sabato 20 Settembre 2025

Un anno dopo l’alluvione in Romagna, a Traversara le case sono ancora distrutte

La prima cosa che si incontra entrando a Traversara è un semaforo. È uno di quelli che di solito si usano per i sensi unici alternati nei pressi dei cantieri. Ma qui non segnala lavori in corso: divide in due la città. Da una parte le case ancora in piedi, dall’altra quelle totalmente distrutte. Il semaforo, appoggiato a terra, avrebbe dovuto essere provvisorio. In realtà è lì da esattamente un anno. Il 19 settembre 2024, infatti, il fiume Lamone, gonfio fino all’orlo per le piogge torrenziali di quei giorni, ha rotto l’argine, travolgendo il piccolo paese romagnolo. Non era la prima volta. Da maggio 2023, a partire dalla prima grande alluvione che ha devastato la Romagna, Traversara si è allagata quattro volte. Ma l’ultima è stata la più feroce: il fiume ha distrutto le prime trenta abitazioni che ha incontrato sul suo percorso, per poi sommergere l’intera zona abitata.

Il fiume Lamone. Foto di Fulvio Zappatore

Traversara è un borgo di appena cinquecento anime, sprofondato nel cuore della bassa padana, nel comune di Bagnacavallo, provincia di Ravenna. Qui la pianura domina incontrastata. L’unico limite allo sguardo è l’argine del fiume, innalzato negli anni di decine di metri sopra le case per difenderle dalla furia dell’acqua. In via Torri una lunga fila di case è rimasta com’era un anno fa: muri sventrati, stanze a cielo aperto. È la cosiddetta “zona rossa”, tuttora inaccessibile. Dai varchi si scorgono materassi, sedie, termosifoni, biciclette, tavolini. Frammenti di vita quotidiana trasformati in un museo della catastrofe. Chi viveva lì è dovuto scappare senza poter prendere nulla e non è più tornato. A separare le abitazioni dalla strada c’è una recinzione metallica, su cui gli abitanti hanno appeso cartelli che gridano la loro rabbia e la loro frustrazione. Su uno si legge: «Noi viviamo sempre con la valigia pronta». Su un altro: «Voi non avete mosso un dito». Sotto la frase, il dito disegnato è il medio.

«Alle 10.35 del mattino l’argine ha ceduto e siamo stati inondati da cinque metri d’acqua – ricorda Luca Baldi, presidente del comitato Traversara Futura – A quel punto io, mio figlio e mia moglie ci siamo rifugiati sul tetto attendendo i soccorsi. Ora abitiamo a Lugo, in un appartamento in affitto e, dopo 365 giorni esatti, siamo ancora in attesa dell’autorizzazione per rientrare nella nostra casa».

Assieme a lui altre 50 persone vivono la stessa situazione: «Io abitavo nella casa che si vede bene dalla strada – racconta Gianfranco Bernardi – quella con la parete sventrata e il termosifone che penzola dal soffitto. L’acqua è salita a una velocità impressionante, dopo pochi minuti ci arrivava già al ginocchio. Così ho preso mia mamma e siamo scappati».

La casa di Gianfranco Bernardi con la parete sventrata e il termosifone che penzola dal soffitto. Foto di Fulvio Zappatore

Anche chi non ha avuto la casa distrutta ma “soltanto” allagata non se l’è passata meglio: «L’acqua è arrivata a 180 cm di altezza – racconta Alfio, che abita a pochi metri dalla zona rossa –. Abbiamo dovuto rifare tutto il primo piano e ricomprare macchine e motorini che erano in garage. In tutto, 180mila euro di danni. Però almeno abbiamo ancora la nostra casa».

Passata l’emergenza chi è rimasto nella propria abitazione ha ricevuto i 5mila euro del “Contributo di immediato sostegno” e, per il resto, ha dovuto mettere mano al portafoglio per sistemare i danni. Ora aspetta i rimborsi attraverso la piattaforma Sfinge, con i fondi messi a disposizione da Regione e Governo. Chi invece non è ancora potuto rientrare percepisce il “Contributo di autonoma sistemazione” per coprire le spese d’affitto: circa 300 euro al mese per un singolo, che aumentano in base al numero dei componenti del nucleo familiare. Un sostegno utile, ma che difficilmente compensa la precarietà di vivere lontano da casa propria, senza certezze sui tempi della ricostruzione.

