venerdì 12 Settembre 2025

La ferocia israeliana contro i palestinesi di Tulkarem: 1500 arresti e case distrutte

La repressione a Tulkarem non fa che aumentare. Mentre la città palestinese entrava nel suo 228° giorno di occupazione permanente da parte dell’esercito israeliano, ieri si è assistito a una nuova pagina della pulizia etnica in corso in tutta la Cisgiordania occupata. Giovedì 11 settembre le forze di occupazione israeliane hanno condotto una campagna di arresti su larga scala, fermando centinaia di palestinesi nella città. I video mostrano lunghe file di uomini, costretti a camminare uno dietro l’altro in fila indiana, sotto la stretta sorveglianza di militari israeliani armati e di veicoli blindati. Diversi palestinesi della città, interpellati da L’Indipendente, raccontano una giornata di terrore con distruzione di case, arresti di massa, uomini rastrellati dentro ai negozi e nelle automobili. Gli arresti sarebbero circa 1.500: una forma di vendetta collettiva dopo che ieri la resistenza palestinese ha fatto esplodere un blindato dell’esercito di Tel Aviv, ferendo due soldati.

«La prima cosa che hanno fatto (i militari israeliani, ndr) è di andare per le strade e di svuotarle. Hanno arrestato tutte le persone che hanno trovato per strada. Poi sono andati nei supermercati, nelle farmacie, in tutti i negozi della città è hanno iniziato ad arrestare tutte le persone che trovavano, lasciando i negozi vuoti, anche se aperti» racconta J., uno degli abitanti di Nur Shams Camp a L’Indipendente per telefono. «Poi hanno fermato le auto lungo le strade, arrestando le persone che c’erano dentro. Era una città fantasma: le macchine sono ferme lungo le strade, i negozi sono aperti ma sono vuoti, nessun essere umano è in giro. Poi si sono mossi ancora su un altro livello, e hanno iniziato a perquisire molte decine di case e arrestare tutti i maschi presenti. Tuttora stanno perquisendo case. Ci sono soldati ovunque». Anche suo cugino è stato arrestato: era uscito dalle prigioni di Tel Aviv solo 9 mesi fa, dopo due anni di carcere.

All’inizio della giornata, l’occupazione israeliana ha imposto un rigido blocco su Tulkarem, chiudendo i cancelli metallici agli ingressi sud e est e impedendo il passaggio dei veicoli. Sono stati inoltre sparati colpi di arma da fuoco contro residenti e automobili nel quartiere occidentale, mentre una forte esplosione ha scosso la città. Secondo la Società della Mezzaluna Rossa Palestinese, alle ambulanze è stato negato l’accesso alla zona.
Secondo i giornali israeliani, la campagna di arresti e la repressione di massa è stata la risposta a un attacco avvenuto nella mattinata di ieri, quando un veicolo blindato israeliano Panther è stato fatto esplodere in città.

«Hanno speso 9 mesi a Tulkarem per eliminare la resistenza, e sono rimasti molto sorpresi ieri quando la resistenza ha fatto esplodere uno dei loro blindati», ha riferito R., un giovane di Tulkarem Camp a L’Indipendente. R. è una delle persone che ha perso la casa, distrutta dai militari d’Israele in questi ultimi mesi. Tutta la sua famiglia ha dovuto lasciare il campo profughi in cui viveva dal 1948. «Quindi, come sempre, i soldati israeliani fanno arresti di massa come forma di punizione collettiva», dice. Le persone intervistate riportano la morte di un soldato israeliano e di un altro ferito; i giornali israeliani invece parlano solo di due feriti “leggermente”.

«Quello che è successo ieri è quello che sta accadendo molto spesso, anche se su scala minore,» riferisce A., un altro degli abitanti della città a L’Indipendente. «Puniscono le persone di Tulkarem, ieri hanno occupato la casa di mio cugino, accanto alla mia, per tutta la notte. Hanno spaccato la porta, hanno rubato vari oggetti… sono partiti la mattina ma sono tornati oggi pomeriggio, chiedendo documenti e cercando dei giovani. Questa è la situazione a Tulkarem». Poi si corregge: «Le chiamiamo punizioni collettive, ma sarebbe da trovare un altro termine. “Punizione” implica che stiamo commettendo un errore. Ma non c’è nessun errore: resistere all’occupazione è un nostro diritto, in tutte le sue forme. Forse la potremmo chiamare “vendetta” di Israele, o semplicemente genocidio».

E conclude: «Centinaia delle persone detenute ieri sono state rilasciate nella mattina presto di oggi, ma i militari stanno continuando a fare perquisizioni e detenere persone. Stanno anche demolendo alcune case al limite dei campi profughi. Questa è la vita che stiamo vivendo qui».

Tulkarem è una delle città del nord della Cisgiordania occupata che più sta subendo la violenza di Israele. Da due anni i campi profughi cittadini vengono attaccati dai soldati di Tel Aviv, che con la scusa di eliminare il “terrorismo” (ossia la resistenza palestinese), hanno ucciso almeno 200 persone, arrestandone altre centinaia oltre che distruggere centinaia di case. Ma dal 27 gennaio, con l’inizio dell’Operazione Iron Wall, la città è sotto assedio. I due campi profughi – Nur Shams Camp e Tulkarem Camp – sono stati sgomberati con la forza dall’esercito israeliano. La devastazione di questi luoghi è totale, e l’obbiettivo di Tel Aviv è proprio quello di rendere i campi profughi invivibili. Tutte le strade, le infrastrutture vitali come acqua, elettricità, internet, così come centinaia di negozi, scuole e case, sono stati intenzionalmente distrutti. Dal 27 gennaio i campi profughi sono diventati avamposti militari e gli abitanti denunciano la continua distruzione delle proprie case oltre che l’utilizzo delle abitazione come caserme dove interrogare e torturare i palestinesi detenuti. Dall’inizio dell’operazione Iron Wall, solo per le città di Tulkarem e di Jenin, si contano 40mila profughi rimasti senza casa.

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Moira Amargi

Moira Amargi esiste ed è una persona specifica, ma il nome è uno pseudonimo, usato quando pubblica report sulla Palestina o dall'interno di cortei e momenti di conflitto sociale a rischio repressione. È corrispondente per L'Indipendente dal Medio Oriente e dai Territori Palestinesi occupati.

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