giovedì 25 Settembre 2025

‘Ndrangheta e massoneria: l’ex senatore di Forza Italia Pittelli condannato per concorso esterno

È arrivata l’ennesima batosta giudiziaria per Giancarlo Pittelli, ex numero uno di Forza Italia in Calabria. L’avvocato, già parlamentare della Repubblica e membro della massoneria, ha infatti subìto una condanna in primo grado dai giudici del Tribunale di Palmi a 14 anni di carcere per concorso esterno con la ‘Ndrangheta nel processo denominato “Mala Pigna”: secondo l’accusa, avrebbe agito da intermediario tra gli ‘ndranghetisti e gli organi della pubblica amministrazione, anche arrivando a veicolare informazioni pervenutegli dai capi della cosca Piromalli al 41-bis sia all’interno che all’esterno delle mura carcerarie. Pittelli era già stato condannato in primo grado a 11 anni in un altro importante processo, “Rinascita Scott”, dove è stato considerato il perno tra ‘Ndrangheta, ambienti della massoneria e imprenditoria collusa.

Secondo la Procura, come si legge nel capo di imputazione, Giancarlo Pittelli avrebbe garantito «la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione». L’ex parlamentare e coordinatore di Forza Italia in Calabria, infatti, poteva contare su «illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore», riuscendo dunque a fungere «da postino per conto dei capi della cosca Piromalli», per i quali «veicolava informazioni all’interno e all’esterno del carcere tra i capi della cosca detenuti in regime di 41 bis». A subire una pesante condanna nell’ambito del medesimo processo – 22 anni di galera per associazione mafiosa – è stato anche l’imprenditore Rocco Delfino, inserito organicamente nel clan Piromalli, che per la cosca avrebbe gestito un grosso traffico di rifiuti. Per gli investigatori, l’imprenditore sarebbe divenuto nel tempo «capo ed organizzatore della cosca con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni delittuose da compiere e degli obiettivi da perseguire», intrattenendo «legami con ambienti della massoneria» e con «esponenti infedeli delle forze di polizia e dei servizi segreti», ai quali avrebbe fornito negli anni informazioni, «ottenendone in cambio favori personali ed economici».

Sia Pittelli che Delfino sono già stati condannati in primo grado allo storico Maxiprocesso “Rinascita Scott”, rispettivamente a 11 e 5 anni di carcere. In tutto, il Tribunale di Vibo Valentia ha comminato oltre 200 condanne agli imputati, per un totale di 2.200 anni di carcere, e circa 100 assoluzioni. Secondo la ricostruzione dei pm Pittelli, membro della massoneria, avrebbe infatti favorito il clan dei Mancuso e Rocco Delfino, costituendo «la cerniera tra i due mondi» in una «sorta di circolare rapporto ‘a tre’ tra il politico, il professionista e il faccendiere». I boss calabresi, infatti, lo avrebbero nominato loro avvocato «in quanto capace di mettere mano ai processi con le sue ambigue conoscenze e rapporti di ‘amicizia’ con magistrati». Egli avrebbe lavorato come «affarista massone» degli ‘ndranghetisti, con cui si interfacciava tramite «circuiti bancari», «società straniere», «università» e «le istituzioni tutte». Nelle motivazioni, i giudici hanno scritto che in sede dibattimentale «è emersa un’assoluta e sistematica messa a disposizione del Pittelli nei confronti dei membri del sodalizio criminale, soprattutto quando la richiesta di favori proveniva dal capo Luigi Mancuso». Quest’ultimo, dice il Tribunale, si rivolgeva a Pittelli – con cui intratteneva un rapporto «di natura sinallagmatica» – sapendo di poter contare «sulla fitta rete di relazioni del difensore, politico navigato, onde consolidare il radicamento e la forte penetrazione della ’ndrangheta in ogni settore della società civile».

Pittelli non è certo il primo storico esponente di Forza Italia a subire condanne – nel suo caso ancora non definitive – per i legami con le consorterie mafiose del territorio. Celebri i casi che negli ultimi anni hanno visto alla sbarra e poi condannati in via definitiva altri personaggi storici del partito berlusconiano, come Marcello Dell’Utri (7 anni), Nicola Cosentino (10 anni) e Antonino D’Alì (6 anni). Proprio Silvio Berlusconi, mai condannato per mafia, era stato inquadrato nella sentenza Dell’Utri come contraente di un “patto di protezione” con Cosa Nostra, cui versò ingenti somme di denaro dal 1974 almeno fino al 1992. Al momento della sua morte, avvenuta il 12 giugno 2023, Berlusconi risultava indagato insieme a Marcello Dell’Utri nell’inchiesta della Procura di Firenze sui mandanti occulti delle stragi del 1993.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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