In molti, tra gli sfollati, raccontano di una quotidianità sospesa: valigie sempre pronte, documenti e foto salvati all’ultimo minuto, la sensazione di essere “ospiti” in un luogo che non è il loro. «Io so solo che non ho più la mia casa – racconta Attilia Alboni – e ora qua è un degrado totale». La casa di Attilia, detta “Lia”, era proprio sotto l’argine che ha ceduto. Di tutto l’edificio restano solo il pavimento e i primi tre gradini delle scale.

La signora Lia dietro le macerie. Foto di Fulvio Zappatore

Ora però c’è una nuova, difficile decisione che gli abitanti di Traversara dovranno affrontare: provare a ricostruire tutto o abbandonare per sempre la propria casa, cercando una sistemazione altrove. È questo, infatti, il cuore del decreto sulle delocalizzazioni varato dal commissario straordinario Fabrizio Curcio, con l’intesa della Regione e il via libera della Corte dei Conti. L’ordinanza prevede contributi fino a 2.200 euro al metro quadro per chi non potrà più ricostruire nello stesso sito, giudicato troppo a rischio. Le famiglie coinvolte avranno diverse possibilità: costruire su un altro terreno di proprietà, acquistare un’area edificabile, comprare un immobile già pronto oppure acquistarne uno da ristrutturare. Non si tratta solo di una questione economica, ma di identità. Chi accetterà la delocalizzazione dovrà lasciare per sempre l’area alluvionata: i terreni e le case demolite diventeranno patrimonio del Comune. «L’obiettivo è comunque quello di mantenere le persone a Traversara – ha spiegato a L’Indipendente il sindaco Matteo Giacomoni – puntando a ricostruire quello che si può».

Foto di Fulvio Zappatore

C’è però il problema della sicurezza, in un territorio che in appena due anni ha subito quattro alluvioni. E non è un dettaglio: senza interventi strutturali il rischio di nuove esondazioni resta alto. Per questo, accanto al decreto sulle delocalizzazioni, il cuore del dibattito è la messa in sicurezza del fiume Lamone. Sono già partiti i lavori di ripristino e consolidamento dell’argine sinistro all’altezza di Villanova di Bagnacavallo: un intervento da 7,5 milioni di euro, primo passo di un piano più ampio. In parallelo sono stati finanziati e in gran parte conclusi lavori urgenti sugli argini nei comuni di Ravenna, Russi e Bagnacavallo, per oltre 5 milioni di euro, mentre un cantiere da 1,7 milioni è in corso proprio nel tratto che attraversa Traversara. Ma non basta. Gli esperti sottolineano da tempo che la vera sfida è creare spazi dove il fiume possa sfogarsi senza travolgere i centri abitati. Da qui il progetto delle vasche di laminazione, bacini artificiali in grado di contenere milioni di metri cubi d’acqua nei momenti di piena. L’Emilia-Romagna ne ha già attivate alcune, ma sul Lamone se ne progettano di nuove, ritenute indispensabili per ridurre il rischio idraulico in pianura.

Foto di Fulvio Zappatore

Intanto a Traversara sta tornando l’autunno, anche se il tempo sembra essersi fermato. Le case sventrate lungo via Torri restano lì, come un promemoria costante dell’alluvione. Un anno dopo, il semaforo all’ingresso del paese resta acceso. Non regola il traffico: scandisce una attesa. E Traversara, ferita e divisa, aspetta ancora di tornare a vivere.

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Fulvio Zappatore

Nato a Cesena nel 1984, muove i primi passi nel giornalismo scrivendo articoli per la stampa locale. Dopo la laurea in Storia contemporanea diventa professionista e inizia a dedicarsi anche al giornalismo televisivo. Collabora a L’Indipendente come corrispondente dall’Emilia-Romagna.

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