Con il recente annuncio di Madrid, sono cinque i Paesi europei che hanno dichiarato di rifiutare di partecipare all’Eurovision 2026 se vi prenderà parte anche Israele. La Spagna diventa così il primo Paese dei “Big Five” (che comprende Italia, Germania, Francia e Regno Unito) che annuncia l’operazione di boicottaggio di Israele. Le motivazioni non sono solo di natura etica: se da un lato i Paesi hanno mostrato preoccupazione per quanto sta avvenendo a Gaza, dall’altro hanno manifestato timori per «l’impatto negativo» derivante dall’eccessiva politicizzazione dell’evento, come conseguenza della presenza di Israele.
In Spagna, la proposta è giunta dal direttore dell’emittente RTVE, José Pablo López, ed è stata approvata con maggioranza assoluta (10 voti a favore, 4 contrari e una astensione) da parte del Consiglio di Amministrazione dell’azienda. Ad aprire il dibattito sulla partecipazione di Israele all’Eurovision era stata proprio RTVE, quando, nel corso dell’Assemblea Generale della UER (Unione Europea di Radiodiffusione, organizzazione internazionale che comprende operatori pubblici e privati del settore della teleradiodiffusione) aveva chiesto di aprire un dibattito «serio e profondo» sul tema. Il segretario generale di RTVE, Alfonso Morales, aveva sottolineato anche la necessità di tenere in conto l’impatto negativo della presenza di Israele alla manifestazione canora, dal momento che, nelle ultime edizioni, l’attenzione si è spostata più sulle questioni politiche che su quelle culturali e artistiche.
Un annuncio simile è arrivato lo scorso 9 settembre dall’emittente islandese RÚV, la quale ha riferito che «è possibile» che il Paese non prenda parte al contest se la UER autorizzerà la partecipazione di Israele. «Abbiamo seri dubbi sulla condotta sia dell’emittente pubblica israeliana che del governo israeliano per quanto riguarda l’Eurovision, e abbiamo espresso queste preoccupazioni all’interno dell’UER, sostenendo che le regole del concorso vengono violate» ha riferito Stefán Eiríksson, direttore generale – anche se la RÚV non ha presentato richiesta formale di esclusione di Israele dal concorso. Pochi giorni prima era stato il turno della Slovenia, che aveva fatto una dichiarazione simile. Il 12 settembre era poi stata la volta dell’Irlanda: «la posizione della RTÉ è che l’Irlanda non parteciperà all’Eurovision Song Contest 2026 se Israele sarà ammesso al concorso. La decisione finale sulla partecipazione dell’Irlanda sarà presa una volta che l’UER avrà comunicato la propria decisione», ha fatto sapere l’emittente. A questi si è aggiunta l’Olanda, la cui emittente AVROSTOS ha dichiarato che «la sofferenza umana, la soppressione della libertà di stampa e l’ingerenza politica sono in contrasto con i valori dell’emittenza pubblica» e che «non può più giustificare la partecipazione di Israele alla luce dell’attuale situazione, considerando le gravi sofferenze umane che continuano a verificarsi a Gaza». AVROSTOS ha inoltre espresso «profonda preoccupazione per la grave erosione della libertà di stampa» e per il numerosi giornalisti uccisi nell’enclave, oltre a ricordare che esistono «prove comprovate dell’interferenza del governo israeliano durante l’ultima edizione dell’Eurovision Song Contest, in cui l’evento è stato utilizzato come strumento politico».
Già la scorsa edizione dell’Eurovision, svoltosi dal 13 al 17 maggio a Basilea, era stata oggetto di pressioni al fine di escludere Israele dalla competizione, ma le azioni si erano fermate alle proteste e petizioni. Queste avevano già visto protagoniste Spagna, Islanda e Slovenia, le quali, in una lettera all’UER, chiedevano che Israele fosse escluso dalla competizione. Questo non era avvenuto, e l’evento era stato accompagnato da forti proteste contro il governo israeliano e il protrarsi del genocidio in Palestina. La decisione dell’UER sarà nota entro dicembre, dopo un processo di consultazione. Nel frattempo, proprio a causa delle controversie in corso, le scadenze per la presentazione degli artisti e il ritiro volontario sono state prorogate. In tutto ciò, Israele non ha ceduto di un passo alle pressioni, confermando la propria presenza al prossimo evento.
Bisognerà escludere Israele anche dal calcio europeo e mondiale. I giocatori dovrebbero prendere la parola, specialmente i campioni “intoccabili”, come ha fatto Vingegard durante la Vuelta.