venerdì 26 Settembre 2025

Taranto: le proteste impediscono lo sbarco a una petroliera diretta in Israele

«La nave Seasalvia, diretta a Taranto per rifornirsi di 30mila tonnellate di greggio destinato all’aviazione militare israeliana, non entrerà in porto». È questo, comunica l’Unione Sindacale di Base, il risultato del presidio organizzato mercoledì 24 settembre 2025 da USB e Cobas davanti al porto mercantile di Taranto. Un centinaio di manifestanti, ai quali si sono unite diverse realtà sociali autoconvocate, sono scesi in piazza per «fermare la nave e, con essa, la logistica di guerra che alimenta il massacro del popolo palestinese». La protesta, culminata con un corteo verso la Capitaneria di porto, ha ottenuto l’annullamento delle operazioni di carico, impedendo, almeno temporaneamente, una fornitura di carburante sospettata di essere ad uso bellico.

«È stato il comandante della Capitaneria di porto di Taranto – ha comunicato USB in una nota – a riferire ai manifestanti l’annullamento delle autorizzazioni per l’attracco della nave comunicato dall’Eni, responsabile dell’area di ormeggio e delle operazioni di carico del greggio». La Capitaneria ha confermato che Ashkelon «è il porto dove doveva andare, ma la nave non entra più a Taranto». La Seasalvia, di proprietà della compagnia greca Thenamaris e presa a nolo dalla Shell, stazionava in serata nel golfo di Taranto, ma le operazioni sono state bloccate. Tuttavia, «resta ancora incerta la nuova destinazione della nave e il rischio che possa portare a termine altrove la propria missione». Le motivazioni della protesta sono state ribadite in una lettera inviata dalle due organizzazioni sindacali alle istituzioni locali. In essa si sostiene che «si tratta, con ogni evidenza, di una fornitura ad uso bellico in favore di uno Stato coinvolto in operazioni di guerra e responsabile di gravi violazioni dei diritti umani che va impedita per ragioni umanitarie, di legittimità costituzionale e per concretizzare l’interruzione di ogni rapporto con lo Stato di Israele».

L’azione di Taranto si inserisce in un movimento più ampio. «È quanto avviene già da tempo sotto l’esempio dei portuali di Genova, Livorno, Ravenna – prosegue il sindacato – che hanno indicato la strada per bloccare gli ingranaggi della complicità». Proprio da quelle esperienze è partito il segnale per lo sciopero generale del 22 settembre scorso, nella cui cornice centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici hanno incrociato le braccia e manifestato in solidarietà con la Palestina, contro la mattanza in atto a Gaza, al fine di difendere la missione di umanità della Global Sumud Flotilla e denunciare un sistema economico e politico che, affermano senza remore i sindacati, «alimenta l’orrore». Per questo, conclude, «sarà fondamentale tenere alta l’attenzione a Taranto come in tutti gli altri porti e, in generale, negli snodi logistici del Paese». L’impegno è di proseguire la mobilitazione, come dimostra un’altra protesta pro Palestina programmata per sabato con un corteo da Grottaglie verso lo stabilimento di Leonardo.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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