di Marrakech, Casablanca, Agadir, Tangeri, Oujda e Rabat. La rabbia della generazione Z ha preso di mira la corruzione del governo marocchino e denuncia lo stato di abbandono sofferto dalle infrastrutture pubbliche contro l’interesse istituzionale nell’organizzazione delle prossime competizioni sportive.

La violenta risposta delle autorità

Le proteste pacifiche dei manifestanti sono state represse sin dalle prime ore dalla polizia, a suon di manganellate e arresti. «C’è stata una caccia all’uomo – racconta a L’Indipendente Giorgia F., cooperante internazionale in Marocco – che ha generato disordine e caos. Le forze dell’ordine hanno prelevato dalla strada persone estranee alle manifestazioni per poi stiparle nelle camionette e portarle nei commissariati. Qui le persone, tra cui diversi minorenni, sono state lasciate per ore in stanze sovraffollate, prive delle tutele legali del caso». Sulla questione è intervenuto anche Hakim Sikouk, presidente della sezione di Rabat dell’Association Marocaine de Droits Humains (AMDH), sottolineando l’incostituzionalità delle detenzioni, avvenute in maniera arbitraria e deliberata. 

La repressione poliziesca ha innescato un circolo di violenza diffusosi in tutto il Paese; nelle proteste si è alzato il livello dello scontro. A Salé, a pochi chilometri da Rabat, i manifestanti hanno dato fuoco a una filiale bancaria, un commissariato e alcune auto della polizia. Ad Oujda, due camionette della polizia hanno investito la folla, provocando diversi feriti, compreso un ragazzo a cui è stata amputata una gamba. Mercoledì sera, ad Agadir, la gendarmeria marocchina ha aperto il fuoco su due manifestanti, uccidendoli. Attraverso un comunicato, il gruppo Genz212 ha richiamato le parti alla calma, non condividendo lo strumento della protesta violenta. L’appello sembrerebbe essere stato accolto: a Rabat, Casablanca e Tangeri si sono svolte manifestazioni pacifiche, durante le quali la polizia ha ricevuto l’ordine di essere meno violenta. A differenza dei giorni scorsi, alle persone in strada è stato permesso di esprimersi, intonare cori e tenere presidi senza procedere con arresti di massa. Stando alle testimonianze dei primi ragazzi rilasciati anche le condizioni della detenzione sembrerebbero essersi ammorbidite.

Dopo cinque giorni dallo scoppio delle prime proteste, il governo marocchino ha affermato di essere disponibile ad ascoltare le richieste dei manifestanti e iniziare un percorso di riforme per migliorare le reti infrastrutturali del paese, mettendo però in evidenza la necessità di tempo per compiere una trasformazione concreta dei servizi pubblici.

Dall’UE il silenzio

Resta in silenzio il partner commerciale principale della corona marocchina: l’Unione Europea. Nonostante le proteste denuncino, tra le altre cose, la corruzione del sistema politico marocchino, le istituzioni europee sembrano preferire, ancora una volta, sorvolare sulle problematiche in seno al potere della monarchia nel paese nordafricano.

Simultaneamente, la Commissione Europea sta cercando di stipulare un nuovo accordo con Rabat in merito alle concessioni per i prodotti provenienti dai territori del Sahara Occidentale. Nonostante la sentenza del Tribunale di Giustizia dell’UE che nel settembre del 2024 annullava gli accordi commerciali con il Marocco, perché vulneravano i diritti dei Saharawi, è trapelata l’intenzione della Commissione di restaurare i patti nonostante la denuncia del Tribunale. Secondo West Sahara Resource Watch (WSRW) il nuovo accordo prevederebbe un controllo da parte delle autorità di frontiera marocchine sui prodotti etichettati come saharawi. Inoltre, il patto includerebbe il finanziamento di progetti infrastrutturali nei territori occupati e illegalmente governati dal Marocco e un aumento degli aiuti umanitari nei campi profughi controllati dal Fronte Polisario.

L’onda delle proteste organizzate dai manifestanti della “Gen Z” non sembrano fermarsi. Dopo il Nepal, l’Indonesia e il Madagascar, i giovani marocchini hanno raccolto il testimone della rabbia sociale contro gli abusi dei sistemi di potere e sono scesi in piazza per far sentire la propria voce. Il governo di Rabat al momento sembra voler prendere in considerazione le richieste dei manifestanti, forse perché consapevole del potere che questa generazione ha dimostrato in altri luoghi del mondo.

[di Armando Negro e Salvatore Toscano]

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